Corriere della Sera, 13 gennaio 2018
L’America compra più cinese. Pechino fa il record di surplus
L’economia cinese ha chiuso il 2017 con un altro record di surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti: 275,8 miliardi di dollari, secondo i dati dell’Agenzia delle dogane di Pechino. È una crescita dell’8,6% rispetto al 2016, con buona pace di Donald Trump che in campagna elettorale aveva promesso di vendicare «lo stupro» cinese nei confronti dell’economia americana. Anzi, a Washington risultano numeri anche più alti: lo squilibrio a vantaggio di Pechino sarebbe stato superiore di altri 100 miliardi almeno, avvicinandosi ai 400. Nonostante l’accoglienza imperiale nella Città proibita riservata dall’«amico» Xi Jinping a Trump a novembre e l’annuncio (fumoso) della Casa Bianca di 250 miliardi di dollari di spesa cinese per merci e beni americani nei prossimi dieci anni.
È il mondo globalizzato che perde ancora in questo conto dell’interscambio: l’anno scorso infatti l’export cinese ha toccato i 2,26 trilioni di dollari di valore mentre l’import è arrivato a 1,84 trilioni. Questi dati complessivi segnalano un incremento dei flussi dalla Cina del 7,9%, miglior risultato dal 2013, e di quello verso la Cina del 15,9%, record dal 2011. Il 65% del surplus cinese è dovuto agli acquisti americani e rappresenta il motore dell’avanzata «migliore delle previsioni» del Pil della Repubblica popolare, che per il 2017 dovrebbe segnare +6,9% (il risultato sarà comunicato la settimana prossima, ma il premier Li Keqiang lo ha anticipato l’altro ieri e c’è da credere che avesse già letto il rapporto dei suoi tecnici).
Le statistiche cinesi sono sempre impressionati e controverse. L’Agenzia delle dogane nella relazione di ieri ha avvertito che nel 2018 «sarà difficile» che le esportazioni avanzino ancora, ma forse è un modo per blandire il fronte protezionista che in Occidente sta invocando misure per difendersi dall’eccesso di capacità produttiva della Cina.
Pechino guarda con preoccupazione alle contromisure minacciate da Trump, si chiede se davvero il presidente schiaccerà il bottone dei dazi punitivi. The Donald dovrà prima o poi dare soddisfazione ai milioni di elettori americani che lo hanno votato per la promessa (impraticabile) di punire i cinesi con «dazi del 45%». Ma un’offensiva degli Usa è più che possibile nel settore dell’acciaio e dell’alluminio e una punizione potrebbe scattare nel campo delle violazioni della proprietà intellettuale.
Per far felice Trump, ieri Pechino ha annunciato che il taglio delle esportazioni verso la Nord Corea è stato sostanziale: a dicembre ha raggiunto il volume più basso da quattro anni.