Corriere della Sera, 13 gennaio 2018
La Germania ha 50 miliardi da spendere
Dopo aver passato gran parte del decennio a deprecare l’austerità tedesca, in Italia rischiamo di accorgerci che la Germania può spendere più di noi e sa farlo meglio. Con investimenti e politiche sociali già precisamente finanziate, senza cifre vaghe e in deficit. E attraverso progetti rivolti al futuro – la nascita di nuovi bambini, la loro educazione, la formazione al lavoro dei teenager, la ricerca – senza la tipica torsione di un Paese nel quale ci si chiede quasi solo se è il caso di tornare indietro su quanto deciso fin qui.
Nel caso in cui l’accordo delle scorse ore produca davvero un governo (resta tutt’altro che certo), la Germania spenderà 46 miliardi in più nei prossimi quattro anni. In gran parte li restituirà dal bilancio pubblico alle famiglie, a partire dalle più povere fra quelle con bambini. La centrista Angela Merkel e i suoi (potenziali) alleati socialdemocratici intendono farlo abolendo, nel frattempo, l’ultima flat tax che resta nell’ordinamento fiscale tedesco: scompare la tassa «piatta» al 25% sui guadagni realizzati con investimenti finanziari sui propri risparmi; i redditi da capitale entreranno nella dichiarazione, come quelli da lavoro o da pensione, quindi saranno tassati progressivamente in base alle condizioni di ciascuno.
I cristiano-democratici di Merkel e i cristiano-sociali del bavarese Horst Seehofer hanno concesso questo impegno al leader della Spd Martin Schulz per un motivo preciso: possono farlo. Neanche 46 miliardi di nuove spese e qualche sgravio fiscale violano il «freno al debito» iscritto nella Legge fondamentale. I partiti contano di preservare comunque il pareggio di bilancio. Gli accumuli di surplus con Wolfgang Schäuble alle Finanze, più 290 miliardi di risparmi sugli interessi dal 2008 grazie alle fughe di capitali dalle periferie d’Europa verso il Bund, e grazie anche ai tassi zero della Banca centrale europea, concedono spazio alla Germania di oggi. Persino Die Welt, implacabile critico della Bce, riconosce che al presidente della Bce Mario Draghi i contribuenti tedeschi devono un grazie.
Berlino viaggia con un surplus annuale da circa 3,7 miliardi, al quale va aggiunta una riserva non spesa da 7 per i rifugiati. Il pareggio resiste anche smettendo di tirare la cinghia per la prima volta in quasi dieci anni. Una politica di bilancio espansiva non crea deficit pubblico. Ma il dettaglio che può far riflettere in Italia è il modo, più che l’ammontare, in cui il denaro sarà speso: la politica guarda al futuro e cerca di facilitare la vita dei genitori con redditi bassi e bambini piccoli. Incoraggia la procreazione, finanzia le fondamenta dell’istruzione e aumenta i budget della ricerca al 3,5% del Prodotto lordo.
La Germania del resto è segnata da una strana anomalia: prima nel mondo a esaurire anzitempo il baby boom, già dal 1972 registra centinaia di migliaia di decessi in più rispetto alle nascite ogni anno. Anche con tre milioni di nuovi immigrati netti dal 2012, la popolazione è destinata a calare entro vent’anni. Subito prima della Grande crisi persino l’Italia aveva superato la Germania nel numero di nati per donna (solo di recente è avvenuto il controsorpasso). Ma i politici dimostrano di aver colto questa priorità: ogni famiglia con due figli avrà sgravi e sussidi per 1.200 euro l’anno, e le più povere di più. Si investono due miliardi per il diritto al tempo pieno dal nido alla scuola elementare. Se ne destinano dodici nei programmi di sostegno all’infanzia e all’integrazione dei giovani nel mondo del lavoro. Per l’edilizia sociale, altri quattro. Se preparare il futuro così è austerità, magari ne servirebbe un po’ anche in Italia.