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 2018  gennaio 13 Sabato calendario

I “sommersi” delle false coop: irregolari metà società controllate

I “sommersi” ci sfiorano ogni tanto. Mentre di sera facciamo l’ultimo, veloce acquisto nel supermercato con orario no-stop, e osserviamo distrattamente quei drappelli di lavoratori, quasi sempre extracomunitari, che sistemano gli scaffali o trasportano prodotti tra il camion e il magazzino. Nei corridoi della pietà umana, come le cliniche o i centri di assistenza agli anziani. I “sommersi” spuntano fuori anche dalle pagine dei giornali o dalle immagini dei tg, quando c’è un incidente sul lavoro come la morte di Abd Elsalam Ahmed Eldanf, investito da un camion nel distretto logistico di Piacenza, nel 2016, o quando scatta lo sciopero della fame nel distretto modenese della macellazione delle carni a Castelfrigo, storia recente.
Emergono per qualche giorno, poi tutto viene coperto nuovamente dal mare magnum delle finte cooperative (o cooperative spurie, che dir si voglia), l’ultimo girone infernale del lavoro precario in Italia. Una terra di nessuno che sconfina nello sfruttamento assoluto, nella schiavitù moderna.Gli antipodi degli scopi sociali, partecipativi e mutualistici del vero sistema cooperativo (per intenderci, Legacoop, Confcooperative e Agci, le centralistoriche riunite nell’Alleanza Cooperative Italiane).
Dunque, sedicenti cooperative con un amministratore unico; senza assemblee dei soci, statuto o regolamento interno; con bilanci di comodo che favoriscono anche il riciclaggio della malavita organizzata, oltre alla “semplice” evasione fiscale e contributiva; la mancata applicazione dei contratti nazionali stipulati dai sindacati più rappresentativi a favore, invece, di contratti pirata.
Insomma, lo sfruttamento di quelli che sulla carta figurano come “soci” della cooperativa, ma in realtà sono lavoratori dipendenti privati dei loro diritti: dall’assicurazione malattia alle ferie, dai contributi Inps alla tutela della maternità, alla possibilità di impugnare i licenziamenti. Per non parlare di orari di lavoro che arrivano a punte di 50 ore settimanali.
Una perversa filiera all’insegna del “mantra” del contenimento dei costi: imprese che affidano attività originariamente svolte in proprio a società esterne, le false coop appunto, che garantiscono forti risparmi, anche grazie alle gare al massimo ribasso o al sistema degli accreditamenti. In una parola, la concorrenza sleale. I settori sono la logistica, il facchinaggio, la lavorazione delle carni, l’agroalimentare, i noleggi, l’autotrasporto, l’edilizia. E poi la “nuova frontiera” dell’assistenza sociale, che significa cliniche, assistenza disabili, scuole, servizi di pulizia, centri accoglienza migranti, con anche la pubblica amministrazione nel ruolo di committente. Una mappa dello sfruttamento guidata da Puglia, Sardegna, Campania, Lombardia, Emilia-Romagna,Veneto. L’ufficio studi di Confcooperative stima in circa centomila i lavoratori coinvolti, partendo dalle cifre ufficiali, ovvero le 80mila cooperative attive, che danno lavoro a oltre 1,3 milioni di persone: quasi 40mila di queste società aderiscono all’Alleanza per un totale di 1,1 milioni di lavoratori, dunque sono nel perimetro della legalità (ma non mancano casi di irregolarità anche lì), il resto è il limbo nel quale, oltre ad aziende legali ma fuori dall’Alleanza, si muovono le cooperative spurie o false che, in termini fiscali e contributivi, generano una perdita annua di 750 milioni di euro per le casse dello Stato. L’Ispettorato nazionale del lavoro, che in base alla programmazione per il 2017 ha dedicato «particolare attenzione ai comportamenti elusivi realizzati dalle cooperative spurie», a tutto settembre su 2472 cooperative ispezionate ne ha scovate 1336 irregolari (54%), con 12.073 lavoratori fuori norma.
L’azione di contrasto procede tra alti e bassi: gli utili osservatori provinciali, nei quali collaborano i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo, i sindacati e l’Alleanza Cooperative, ma anche i limiti di coordinamento e di risorse della vigilanza che rimbalza da un ministero all’altro; la depenalizzazione della somministrazione fraudolenta (uno degli strumenti privilegiati dalle false cooperative) prevista dal Jobs Act, ma anche un inasprimento nell’ultima Legge di Bilancio delle misure anti-evasione.
Il mondo dei “sommersi” va avanti così, dimenticato fino al prossimo incidente o alla prossima protesta: «Da quando sono socia nella cooperativa – racconta Francesca, che lavora in un subappalto di facchinaggio per un ipermercato a Roma – mi hanno sottratto anche il concetto del tempo. Il giorno si confonde con la notte, il pranzo con la cena e l’unica lancetta rimasta è girata dal capetto di turno. E poi quanto vale questo mio tempo? Meno di 5 euro netti all’ora. Il costo di un lavoro che ormai non vale più nulla».
Ecco, magari la prossima volta al supermarket di sera, pensiamo anche al prezzo finale di questo “diritto-dovere” del consumo.