la Repubblica, 13 gennaio 2018
Ong, donazioni flop. «Effetto delle accuse sui soccorsi in mare»
La Phoenix, la prima nave umanitaria scesa in mare per soccorrere i migranti, è ormeggiata al porto di Dubai. «Non ci sono più i soldi per poter sostenere i costi. Il seme della discordia ci ha colpiti duramente, abbiamo visto dimezzare i nostri sostenitori», dice Regina Catrambone, direttrice di Moas. Ad Haiti, gli abitanti del piccolo villaggio di Bollosse devastato dall’uragano probabilmente riceveranno meno aiuti, così come i bambini malnutriti del Ciad o quelli del Congo. «Sono venuti meno fondi preziosi per salvare vite umane in tutto il mondo, per quei progetti dell’“Aiutiamoli a casa loro”, che è diventato uno slogan ripetuto in questi ultimi mesi. È un paradosso perché noi nei soccorsi in mare impieghiamo meno dell’uno per cento, e questa insulsa campagna anti-Ong sta danneggiando i nostri progetti in tante altre zone di crisi del mondo», è l’amara considerazione di Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia. Eccolo il primo effetto delle polemiche che, nel 2017, dopo le dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro che adombrò legami ( mai dimostrati) tra Ong e trafficanti di uomini, hanno assestato un duro colpo alle donazioni in favore del variegato mosaico della solidarietà internazionale. Un calo tra il dieci e il venti per cento, una emorragia da dieci milioni di euro, una crisi che si prevede di lungo periodo non foss’altro perché a questo bilancio, provvisorio ma già fortemente in rosso, manca ancora la fetta del cinque per mille, che viene erogato a due anni e che, si teme, non potrà che subire lo stesso calo.
La flessione ha caratterizzato soprattutto il contributo italiano per il maggior risalto mediatico della polemica sulle Ong, scaturita dalle inchieste giudiziarie di Catania e Trapani, proseguita con quelle di due commissioni parlamentari e con il nuovo codice di comportamento voluto dal Viminale, e conclusa con l’abbandono del Mediterraneo di buona parte delle navi umanitarie.
Da Msf a Moas, da Sea Watch a Save the children, e persino l’Unhcr, si trovano a fare i conti con una raccolta di fondi inferiore alle aspettative. Solo Sos Mediterranée, network europeo composto da quattro associazioni, ha un dato in controtendenza che però conferma il colpo alla fiducia nelle Ong avvertito in Italia: alla flessione di Sos Mediterranée Italia ha fatto da contraltare un aumento significativo ( più di tre milioni di euro) nel fundraising in Francia, che sta consentendo di prolungare per un altro anno la missione della Aquarius nel Mediterraneo. «Questo aumento – dice Sophie Beau, vicepresidente di Sos – testimonia la presa di coscienza di un’Europa più solidale, che si mobilita nei confronti dell’Italia per anni rimasta sola».
Chi dà una valenza più sociologica e politica che economica alla flessione delle donazioni è Gabriele Eminente di Msf, la Ong che probabilmente ha pagato più di altre l’essere rimasta l’unica a non sottoscrivere il codice di comportamento voluto dal ministro Minniti.
«Noi siamo la cartina di tornasole – è la sua analisi – Le polemiche hanno fortemente intaccato la percezione delle organizzazioni umanitarie nei cittadini italiani, con un impatto notevole che ha coinvolto anche chi non è mai andato in mare a salvare migranti. È venuta meno la fiducia, che è poi il motore vero di chi dona. Le parole di odio, rancore che hanno dipinto le Ong come luoghi di privilegio purtroppo hanno fatto breccia, ingenerando paura e confusione. Un danno sociologico che ci vorrà molto tempo per recuperare, soprattutto per chi, come Msf, non prende alcun aiuto istituzionale e si basa solo sulle donazioni dei privati. E dire che proprio nel 2017 avevamo investito proprio nel fundraising in Italia».
I ragazzi con le pettorine azzurre, rosse e gialle delle organizzazioni nel 2017 hanno avuto proprio vita dura. Il face to face negli aeroporti e nelle stazioni, nei centri commerciali e per strada, ha incontrato molte più resistenze che negli anni passati. È un dato che accomuna tutti anche chi, cone l’Unhcr, non è una Ong. «Noi siamo rimasti in seconda linea rispetto alla polemica sui soccorsi in mare – spiega Federico Clementi, direttore del fundraising di Unhcr Italia – ma abbiamo patito anche noi. E se i fondi hanno in linea di massima rispettato il target, è anche vero che abbiamo avuto grosse difficoltà nell’acquisizione di nuovi donatori». Così anche per Save the children, che piange solo con un occhio. Non perde come gli altri «probabilmente per la specificità dei nostri progetti sull’infanzia – dice il direttore Valerio Neri – ma registriamo una flessione del 4- 5 per cento sulle nuove donazioni. La solidarietà è stata colpita, confusione e paura hanno tarpato la sensibilità nei confronti degli ultimi. È un danno culturale molto brutto. Gli italiani sono sempre stati un popolo molto generoso, speriamo che tornino ad esserlo».