Gazzetta dello Sport, 13 gennaio 2018
Fatto l’accordo per il governo tedesco
Non bisogna ancora cantare vittoria, ma un governo in Germania è alle viste. Certo, non prima di Pasqua...
• Perché non è ancora alle viste? Se hanno raggiunto l’accordo come ho sentito in televisione...
Tutti e tre (Cdu, Csu - che sarebbero i democristiani di Baviera, dove si vota dpo l’estate - e Spd, cioè i socialdemocratici) dovranno consultare i loro iscritti, per essere certi dell’intesa. Si teme soprattutto la base socialdemocratica, specie i giovani, che hanno promesso battaglia. Ricordo che il capo dei socialdemocratici, il famoso Martin Schulz (famoso anche da noi perché s’azzuffò con Berlusconi, che gli diede del kapò), subito dopo aver perduto le elezioni dello scorso settembre aveva promesso che mai e poi avrebbe rifatto una grande coalizione (Große Koalition) con la Merkel. Merkel infatti passò parecchie settimane a tentare un gabinetto Giamaica, cioè con Verdi e liberali, detto «Giamaica» perché i colori dei tre partiti (giallo, verde e nero) sono quelli della bandiera giamaicana. Fallito quell’accordo a tre, per via soprattutto della questione migranti, ma non solo, il presidente della repubblica Steinmeier convocò Schulz e quasi gli impose di ripensare alla Große Koalition, mettendo avanti agli interessi del partito quelli del paese e, direi, dell’Europa. Schulz piegò la testa e da allora è cominciata una tessitura micidiale, come solo i politici sanno fare, con un condimento finale, però, tipicamente tedesco. Cioè, un conclave convocato domenica scorsa in cui i tre partiti si sono obbligati a chiudere entro cinque giorni e a seguire un codice rigorosissimo che nessuno dei tre ha poi tradito. Vuole che glielo racconti?
• E certo.
Cinque giorni di colloqui e formazione di 13 gruppi di tre persone, una per partito, che si sono fatti rinchiudere in altrettante stanze per trovare un punto di intesa sui 13 argomenti individuati come essenziali per il programma di governo. Nel frattempo si sono svolte riunioni a rotazione nei rispettivi quartier generali di Cdu, Csu e Spd per verificare e approvare quello che ciascuno dei rappresentanti stava facendo in commissione. Obbligo per tutti i 39 personaggi impegnati a non parlare con nessuno di quello che stava succedendo nelle 13 stanze. Alla fine i 39 hanno accettato anche di consegnare i telefonini, in modo da far fuori twitter e facebook. La cosa straordinaria non sono solo le regole che si sono dati per chiudere la discussione, ma anche che le abbiamo rispettate, tutti e senza eccezioni.
• In definitiva che programma si intravede?
Nella conferenza stampa congiunta che s’è svolta ieri pomeriggio, Merkel, Seehofer e Schulz hanno annunciato per primo «il rafforzamento dell’Europa» aggiungendo subito che questo impegno («il rinnovamento della Ue») sarà perseguito in stretto coordinamento con la Francia. Politica estera e politica della difesa comuni, «più soldi per Bruxelles» che forse vuol dire anche più soldi da versare per l’Italia (già così, l’uscita dalla Ue del Regno Unito ci impegna a un esborso, come minimo, di circa un miliardo in più l’anno). Frenata sui migranti: non più di 180-220 mila arrivi l’anno e senza prendere i mille profughi dall’Italia e dalla Grecia, come da impegno dell’anno scorso. I tedeschi non scherzano con i contratti di coalizione e neanche con le promesse fatte in campagna elettorale. Se il programma è questo, di massima sarà seguito. Gentiloni s’è congratulato, ma non so se per noi andrà così liscia, specie adesso che l’asse con Macron è ufficializzato. Le borse sono felici, l’euro s’è rafforzato sul dollaro superando quota 1,21, altro fatto non buonissimo per noi, dato che le esportazioni negli Stati Uniti potrebbero soffrirne. Coldiretti ha espresso una forte preoccupazione: l’anno scorso il made in Italy ha venduto in America per 40 miliardi, +9% sul 2016. e con l’euro così forte che accadrà? «Gli Stati Uniti sono di gran lunga il principale mercato di riferimento per il made in Italy fuori dall’Unione Europea con un impatto rilevante anche per l’agroalimentare. Le esportazioni di cibo e bevande dall’Italia sono aumentare del 6% nel 2017 per un totale di circa 4 miliardi di euro, il massimo di sempre».
• Che cosa abbiamo imparato da questo lungo tira-e-molla tedesco che ha preceduto la formazione del governo?
Il governo non c’è ancora. Il tira-e-molla tedesco, come dice lei, è una lezione di rigore e contiene un avvertimento - l’ennesimo - sullo stato delle democrazie nel mondo. Forse l’Italicum, col sistema del ballottaggio tra le due liste prime arrivate, ci avrebbe dato un governo il giorno dopo la chiusura delle urne. Col sistema proporzionale di adesso le probabilità che dopo il voto del 4 marzo si debba andare a un’altra trattativa lunga e sfibrante sono assai alte, anche se Berlusconi va dicendo che vincerà col 45% e non avrà bisogno di nessuno (a parte i suoi alleati, per niente affidabili). Del resto, oltre alla Germania, hanno faticato a mettere in piedi una maggioranza e un esecutivo anche gli sspagnoli (125 giorni per un nuovo governo Rajoy), i belgi (543 giorni per un governo Di Rupo e 136 per un governo Michel), gli olandesi (225 giorni per mettere in sella Rutte), eccetera. I populismi hanno accelarato crisi e frammentazione dei partiti, persino la May ha bisogno dei voti nordirlandesi.
• Quindi?
Dopo il voto, i partiti si mettano intorno a un tavolo e si diano regole sicure per la trattativa e per i comportamenti successivi. Si prendano tutto il tempo che vogliono e intanto lascino governare Gentiloni senza colpi di mano. Non c’è fretta di tornare a votare. L’asse franco-tedesco ci ha di fatto retrocesso in serie B, come meritiamo. Cerchiamo di non finire in Promozione.