12 gennaio 2018
APPUNTI PER GAZZETTA - MESSA A PUNTO LA MAGGIORANZA IN GERMANIAVentuno ore - un record persino per la campionessa delle maratone negoziali Angela Merkel - ma alla fine l’accordo politico per una terza Grande coalizione c’è
APPUNTI PER GAZZETTA - MESSA A PUNTO LA MAGGIORANZA IN GERMANIA
Ventuno ore - un record persino per la campionessa delle maratone negoziali Angela Merkel - ma alla fine l’accordo politico per una terza Grande coalizione c’è. E la cancelliera è salva: nel caso di nuove elezioni la sua candidatura sarebbe stata piuttosto in bilico. La Cdu, la Csu e la Spd sono riusciti a buttare giù trenta pagine di intesa per il governo Merkel dei prossimi quattro anni, dai quali emerge un rinnovato e forte impegno per l’Europa ma anche una politica meno generosa sui profughi e sui migranti.
In una conferenza stampa congiunta, Merkel e i capi di Spd e Csu, Martin Schulz e Horst Seehofer, hanno espresso soddisfazione per il risultato, anche se il leader Spd ha puntualizzato che ci sono state “turbolenze” durante i colloqui. Merkel ha espresso l’auspicio di poter formare “un governo stabile” ma Seehofer ha ammesso che è probabile che nasca prima di Pasqua.
Tra i punti di maggiore interesse per il resto del mondo, rimasto col fiato sospeso negli ultimi tre mesi e mezzo di vacatio tedesca, c’è sicuramente quello elencato per primo, in cui si rinnova “l’impegno per l’Europa”. Merkel. Schulz e Seehofer promettono un rafforzamento del Parlamento europeo, la costruzione di una “politica estera e della difesa comuni”.
Il tutto, ça va sans dire, in stretto coordinamento con la Francia, insieme la quale Berlino promette “un rinnovamento della Ue”. Peraltro - notizia interessante alla vigilia del negoziato europeo sul nuovo Bilancio - la Grande coalizione promette “più soldi” per Bruxelles.
Per chi aveva applaudito alla generosità della cancelliera sui profughi, l’intesa di oggi riserva qualche amara sorpresa. Merkel e Schulz hanno ceduto alla Csu - in Baviera si vota in autunno - e hanno limitato i ricongiungimenti a quota mille al mese. E pur non stabilendo un tetto ai rifugiati - per Merkel una linea rossa invalicabile - i tre partiti si sono messi d’accordo su un obiettivo nominale. D’ora in poi la Germania cercherà di limitare gli arrivi a 180-220mila all’anno. Nelle pieghe dell’accordo, anche una notizia non troppo positiva per l’Italia: per dare il via libera ai ricongiungimenti, non prenderà più i mille profughi dal nostro Paese e dalla Grecia, come da intesa dell’anno scorso.
Al di là del difficile lavoro delle settimane a venire, quando i tecnici dovranno mettersi al lavoro per definire nel dettaglio il cosiddetto “contratto di coalizione” - in Germania è estremamente vincolante, per i governi in carica, e in campagna elettorale i punti non realizzati diventano puntualmente un argomento di discussione - un ostacolo maggiore per la Grande coalizione c’è ancora e si chiama Spd.
Un congresso, fissato per la prossima settimana, e un referendum dovranno approvare il contratto di coalizione e il compito non facile di Martin Schulz dovrà essere quello di convincere delegati e iscritti che una nuova coabitazione con Merkel è cosa buona e giusta, per i socialdemocratici e per la Germania. Nei giorni scorsi i Giovani della Spd erano tornati all’attacco annunciando battaglia al congresso. Lo stesso Schulz si era imbullonato all’opposizione un minuto dopo i risultati elettorali di settembre e si è dovuto lanciare in una spericolata inversione a U dopo il fallimento di Giamaica.
L’intesa è comunque una vittoria per la Merkel, dopo la grave disfatta dello scorso inverno, quando aveva tentato di mettere insieme per la prima volta nella storia tedesca una coalizione a tre, tra conservatori, verdi e liberali, la cosiddetta Giamaica.
In un sondaggio dei giorni scorsi i tedeschi l’avevano elogiata per la sua reputazione internazionale in un mondo sempre più stabile ma ne avevano criticato la proverbiale tendenza al tentennamento. A volte, però, la pazienza della cancelliera diventa una virtù, come in questa lunghissima trattativa con la Spd, restia a imbarcarsi in un alleanza che ha sempre rosicchiato margini di consenso.
REPUBBLICA.IT
ROMA - L’euro ingrana la marcia dopo la notizia dell’accordo raggiunto in Germania per la formazione del governo. Positivi i commenti dai leader europei. Per il premier italiano Paolo Gentiloni, "è una buona notizia per l’Europa". "Accordo buono per la Germania, buono per la Francia e soprattutto buono per l’Ue", ha commentato il portavoce del governo francese.
• IL RIALZO DELLA MONETA UNICA
La moneta unica ha superato la soglia di 1,21 dollari, spingendosi ai livelli di fine 2014, inizio 2015. La divisa europea, dopo un top a 1,2137 dollari (che non vedeva dal 31 dicembre 2014), quota 1,2118 dollari. Vale inoltre 134,65 yen. Il rialzo è avvenuto dopo l’annuncio che la Cdu di Angela Merkel e i socialdemocratici di Martin Schulz avrebbero trovato un’intesa su un programma per un negoziato formale attraverso cui arrivare alla formazione di un governo.
• MERKEL: "IL MONDO NON ASPETTA"
Si rafforza quindi la prospettiva della cessazione di mesi di incertezza politica a Berlino. La Germania, uscendo da un periodo di debolezza politica, si prepara a riprendere il ruolo di leader in Europa. Lo certifica la stessa Merkel in conferenza stampa: "Il mondo non aspetta, abbiamo bisogno di un nuovo inizio per l’Europa". "La Germania - ha aggiunto - troverà le soluzioni con la Francia" per raggiungere l’obiettivo. "Ho lavorato in uno spirito di fiducia per poter dare al Paese un governo stabile - ha poi precisato la Cencelliera - dobbiamo essere più veloci nelle decisioni". Merkel ha promesso che il nuovo governo che sta prendendo forma in Germania costituirà una "ripartenza" per l’Europa".
• GOVERNO FRANCESE: "BUONE NOTIZIE"
"Buone notizie sembrano giungere dalla Germania": lo ha detto il portavoce del governo francese, Benjamin Griveaux, riferendosi all’accordo di coalizione a Berlino. "Questo accordo - ha aggiunto - è buono per la Germania, buono per la Francia e soprattutto buono per l’Europa ed è un elemento importante per la stabilità e per l’avvenire della relazione franco-tedesca, ma soprattutto dell’Europa nei mesi e gli anni a venire".
GENTILONI: "GETTATE LE BASI PER GOVERNO DI COALIZIONE"
"Intesa tra Merkel e Shultz getta le basi per un governo di coalizione in Germania. Una buona notizia per l’Europa", ha scritto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, su Twitter. "L’Spd - ha commentato Daniele Viotti, europarlamentare dem - ha condizionato il suo supporto a un forte impegno sul fronte europeo, spero che si concretizzi in un rinnovato slancio sul fronte sociale, con il sostegno alle iniziative già in campo, come la proposta italiana per l’assegno di disoccupazione europeo”.
C’è stato un fitto scambio di messaggi fra Gentiloni, Merkel e Schultz, che ha parlato di "risultati eccellenti". Anche il leader della Csu, Horst Seehofer, si è detto "molto soddisfatto per l’esito" dei colloqui esplorativi.
L’intesa tra #Merkel e #Schulz getta le basi per un governo di coalizione in Germania. Una buona notizia per l’Europa
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) 12 gennaio 2018 • COLDIRETTI: "RIALZO EURO FRENA EXPORT IN USA""Il rialzo dell’euro frena le esportazioni made in Italy negli Stati Uniti dopo che nel corso del 2017 si è registrato un aumento complessivo del 9% per un importo record di circa 40 miliardi di euro". È quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento al tasso di cambio dell’euro che ha raggiunto nei confronti del dollaro il livello massimo da tre anni dopo l’accordo politico in Germania.
"Gli Stati Uniti - continua la Coldiretti in un comunicato - sono di gran lunga il principale mercato di riferimento per il Made in Italy fuori dall’Unione Europea con un impatto rilevante anche per l’agroalimentare". "Le esportazioni di cibo e bevande dall’Italia sono aumentare del 6% nel 2017 per un totale di circa 4 miliardi di euro, il massimo di sempre".
• ACCORDO DI GOVERNO: LE PROSSIME TAPPE
La lunga fase di stallo politico iniziata all’indomani del voto per il rinnovo del Bundestag, il 24 settembre scorso in Germania, sembra avviarsi a conclusione con la svolta nelle trattative raggiunta oggi tra le delegazioni di Cdu/Csu e Spd. Ma il successo dei negoziati preliminari - che fa seguito al fallimento dei colloqui esplorativi per dar vita ad una ’coalizione Giamaica’, Cdu/Csu-Fdp e Verdi - non segna la fine della strada da percorrere prima di poter ufficialmente dar vita ad un nuovo governo. Secondo le previsioni più condivise il paese potrà contare su un nuovo esecutivo non prima della fine di marzo o dell’inizio di aprile. Prima di allora, ci sono ancora tappe decisive da compiere.
Ecco i prossimi passi da compiere prima di arrivare a un nuovo esecutivo:
- 21 gennaio: la Spd si riunirà in congresso straordinario a Bonn e in quella sede dovrà pronunciarsi in modo definitivo e formale sull’intesa concordata a Berlino e quindi sul via libera all’inizio dei colloqui di coalizione. Nel blocco conservatore che fa capo a Merkel, la decisione verrà assunta dall’organo esecutivo del partito.
- 22 gennaio: in caso di via libera, i negoziati potrebbero partire già all’indomani del Congresso della Spd.
- Metà febbraio: la Spd intende sottoporre ai militanti l’accordo di coalizione concordato con i conservatori. L’intero processo potrebbe richiedere tre settimane e costare fino a due milioni di euro.
ATLANTE ELETTORALE
CARLO FUSARO
Questo è un articolo dell’Atlante elettorale della Società Italiana di Studi Elettorali (Sise) che - in collaborazione con Repubblica - offre ai lettori una serie di uscite settimanali in vista delle elezioni politiche del 2018. La Sise promuove dal 1980 la ricerca nel campo delle elezioni, delle scelte di voto e del funzionamento dei sistemi elettorali. L’Associazione si avvale del contributo di giuristi, sociologi, storici e scienziati della politica, con l’obiettivo di favorire la discussione attraverso l’organizzazione di convegni di taglio accademico aperti anche al contributo di politici e commentatori.
Nell’Unione Europea i governi sono quasi tutti parlamentari: devono poter contare sul sostegno o almeno sulla non ostilità del Parlamento. Nel ventesimo secolo la funzione di esprimere e sostenere governi è stata svolta dai partiti. Oggi è ancora così, ma i mutamenti sociali rendono più frammentate le assemblee e più deboli i partiti stessi, per cui aggregare i consensi necessari riesce di rado a uno solo e impone la collaborazione di più partner.
In passato collaborazioni di questo tipo sono state praticate in molti paesi, ma oggi l’Europa intera ricorda l’Italia dei pentapartiti: basta vedere i dati sulla consistenza dei gruppi parlamentari nelle varie assemblee.
Persino Paesi che avevano funzionato come democrazie maggioritarie devono ricorrere ad altre soluzioni, e a questo proposito sono emblematici i casi di Regno Unito e Spagna. Altrove, dove pure le coalizioni erano ben sperimentate, si fa più fatica a raggiungere le necessarie intese, anche per la presenza di partiti c.d. populisti (Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Finlandia, Norvegia, Paesi Bassi): 543 giorni per fare il governo Di Rupo e 136 per il governo Michel (Belgio); 225 per il governo Rutte (Paesi Bassi); 125 per il governo Rajoy (Spagna); quanto al nuovo governo Merkel (Germania), si sa solo che bisognerà attendere fino a febbraio (oltre 120 giorni dal voto).
Il governo maggioritario di partito demoespresso è dunque un’eccezione.
Come è affrontato il problema? Direi in quattro modi non mutuamente esclusivi:
(a) per via costituzionale, con norme volte a regolare il ricorso sistematico a governi di minoranza (Svezia) o a disciplinare nei dettagli la formazione dei governi (Germania e soprattutto Grecia);
(b) per via legislativa, con leggi elettorali majority assuring (sempre o il più delle volte: vedi leggi Calderoli e Italicum, nonché le leggi elettorali di Armenia, Francia, San Marino; ma in Armenia anche norme costituzionali disciplinano la formazione del governo, e in Francia sono le elezioni presidenziali a far da traino);
per via politica, con due varianti:
(c) accettare governi minoritari (vedi i casi spagnolo e danese, clamoroso questo per esiguità della base parlamentare); oppure
(d) puntare alla faticosa costruzione di maggioranze fondate su coalizioni postelettorali.
Nel contesto italiano di oggi, le vie istituzionali (a e b) sono precluse: la Costituzione appare intangibile; la legge Rosato, figlia dell’esito del referendum costituzionale del 2016 e degli equilibri politici successivi, rende improbabile la formazione elettorale di una maggioranza. In attesa che si riparli di riforme, occorre perciò fare di necessità virtù razionalizzando la formazione postelettorale delle maggioranze e prendendo esempio dalle democrazie che hanno per prime e a lungo sperimentato metodi efficaci per costruire coalizioni decentemente solide.
Dovremmo attrezzarci tutti a questo fine: organi dello Stato, partiti, informazione, cittadini. Adottando procedure trasparenti e partecipate per formare governi relativamente stabili, in grado di attuare un programma, senza fare dei necessari passaggi parlamentari un permanente regolamento di conti. In questa prospettiva, ecco un primo decalogo. Non parlare di nuove elezioni anticipate prima ancora di aver votato: anzi prima che siano state sciolte le Camere attuali. Pretendere che i partiti sottopongano programmi chiari sui punti programmatici chiave, limitando le ambiguità interne a coalizioni e liste. Concordare che l’incarico di formare il Governo vada in prima battuta al leader del partito maggiore della coalizione che ha avuto più voti (oppure della lista singola più votata), ovvero altro suo candidato che, sulla base delle consultazioni, ha più possibilità di formare un governo. Accettare che, in caso di coalizione, il presidente del Consiglio sia in ogni caso una personalità del partito con più voti. Lasciare alle forze politiche tutto il tempo necessario in vista di accordi di governo, spiegando che non si può cominciare a strepitare all’ingovernabilità dopo poche settimane. Verificata la volontà di massima delle forze che si accingono a fare un governo, occorre chiedere che siano condotte trattative meticolose su tutte le principali policies. Accettare senza polemiche pretestuose che il governo Gentiloni continui a operare, salve scelte di fondo, per i mesi delle trattative: una sorta di ordinaria amministrazione rinforzata relativamente condivisa. Chiedere che sia sottoscritto un vero e proprio Patto di coalizione, analitico, che non rinvii a successivi bracci di ferro, ma contenga tutte le scelte principali rebus sic stantibus, incluso l’impegno dei gruppi di maggioranza a votare sempre e comunque insieme senza fare ciascuno sponda con pezzi di opposizione per forzare la mano agli alleati. Se del caso, indicare deroghe concordate per policies specifiche.I ndividuare pochi temi (per esempio le questioni etiche) sui quali i parlamentari della maggioranza potranno esprimersi fuori dal vincolo di gruppo e di coalizione. Ciascuno dei partiti che si accingono ad allearsi, nelle forme liberamente determinate, deve consultare la propria base sul patto concluso. I gruppi della maggioranza si impegnano a non chiedere mai il voto segreto. I gruppi della maggioranza si impegnano a votare sempre come il governo chiede senza bisogno di fiducia, salvi casi di violazione, da parte di componenti di qualche gruppo, del punto VI.
Già professore di Diritto pubblico comparato, Università di Firenze