il Giornale, 12 gennaio 2018
Curaçao, nuova Lampedusa. La perla dei Caraibi invasa da esuli in fuga da Caracas
Caracas È una nuova Lampedusa ma non siamo nel Mar Mediterraneo e non stanno arrivando barconi di migranti dall’Africa. La disperazione però è la stessa. L’isola di Curaçao, un fazzoletto di 444 km quadrati nel cuore dei Caraibi, ad appena 55 Km dalle coste venezuelane, negli ultimi mesi si è infatti trasformata nel tragico approdo di migliaia di disperati in fuga dal regime di Maduro. E dalla fame che ha trasformato quello che un tempo era «la Venezuela saudita» per le sue enormi riserve di petrolio, in un Paese in balìa di un’emergenza umanitaria senza precedenti. E così mentre l’inflazione per gli analisti arriverà nella migliore delle ipotesi al 30.000% a fine 2018 (nella peggiore al 200.000%, oggi è al 3.000%) con un impatto sempre più devastante sulla vita quotidiana potere d’acquisto azzerato e, dunque, popolazione alla fame – chi può fugge. Colombia, Cile, Florida ma adesso anche i Caraibi.
Aruba, Bonaire e Curaçao: sono queste le nuove mete della disperazione venezuelana. E nella piccola Curaçao in particolare si è registrato un incremento enorme a partire dal giugno del 2017. A oggi sono 200 le richieste d’asilo politico depositate nella sede locale dell’ACNUR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ma dietro le 200 domande formali in verità c’è un flusso umano molto più grande, difficile da quantificare e se le stime più caute parlano già di oltre un migliaio di rifugiati economici, per voce del Primo ministro Eugene Rhuggenaath, l’isola – e indirettamente l’Olanda da cui dipende – ha già messo le mani avanti dichiarando di non essere in grado di garantire una ricezione di oltre 250 migranti. La perla dei Caraibi, tra le mete più ambite del turismo mondiale extra lusso, sul tema immigrazione sta dunque cercando di prendere tempo, Amsterdam adotta una tecnica di scaricabarile simile a quella che anima i dibattiti europei sul tema. Curaçao rimanda dunque all’Olanda tutte le sue questioni di politica estera, ma il Paese dei tulipani dal canto suo latita.
Il terreno per mettere in piedi un campo profughi già ci sarebbe – spiegano dalla capitale Willemstad – ed è stato messo a disposizione direttamente dal governo alla Croce Rossa che tecnicamente lo realizzerà. L’ultima parola spetta però all’Olanda, che – per uno strano gioco del destino – assai defilata sul tema migrazione, in Europa viene ora pesantemente chiamata in causa da un territorio ubicato a migliaia di chilometri dalle sue coste. E il destino appare ancora più beffardo se si pensa che oltre a essere meta di un «turismo a 5 stelle», Curaçao è anche una delle rotte narcos più importanti verso gli USA: infatti la cocaina molto spesso transita guarda caso proprio dal Venezuela, Paese dove il narcotraffico è gestito direttamente da membri del governo come il vicepresidente Tarek el Aissami, «un grande boss internazionale», a detta delle massime autorità statunitensi.
Sempre a Curaçao, del resto, era stato arrestato nel 1997 Luis Armando Quiceno Boterò, alias Lucho Palmira, uno dei capi all’epoca del Cartello di Cali. Per non parlare poi della vicina isola di Aruba, altro territorio autonomo olandese comprato negli anni ’90 per un buon 60% della sua estensione dal clan di Cosa Nostra dei Cuntrera-Caruana. Qui nel 2014 fu anche arrestato l’ex capo dell’intelligence venezuelana Hugo Carvajal, allora ambasciatore venezuelano sull’isola, accusato di narcotraffico dagli Stati Uniti, secondo i quali l’alto funzionario gestiva i flussi della coca delle Farc in uscita dal Venezuela. Perché gli olandesi preferirono liberarlo nonostante le prove della DEA resta un mistero.
Di questi giorni, invece, la notizia che Maduro ha sospeso per tempo indeterminato qualsiasi scambio aereo e marittimo con Aruba, Bonaire e Curaçao come misura di contrasto contro fantomatiche «mafie del contrabbando», che -a suo dire – ruberebbero ai venezuelani cibo, medicine, oro, coltan e quant’altro. Secondo gli esperti l’ennesima scusa del regime di Caracas per giustificare il suo fallimento o, forse, solo un regolamento di conti proprio sul tema del narcotraffico in quanto, ultimamente, l’Olanda su pressioni americane avrebbe cominciato a contrastare con durezza i traffici di droga in uscita da Caracas via Curaçao.
Intanto, per una sorta di legge del contrappasso, i poveri cristi del Venezuela, le vere vittime del narco-stato criminale di Maduro, continuano ad arrivare a frotte. Anche su barche di fortuna per le quali sborsano tra 80 e 120 dollari a testa. Sono traversate che possono durare anche una quindicina di ore e ci sono racconti di morti e di migranti lanciatisi in acqua pur di non essere arrestati. Per Rafael Andres, un venezuelano che a Curaçao fa il pescatore, «si ripete quanto successo a Cuba, con persone disperate in fuga». Gli fa eco Hernan Hidalgo, espulso già una volta ma poi tornato, via gommone. «Senza i soldi che guadagno qui racconta – la mia famiglia in Venezuela non riuscirebbe a sopravvivere».
Durissime le parole della governatrice di Curaçao Lucille George-Wout: «La maggior parte dei venezuelani che arrivano sono delinquenti o vengono per prostituirsi». Una dichiarazione condannata dalla Fondazione dei Venezuelani di Curaçao, secondo la quale «chi arriva sull’isola fugge da una situazione di conflitto» e «se le autorità locali vogliono davvero evitare gli effetti del conflitto venezuelano suggeriamo loro di pronunciarsi sulle cause che lo hanno generato, non solo qualificando in modo scorretto le vittime».
Perché di vittime si tratta. Lo ribadisce la Fondazione che da mesi denuncia la tratta di donne venezuelane sull’isola. Cosa sia lo spiega bene Roxana, venticinqenne di Maracaibo, ragazza madre con due figli e che in Venezuela aveva ricevuto la proposta di andare a lavorare come cameriera nell’isola. «Mi sembrava una opportunità per uscire da questo inferno e sfamare i miei bambini, mi hanno anticipato i soldi del biglietto facendomi indebitare. Ma appena arrivata mi sono accorta che era una trappola senza ritorno, perché il debito non finisce mai e, da schiava, sei costretta a prostituirti».