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 2018  gennaio 12 Venerdì calendario

Quella farfalla è un dinosauro

ROMA Ma è nato prima il fiore o la farfalla? Oggi crediamo di saperlo: ancora priva dei petali su cui posarsi, la farfalla ha vagato da sola per l’intero Giurassico in attesa della sua metà. È infatti da 200 milioni di anni (i fiori sarebbero comparsi una settantina di milioni di anni più tardi) che i lepidotteri spiegano le loro ali, svolazzando fra i dinosauri, posandosi alla ricerca di nettare sulle pigne delle conifere (altro che poesia) e sopravvivendo a un paio di estinzioni di massa.
Il ritrovamento di alcuni fossili di ali risalenti all’inizio del Giurassico (200 milioni di anni fa) sposta molto più indietro la nascita presunta dei lepidotteri, spezzando una storia di coppia (quella con i fiori) per la quale si era sempre pensato a un’origine coeva, intorno ai 130 milioni di anni fa. E non è un caso che la prima domanda – subito dopo aver trovato quei microscopici frammenti di scaglie di ali di farfalla fra i sedimenti di un’antica laguna in Germania (la scoperta è pubblicata su Science Advances) – per i ricercatori del Boston College e dell’Università di Utrecht sia stata: ma come hanno fatto le farfalle a sopravvivere senza i fiori?
«Si nutrivano di gocce del polline delle gimnosperme» ipotizza uno degli autori dello studio, Paul Strother, esperto di ecosistemi antichi del Boston College. Le gimnosperme (essenzialmente conifere) hanno un’origine assai più antica delle angiosperme (le piante fiorite).
Per sopravvivere a un clima arido e ostile come quello di inizio Giurassico, che di lì a poco, in una delle grandi estinzioni di massa, avrebbe cancellato un terzo delle specie viventi, le farfalle trasformarono la loro bocca dotata di mandibola in una sorta di proboscide, capace di suggere il nettare e la poca acqua a disposizione nell’ambiente anche dalle cavità delle conifere. Questo organo – chiamato tecnicamente spiritromba – si sarebbe rivelato poi ideale per nutrirsi del nettare dei fiori, quando finalmente la Terra iniziò a colorarsi di petali.
La domanda cui Strother e i colleghi però non rispondono – pur essendo stati abilissimi a individuare una settantina di scaglie di pochi micrometri fra sedimenti sepolti 300 metri sottoterra – è se le ali delle prime farfalle fossero già colorate.
«Nulla lo vieta. Le livree delle farfalle hanno funzioni di corteggiamento o difesa, non sono affatto legate all’evoluzione dei fiori» spiega Valerio Sbordoni, professore in pensione di zoologia all’Università di Tor Vergata a Roma, membro dell’Accademia dei XL e scopritore di una specie, la Hipparchia sbordonii, di cui è stato reso eponimo. «I colori delle ali possono servire ad attrarre il partner, mimetizzarsi o mettere in guardia i predatori quando la specie è tossica».
Anche i dinosauri avevano penne con dei pigmenti e possiamo immaginare il Giurassico, nonostante la mancanza di fiori, come un’epoca dotata di una certa vivacità cromatica.
Le farfalle osservate in Germania, tra l’altro, sembravano già differenziate in varie specie. Mentre alcune scaglie appartenevano a lepidotteri con la mandibola (usata per masticare il nettare), altre erano tipiche di esemplari più evoluti, muniti di spiritromba. I frammenti fossili delle ali sono stati rintracciati con un lavoro certosino, al cui confronto cercare un ago in un pagliaio è un gioco da ragazzi (e che Strother ha affidato a un giovane laureando). Si è partiti da un villaggio nella campagna di Brunswick ( Germania del nord) in cui si sospettava l’esistenza di un’antica laguna. Si sono estratte varie carote di sedimenti, arrivando a quasi 350 metri di profondità. Poi con un acido che scioglie roccia e argilla ma non il materiale organico si è passati all’osservazione al microscopio. L’obiettivo iniziale era analizzare i frammenti di polline e di minuscole creature come le diatomee per ricostruire l’ambiente di inizio Giurassico e trovare le cause della penultima estinzione di massa, prima di quella che uccise i dinosauri 66 milioni di anni fa. Fra migliaia di frammenti di polline, spore, zampe di insetti e alghe, osservati uno a uno con il microscopio elettronico a scansione, l’attenzione di Strother è stata catturata da alcune strutture a forma di foglia, lunghe pochi micrometri e dotate di ondulazioni molto particolari, che si sono rivelate scaglie di lepidotteri: le stesse che restano sulle mani sotto forma di polvere colorata quando si toccano le ali delle farfalle. A vederle sfarinarsi con tanta leggerezza sembrerebbero l’emblema dell’effimero. Invece sarebbero sopravvissute all’imminente estinzione di massa – e a quella successiva – in attesa che sulla Terra spuntassero finalmente i fiori.

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Un miracolo di leggerezza che resiste al tempo
Niente è più leggero e aereo delle farfalle. E insieme fragile e perituro: in genere non vivono che poche ore o pochi giorni. Il ritrovamento d’una farfalla di 200 milioni d’anni fa riflettere. Hanno superato l’età dei dinosauri, e sono ancora qui con noi. Il loro nome scientifico è Lepidotteri, dal greco “lepis”, scaglia, e “pteros”, ali. Ne esistono 165.000 specie. Sono talmente resistenti e ben costruite, che sono diffuse dai Tropici alle zone artiche. Non è solo questione di struttura, già un miracolo – basta pensare alle ali – ma d’apparato riproduttivo. Come aveva visto Vladimir Nabokov con il suo microscopio a Harvard, mentre si guadagnava da vivere classificandole, i maschi hanno peni dalle forme strane e incredibili; li inseriscono nell’apparato femminile rigirandolo come un calzino; poi immettono un grosso tappo per impedire la copula con altri rivali.
Gli entomologi, che hanno scoperto questa Ur-farfalla ipotizzano che si nutrisse di piante non essendoci ancora fiori 200 milioni di anni fa. Quindi niente spiritromba, ma un apparato boccale masticatore.
Con uno strumento simile poteva persino nutrirsi d’altri insetti. Per altro esistono ancora oggi falene dotate di mandibole, che mordono il polline dei fiori.
Amiamo questi insetti per la loro metamorfosi: dal brutto bruco alla meravigliosa farfalla. Belle e simboliche al tempo stesso. Forse siamo noi umani a vederle così.Chissà come le vedevano i dinosauri? Se le vedevano.