il Fatto Quotidiano, 11 gennaio 2018
Guai, disastri e grandi affari con il vizietto dell’insider…
Venticinque anni fa un maestro del giornalismo economico come Marco Borsa definì Carlo De Benedetti come “il più bravo a tuffarsi nella finanza speculativa” degli anni Ottanta: “Nel bene e nel male resta il maestro”, spiegava, “ma anche il più bravo nello spogliare i risparmiatori attraverso le scatole cinesi, le azioni di risparmio, i sovrapprezzi azionari, tutti i trucchi possibili e immaginabili per ottenere il massimo dal mercato dando in cambio il minimo”. Purtroppo Borsa non è più tra noi e non può vedere la fine di una storia che lo appassionava. Si chiedeva se la natura profonda dell’Ingegnere fosse quella dell’industriale teso ai successi concreti di un’azienda come l’Olivetti, o dello speculatore teso all’arricchimento personale. Le vicende di questi giorni ci danno la risposta.
L’immagine di un ultraottantenne ricchissimo che telefona al suo agente di Borsa e gli dice “ho parlato con Renzi, compra” – per realizzare in pochi giorni un guadagno di 600 mila euro sulle azioni di Banca Etruria che balzano del 65 per cento in seguito al decreto legge di riforma delle Popolari – suscita più che altro malinconia. Le persone normali, le tristi creature che 600 mila euro li guadagnano in decenni di lavoro, si chiedono: che bisogno c’era? Evidentemente non sanno che cosa sono le passioni e non capiscono che non sempre l’età ammoscia quelle autentiche.
Quello di De Benedetti per il trading, il giocare in Borsa, sport di per sé assolutamente legittimo, è un grande amore noto da sempre. Che il trading tendesse a scivolare nell’insider trading (il colpaccio realizzato grazie alla disponibilità di informazioni privilegiate) è rimasto più che altro un sospetto dei suoi nemici del quale mai si è avuta la prova. Solo nel 1997 l’Ingegnere dovette patteggiare una pena pecuniaria, quando la Procura di Torino lo accusò di aver fatto il furbo con le azioni Olivetti in una circostanza vissuta con amarezza da tutta Italia. Nell’estate del ’96 l’Olivetti presentò un bilancio semestrale in forte perdita e ne fu squassata, De Benedetti mollò la presidenza e fu il momento di svolta, la fine del sogno industriale di Adriano Olivetti. Pochi giorni prima che le cose si sapessero e i titoli crollassero, De Benedetti, secondo l’accusa, si era affrettato e vendere parte delle sue azioni per ricomprarle a molto meno dopo i ribassi. L’Ingegnere ha sempre negato che il patteggiamento fosse un’ammissione di colpa.
Più recentemente c’è stata una storia se possibile ancora più malinconica del colpaccio sulle Popolari. La Consob nel 2010 ha sanzionato la cognata di De Benedetti Renata Cornacchia, sua figlia e il genero, per complessivi 340 mila euro per aver fatto insider trading nell’estate 2005 sulle azioni della Cdb Web Tech. Era l’incubatore di imprese quotato in Borsa sul quale, secondo le notizie di allora, si sarebbe realizzata l’inedita alleanza De Benedetti-Berlusconi, poi naufragata. Quando il titolo volò in Borsa qualcuno, informato con debito anticipo, si era già servito. Alla fine, tornati pessimi come d’abitudine i rapporti tra l’Ingegnere e il suo arcinemico, toccò a Marina Berlusconi, a nome della specchiata famiglia, accusare De Benedetti di essere un militante dell’insider trading.
Sarebbe riduttivo, però, limitare i momenti neri di De Benedetti a questi piccoli incidenti, o all’arresto nel 1993 con l’accusa di aver pagato tangenti alle Poste per piazzare le telescriventi Olivetti (sarà prosciolto e rivendicherà di aver pagato miliardi di lire ai politici in quanto concusso, cioè vittima). La sua lunga carriera, dai famosi cento giorni alla Fiat al decennio d’oro dell’Olivetti, alle fortune editoriali con Repubblica ed Espresso, ha conosciuto ben altre sconfitte. Dalla distruzione dell’Olivetti, vent’anni fa, all’esplosione di Sorgenia, società elettrica affidata al figlio Rodolfo, che ha mollato alle banche creditrici un buco di 2 miliardi. Senza dimenticare i guai giudiziari dopo il crac dell’Ambrosiano (lasciò l’istituto con una lauta buonuscita poco prima del disastro), da cui verrà assolto in Cassazione nel 1998.