Avvenire, 11 gennaio 2018
Vicenza & Company, il crac del pallone
Anche il Vicenza dopo Modena e Como. La Serie C rischia di perdere un’altra squadra gloriosa a causa di problemi economici. Sono giorni duri per la categoria che sta conoscendo un nuovo caso di dissesto dopo quelli che hanno visto protagonisti emiliani (ottobre e novembre scorsi) e lombardi tra estate 2016 e 2017. Due giorni fa sono finiti agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta Pietro Porro e Flavio Foti, ex presidente e vice del club lariano.
I giocatori del Vicenza hanno dichiarato lo sciopero a partire dal 13 gennaio, giorno della partita di Coppa Italia di C col Padova, in seguito al mancato versamento degli stipendi. L’Aic (Associazione italiana calciatori) è scesa in campo a fianco dei giocatori: «I calciatori non hanno ricevuto ancora gli stipendi relativi al bimestre di settembre/ottobre e saranno costretti a subire penalizzazioni sportive a causa dei ritardi e delle carenze societarie – spiega la nota del sindacato guidato da Damiano Tommasi – nonostante continue promesse non vi è stata alcuna azione formale della nuova proprietà in ordine al pagamento degli stipendi arretrati. Per tali motivi l’Aic annuncia lo stato di agitazione dei calciatori professionisti tesserati con il Vicenza e indice sin d’ora lo sciopero dei predetti calciatori per sabato 13 gennaio 2018, auspicando che il club, adempia al pagamento delle somme contrattualmente dovute». Il Vicenza sarebbe escluso nel caso di tre partite perse a tavolino a causa della mancata presentazione in campo, come successo col Modena. Un copione già visto che potrebbe ripetersi ancora nel corso di questa stagione. La Lega Pro ha cercato di scongiurare il ripetersi di queste situazioni introducendo un codice di autoregolamentazione molto severo che prevede la certificazione mensile di tutti gli adempimenti economici relativi ai rapporti con i tesserati. In mancanza di questa documentazione scattano le sanzioni. Sono stati resi più stringenti i parametri che consentono di iscriversi e portare a termine il campionato. I casi emergono anche per questo motivo. Ma nessuno intende fare marcia indietro perché l’innalzamento dell’asticella finanziaria viene considerata l’unica strada percorribile per conservare la serietà economica del campionato.
Il presidente della Lega Pro, Gabriele Gravina, ha le idee chiare sulla diagnosi del fenomeno: «Questo problema riguarda soprattutto squadre che sono retrocesse dalla Serie B e non riescono a reggere economicamente la discesa di categoria», spiega il dirigente che avrà un ruolo da protagonista nella corsa alla presidenza Figc affidata alle elezioni in programma il 29 gennaio a Roma. Troppo differenti le condizioni economiche tra B e C per attutire l’impatto senza l’esistenza di proprietà molto forti. L’esempio positivo in questo senso arriva da Pisa dove nei giorni scorsi il patron Giuseppe Corrado è riuscito a rifinanziare perdite imponenti pari a 7,7 milioni. E restando in Toscana il Livorno ha assorbito la retrocessione dalla B grazie alla famiglia Spinelli, al timone da tanti anni, e all’ingresso dei nuovi soci rappresentati da Nicola Pecini.
Ma questi sono casi isolati. Il Vicenza è stato sommerso da una situazione societaria ben poco chiara con una cordata di possibili acquirenti che si è defilata, come è risultato chiaro fin dal messa in liquidazione del veicolo lussemburghese a monte di questi compratori poco chiari. Alla fine la mancata cessione ha sommerso tutto vanificando anche una partenza di campionato incoraggiante con le prime giornate nelle posizioni di vertice. In precedenza avevano pagato la discesa dalla B alla C società come Mantova (2010) e Lanciano (2016) fino a pochi mesi prima protagoniste di storie molto positive sul campo e fuori. È la dura realtà di una categoria che perde 80-90 milioni all’anno. Significa che ogni club in media ha un “rosso” di un milione e mezzo. Poco per qualcuno, troppo per altri. E quando esiste già un deficit precedente, l’equilibrio salta. Ecco perché in Serie C resistono solo proprietà molto solide.
La faccia luccicante di questa medaglia è rappresentata dalle squadre capaci di compiere il doppio salto dalla Lega Pro alla Serie A, come successo negli ultimi anni a Novara, Carpi, Frosinone e Spal, proprio in virtù di una base molto ben organizzata. Imprenditori come Stirpe e Colombarini hanno alle spalle realtà industriali molto solide. Ma chi non rientra in questo gruppo di potenze economiche fatica a restare a galla perché non esistono diritti tv da nababbi come in A oppure mutualità e paracadute come in B. Gravina non chiede assistenzialismo per la Serie C. Preferisce parlare di «sostenibilità» più che di «mutualità» oppure di maxi compensazioni come quelle che toccano alla retrocesse dalla massima divisione ai cadetti. «Deve esserci un sistema di premialità complessiva nei confronti dei comportamenti virtuosi della nostra categoria», spiega Gravina riferendosi in particolare all’utilizzo dei giovani.
Le squadre di Serie C sono le palestre ideali per far crescere i ragazzi usciti dai vivai delle grandi squadre. Sono moltissimi i prestiti dei vivai di A e numerosi i rapporti tra club di massima divisione e società di Lega Pro. Esistono norme che incentivano l’utilizzo dei talenti. «Questa situazione ovviamente va a beneficio di tutto il calcio italiano», aggiunge Gravina. E, a suo parere, andrebbe adeguatamente ricompensata a livello di sistema. In altre parole, non è possibile che la Serie C continui a svolgere il ruolo di palestra di molti baby promettenti che poi possono tornare in A adeguatamente formati senza un riconoscimento economico di questa funzione che arricchisce tutti dal punto di vista tecnico. Altra proposta: uno sgravio fiscale a favore dei club di Lega Pro per la loro funzione sociale sul territorio. Una missione che si concretizzerebbe con l’utilizzo di questo sgravio con investimenti su infrastrutture e settori giovanili. E qui si torna ai ragazzi che vanno in campo. L’ennesimo fallimento della squadra di una piazza importante obbliga a riflettere sulla tenuta complessiva del sistema più che di una singola categoria. La situazione continua a essere allarmante nonostante la progressiva riduzione del numero delle partecipanti alla Serie C con una notevole compressione dell’ambito del calcio professionistico. E se molti di questi casi riguardano formazioni retrocesse dalla Serie B il problema continuerebbe a riproporsi anche in caso di successivi tagli. Sopravvivere in C è sempre più complicato in assenza di interventi significativi.