Avvenire, 11 gennaio 2018
Perseguitati nel mondo 215 milioni di cristiani
Cresce ancora la persecuzione anti- cristiana nel mondo: oggi sono oltre 215 milioni i cristiani perseguitati. A sottolinearlo è la Onlus Porte Aperte/ Open Doors, che ha pubblicato ieri la World Watch List 2018, la nuova lista dei primi 50 Paesi in cui più si perseguitano i cristiani al mondo. Corea del Nord e Afghanistan raggiungono il punteggio massimo di oppressione dei cristiani. La Corea del Nord mantiene la testa della triste classifica da 16 anni consecutivi. Per quanto riguarda specificamente l’aspetto delle violenze, è il Pakistan (5° posto nella lista generale) ad avere l’infelice primato.
Le principali dinamiche persecutorie restano l’oppressione islamica e il nazionalismo religioso di matrice induista e buddista. Sono stati 3.066 i cristiani uccisi a causa della loro fede tra il 1 novembre 2016 e il 31 ottobre 2017, mentre ammontano a 15.540 gli edifici di cristiani attaccati tra chiese, case private e negozi. Si può stimare che 1 cristiano ogni 11,5 nel mondo subisce elevata persecuzione. Libia (7°) e India (11°) sono le nazioni che hanno fatto un balzo di 8 punti, scalando la classifica. In particolare l’India deve questa escalation di intolleranza anticristiana alla crescente influenza del radicalismo induista: oltre 24mila cristiani indiani sono stati aggrediti nel periodo in esame. Le new entry sono il Nepal (che vola al 25°) e l’Azerbaigian (45°).
«L’intolleranza sociale e lo sfruttamento politico di tale intolleranza sono il veleno di questo periodo storico – sottolinea Cristian Nani, direttore di Porte Aperte –. Infatti la persecuzione anti-cristiana va ben oltre il numero dei martiri o le distruzioni di edifici cristiani. Essa si manifesta negli arresti senza processo, nei licenziamenti, nella violazione di diritti fondamentali come l’istruzione e le cure mediche, nelle campagne denigratorie e nel bullismo, ma anche nei 1.240 matrimoni forzati e oltre 1.000 stupri».
L’oppressione islamica continua ad essere la fonte principale di persecuzione dei cristiani, non confermandosi solamente ma estendendo la sua morsa in varie aree. Tra le tendenze preoccupanti, la radicalizzazione delle aree dominate dall’islam, con Africa orientale, occidentale e del Nord come scenario in ascesa, così come il mondo musulmano non arabo asiatico. Poi l’espansionismo islamico in aree a prevalenza non musulmana (specie in Africa sub-sahariana, Indonesia, Malesia, Brunei). Da segnalare poi una pulizia etnica in base all’affiliazione religiosa in evidente crescita in alcuni Stati africani quali nordest del Kenya, della Nigeria, della Somalia e del Sudan.
Fa riflettere anche l’ascesa del nazionalismo religioso come prorompente fonte di persecuzione anti-cristiana (e di altre minoranze), con l’esempio emblematico dell’India. Causa dell’aumento della persecuzione è la crescita del movimento Hindutva, una spinta nazionalista all’«induizzazione» del Paese: i cristiani indiani sono sempre più socialmente esclusi, detenuti, minacciati, espulsi dai loro villaggi, aggrediti. E il Nepal segue queste orme.
Stessa tendenza nel mondo buddista, in Sri Lanka, Bhutan e Myanmar. Da segnalare anche l’impatto dei nazionalismi ideologici, come in Cina, Vietnam e Laos. La cosiddetta paranoia dittatoriale continua invece ad essere la fonte principale di persecuzione in Paesi come la Corea del Nord e l’Eritrea, mentre la corruzione e il crimine organizzato uniti ad antagonismo etnico sono dinamiche che colpiscono certe regioni di Paesi come il Messico e la Colombia, ma anche in Somalia (unite in questo caso all’oppressione islamica). Tra le buone notizie, infine, si segnala il leggero miglioramento della situazione in Kenya ed Etiopia e l’uscita della Siria dalla Top 10, anche per l’arretra-mento del Daesh.