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 2018  gennaio 11 Giovedì calendario

La fabbrica Modigliani

Valica gli stretti confini di Genova e diventa globale l’affaire-Modigliani.
Attorno al caso dei falsi dipinti esposti lo scorso anno nella mostra di Palazzo Ducale si sta mobilitando il mondo dell’arte e del collezionismo. Ieri il palazzo genovese è stato tempestato da telefonate da ogni angolo del mondo, giornalisti americani che chiedevano informazioni su tutte le falle che hanno reso possibile la nuova beffa; proprietari di opere di Modigliani pagate a carissimo prezzo e ora pronti a mettere in campo schiere di avvocati per difendere i propri interessi; associazioni di utenti che minacciano class action per recuperare i soldi del biglietto, mostrando anche soltanto il selfie della foto scattata davanti a Palazzo Ducale. Appaiono così profetiche le parole pronunciate nel 1969 da Lunia Czechowska, amica e modella di Modigliani: «Presto il numero dei falsi Modigliani supererà quello dei veri. Mi sono state offerte spesso ingenti somme di denaro perché autenticassi cattive copie.
Conosco, invece, buoni falsi, dipinti “alla maniera” di “Modí”, sia in America che a Parigi e questa estate ne ho visto uno, superbo, in una delle maggiori gallerie di Cannes. Carissimo, del resto...». A ricordarle, nel suo libro Modigliani dal vero (De Ferrari editore) uscito nel 2016 è Leo Lecci, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Genova. Proprio attorno alla “fabbrica dei finti Modigliani” si è nuovamente riacceso il dibattito.
Ma quale è la mano, come si fabbrica un falso Modigliani? E perché copiarlo così tanto? È davvero così facile riprodurlo e spacciarlo per vero? La beffa di Livorno del 1984, con le teste lavorate con il Black&Decker e gettate nel canale, è tornata immediatamente alla memoria, nei giorni della perizia che ha contestato un terzo delle opere esposte a Genova.
«Copiano lui intanto perché ha un valore altissimo, accompagnato da quel fascino di autore maledetto che lo ha contraddistinto e reso celebre già quando era in vita – spiega Lecci – Hanno iniziato a falsificarlo ben prima che morisse anche per la facilità di piazzarlo sul mercato.
Per quei colli lunghi, quei nudi sensuali si sono pagati e si pagano cifre enormi e quindi anche l’universo del falso è attivissimo».
Attorno al pittore livornese, uno degli artisti più amati del Novecento, l’attenzione resta sempre alta. Non a caso, proprio in questo momento a Modigliani è dedicata un’importante esposizione alla Tate Modern di Londra (fino al 2 aprile), mentre fra due anni ricorrerà il centenario della morte (1920) ed è quindi legittimo ipotizzare altre iniziative internazionali. Nel frattempo, però, va sciolto il nodo dell’affaire genovese. La consulenza della professoressa Isabella Quattrocchi ha smontato le venti presunte opere di Modigliani. Più o meno una ventina di righe per ogni opera.
Un giudizio senza appello, che adesso sarà attaccato dai legali di tutte le parti in causa, a partire dai tre indagati dalla Procura. Fra questi il curatore della mostra (prodotta da MondoMostre), Rudy Chiappini. Per vent’ anni direttore del museo d’arte moderna di Lugano, continua a difendersi dicendo che «non una delle opere esposte a Genova era alla sua prima apparizione. Nessuna nuova pubblicazione, anzi esposizioni in mostre importanti a Pisa o Torino. Con dipinti provenienti dal Centre Pompidou di Parigi». Così per Chiappini «l’unica cosa da fare adesso è risalire “alla fonte”». Il che significa trovare chi ha autenticato e messo sul mercato le opere. Ma soprattutto puntare a risolvere quello che per molti studiosi è il cuore della questione.
Il 2020 è l’anno del centenario della morte di Modigliani.Occasione irripetibile per muovere immensi interessi e accreditarsi come massimo esperto di Modí, mentre manca un catalogo ragionato aggiornato.
L’uomo che ha dato inizio all’indagine della Procura di Genova, Carlo Pepi, in questa battaglia è affiancato da Marc Restellini. Dall’altra parte, Rudy Chiappini e soprattutto Christian Parisot, primo presidente dell’Archivio Modigliani creato in Francia dalla figlia dell’artista Jeanne, e autore di uno dei cataloghi a cui si è rifatto Rudy Chiappini. Il quale a sua volta è stato “maestro” di Restellini, prima che fra i due scoppiasse la guerra. Per riassumere: nel 2005 Restellini dice che le opere di Modigliani proposte alla Biblioteca Marciana di Venezia – curatore Parisot – sono in parte falsi; Parisot controdenuncia Restellini e il tribunale di Parigi gli dà ragione, ribadendo che le tele sono autentiche e condannando Restellini. Ma Parisot viene poi arrestato nel 2013 dopo l’inchiesta della Procura di Roma, finendo a processo con il sospetto d’aver certificato alcuni falsi Modigliani.