la Repubblica, 11 gennaio 2018
Arthur Miller, i segreti di una vita
Il posto di Arthur Miller nel pantheon della letteratura americana del XX secolo è garantito, ma il suo archivio letterario è rimasto in un limbo dopo la sua morte, avvenuta nel 2005. Più di 160 scatole, contenenti suoi manoscritti e altri documenti, sono rimaste in deposito per decenni all’Harry Ransom Center dell’Università del Texas di Austin, non catalogate e quasi inaccessibili agli studiosi, in attesa di essere vendute. Altri documenti – tra cui circa 8.000 pagine di diari personali – sono rimasti nascosti nel suo ranch nel Connecticut, inaccessibili se non agli amici intimi di Miller.
Ora, il Ransom Center ha acquistato l’intero archivio per 2,7 milioni di dollari, dopo un prudente tiro alla fune con i curatori del patrimonio di Miller, che avevano provato a vendere i documenti all’Università di Yale, contrariamente al desiderio del drammaturgo che li voleva in Texas. Questa battaglia ha messo in competizione due tra i più prestigiosi archivi americani, l’uno contro l’altro in un mini-dramma in cui si mescolano gli alti principi di Miller a colpi senza scrupoli.
L’archivio Miller, composto da 100 metri lineari di materiale, è ricco.
E documenta tutta la sua carriera, compresa la creazione di Morte di un commesso viaggiatore e Il crogiuolo e il suo scontro con la Commissione congressuale sulle attività anti-americane: «La mentalità di questo comitato e l’atmosfera che ha generato dopo quasi 15 anni di propaganda incessante», scrisse Miller in una lettera del 1952, «sono tali da aver gettato delle persone totalmente oneste in una sorta di indefinibile paura capace di distruggere completamente una vita sana». In un dossier in tre volumi che l’Fbi raccolse su Miller, e che lui riuscì ad ottenere nel 1985, c’è anche del materiale relativo alla sua apparizione, nel 1956, davanti alla Commissione, che ha poi ispirato Il crogiuolo. Miller disse di non aver mai aderito al Partito comunista, ma, a differenza del suo amico Elia Kazan, si rifiutò di fare il nome di chi lo aveva fatto.
C’è anche del materiale personale, come vecchie lettere di famiglia e le bozze di un saggio sulla morte di Marilyn Monroe, sua seconda moglie, che cominciò a scrivere il giorno del funerale e ha continuato a correggere senza mai pubblicarlo. «Invece di andare al funerale a farmi fotografare, decisi di restare a casa lasciando che il pubblico in lutto portasse a termine quella farsa», scriveva Miller. «Non dico che lì tutti fossero falsi, ma ce n’erano abbastanza. Molti dei presenti l’avevano distrutta, signore e signori».
Il filone più ricco è quello dei diari, che coprono più di 70 anni.
«Arthur scriveva su qualsiasi cosa nei suoi diari», dice Julia Bolus, a lungo assistente di Miller e direttrice dell’Arthur Miller Trust.
I diari non sono accessibili finché non sarà pubblicato un volume della Penguin Press.
Miller iniziò il suo rapporto con il Ransom Center nei primi anni Sessanta, quando il centro, grazie alla ricchezza petrolifera, stava emergendo come il giocatore sfacciatamente più aggressivo nel settore degli archivi. A corto di contanti e con molte tasse da pagare, Miller donò 13 scatole di materiale al centro, contenenti diversi manoscritti e appunti di lavoro. Nel 1983, dopo che un incendio danneggiò la sua casa a Roxbury, nel Connecticut, spedì altre 73 scatole in Texas perché le custodissero.
Nel gennaio del 2005, poche settimane prima della sua morte, a 89 anni, Miller spedì altre 89 scatole al Ransom Center. «Mi ha sempre detto che sarebbe andato tutto in Texas, nell’unico posto logico», dice lo studioso britannico Christopher Bigsby, un amico di lunga data di Miller, che ebbe accesso all’archivio del drammaturgo per scriverne la biografia, nel 2009.
Julia Bolus dice che Miller, come un attento carpentiere, ha creato il suo archivio con lo stesso meticoloso senso della struttura che applicava a tutto. «Quando mi chiedeva di archiviare qualcosa, diceva: “Questo potrebbe valere 12 centesimi un giorno”. Sapeva che stava costruendo un archivio. Si rendeva conto che i pezzi del suo quotidiano aiutavano a costruire una documentazione ampia del suo lavoro».
In questa documentazione c’è anche quella che il suo biografo Bigsby ha definito “una grotta di Aladino” di scritti inediti: romanzi, storie, poesie, saggi e perfino discorsi. Ci sono le lettere personali che illuminano il suo lavoro, come una lettera del 1935 di suo fratello, Kermit, che annunciava la sua iniziazione a «questa onorata fraternità dei commessi viaggiatori».
Un repertorio dell’archivio rivela delle pagine del diario relative alla Monroe. Ma non riporta alcuna corrispondenza personale tra lei e Miller, oggetto di molte speculazioni. In un articolo del 2002 su Talk Magazine, Brown, l’uomo che si occupò dei primi depositi al Ransom Center, disse di essersi imbattuto in uno strano pacchetto, e che Miller gli disse che conteneva quasi 100 lettere della Monroe. «Era tutto sigillato e legato», ricordava Brown, oggi in pensione.
Nella sua autobiografia Svolte ( Timebends) Miller fa riferimento alla corrispondenza con Marilyn Monroe e una delle appassionate lettere d’amore che le scrisse è stata battuta a 43.750 dollari durante un’asta a Beverly Hills, nel 2014. «Era una lettera veramente esagerata, un salto sul divano alla Tom Cruise», dice Bigsby. Tuttavia, sul fatto che esista ancora un filone segreto, Bigsby è scettico: «Quando glielo chiesi, mi disse che non aveva più di 4 o 5 delle lettere di Marilyn».