la Repubblica, 11 gennaio 2018
L’amaca
Affidandoci al buon senso, e sapendo quanto sia insidioso avventurarsi in un campo minato, avevamo già detto, in parecchi e anche parecchie, che un conto è la violenza sessuale o la molestia manesca, specie se aggravate da abuso di potere; un conto la comunicazione maldestra del proprio eros (dicevano le vecchie zie, liquidatorie, a proposito di svariati atteggiamenti umani: “quello lì è solo un gran maleducato”).
Ora ci è di conforto quanto dicono diverse signore francesi, la più nota delle quali è Deneuve, a parziale correzione della nota e meritevole campagna americana # MeToo. Parziale perché riconoscono, le francesi, essere un gran bene che di queste cose si parli, per l’annosa questione del dare voce a chi non ne ha; e però mettono a fuoco i rischi di puritanesimo, caccia alle streghe, dagli all’untore, sessuofobia che la campagna si porta dietro.È quella che si direbbe una posizione dialettica, dunque forse poco comprensibile all’impetuoso sentimentalismo che oltre Atlantico permea il discorso pubblico (e poco traducibile dai media, che tendono, per mestiere, a semplificare). Ci si perdoni la civetteria francofila, ma anche dal punto di vista lessicale e sintattico il documento delle francesi prevale nettamente su quanto si è fino adesso sentito dire dalle amiche americane, ivi compresa la magnifica Oprah Winfrey, commovente quanto basta per immaginarla futura candidata dem tra palloncini e lacrime. La vecchia Europa è servita per ricordarci che anche le sfumature avevano urgente bisogno di far sentire la loro voce.