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 2018  gennaio 11 Giovedì calendario

Dal nucleare al solare, così rinasce Chernobyl

MOSCA Cento metri corrono tra l’apocalisse e la rinascita di Chernobyl, tra le ceneri del reattore numero 4, esploso il 26 aprile del 1986, e i pannelli fotovoltaici di un nuovo parco solare. Tornare a produrre energia, stavolta dal Sole, dove sorge la centrale atomica teatro del più grave incidente nucleare della storia: l’Ucraina prova così a ridare vita alla cosiddetta “Zona di esclusione”, la vastissima area interdetta per almeno i prossimi 24mila anni nel raggio di trenta chilometri dal cadavere del reattore assassino. Nel 1986 le sue radiazioni raggiunsero quasi tre quarti del continente europeo e provocarono la morte di una sessantina di persone. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, però, in ottant’anni i decessi saranno oltre 4mila.
Da oltre trent’anni la Zona di esclusione è il regno di questa morte invisibile e della desolazione spettrale. La natura è rifiorita e, seppure per poche ore, i turisti possono visitare le rovine delle città abbandonate, ma l’area resta inadatta alla coltivazione, alla caccia e all’industria. Perciò non era mancato lo scetticismo quando, nel luglio 2016, il ministero ucraino per l’Ecologia aveva presentato un piano per far rinascere grazie alle rinnovabili gli oltre suoi 2.500 ettari interdetti. Oggi, invece, il sogno di Kiev di far tornare a pulsare il suo “buco nero” diventa realtà.
La centrale solare che verrà inaugurata nelle prossime settimane è opera di Solar Cernobyl, una joint venture tra la compagnia ucraina Rodina e l’azienda tedesca Enerparc. Avrà una potenza simbolica di un megawatt, ma l’obiettivo finale è centuplicarla. Il consorzio ha speso un milione e 200mila euro per installare su poco più di un ettaro e mezzo circa 3.800 pannelli solari che soddisferanno i consumi di circa 2mila famiglie.
È solo il primo stadio di un progetto da 100 milioni di euro. E non è l’unico. Oltre 60 aziende straniere, come due sussidiarie delle compagnie cinesi Glc e Sinomach, hanno presentato progetti per sfruttare le energie rinnovabili nell’area interdetta.
La compagnia francese Engie sta già effettuando gli studi di pre-fattibilità per una struttura da un miliardo di euro.
Il piano di sviluppo delle rinnovabili nella Zona di esclusione è stato reso possibile solo dopo l’installazione nel 2016 di un nuovo sarcofago in acciaio che meglio isola il cuore ancora attivo del reattore numero 4. In meno di un anno ha ridotto di dieci volte i livelli di radioattività nei pressi della centrale. Anche se precauzioni restano necessarie. I sostegni dei pannelli fotovoltaici del parco solare presto operativo di Solar Cernobyl, ad esempio, non sono stati impiantati direttamente sul terreno contaminato, ma su piattaforme di cemento.
«La terra a basso costo e l’abbondante luce solare costituiscono solide fondamenta per il nostro progetto», sostiene Ostap Semerak, ministro ucraino per l’Ecologia. Ad allettare le compagnie straniere è anche la presenza d’infrastrutture, come la rete elettrica disposta in passato per portare energia dalla defunta centrale nucleare al resto del Paese. Come pure la remuneratività dell’investimento: Kiev offre terreni a basso costo e tariffe di riacquisto dell’energia che superano in media del 40 percento quelle applicate in Europa. A Solar Cernobyl pagherà 15 centesimi di euro per kilowatt l’ora fino al 2030.
L’Ucraina del resto vuole ridurre la sua dipendenza energetica da Mosca dopo le tensioni sorte nel 2014.
Se tutti i progetti in discussione venissero ultimati, l’area di Chernobyl – sostiene Semerak – potrebbe arrivare a produrre 2,5 gigawatt di energia solare, circa la metà di quella generata dalla centrale nucleare prima del disastro. Ma stavolta a rischio zero. «Pezzo per pezzo – afferma Evgenyj Variagin, direttore esecutivo di Rodina – vogliamo ottimizzare la zona di Chernobyl.
Deve smettere di essere un buco nero in mezzo all’Ucraina».