La Stampa, 11 gennaio 2018
La Parigi Belle Epoque del mago dei sogni Méliès
Ottant’anni fa moriva a Parigi Georges Méliès, forse il vero inventore del cinema, se per cinema si intende non tanto la tecnica – che, va da sé, si deve ai Lumière – ma l’arte di far sognare, immaginare, creare effetti speciali... la magia, insomma. D’altra parte lui, Méliès, era un mago, uno di quelli che tagliano in due le signore e fanno sparire la gente negli armadi, un personaggio a metà fra lo Splendini di Woody Allen e il grande illusionista Robert Houdin (da non confondere con l’americano Harry Houdini), di cui era un ammiratore. E andare oggi sulle tracce di Méliès a Parigi è un’operazione vagamente magica, sospesa fra realtà e immaginazione.
Per cominciare, la sua casa natale, al n. 29 di boulevard Saint-Martin, dove una targa ricorda che lì è nato «l’8 dicembre 1861 Georges Méliès, creatore dello spettacolo cinematografico, prestigiatore, inventore di numerose illusioni». È a Londra, dove il padre, fabbricante di scarpe, lo ha mandato a imparare la lingua e a impratichirsi con il commercio, che Georges scopre l’illusionismo del grande David Devant e ne rimane affascinato. Tornato a Parigi, si mette a fare il prestigiatore nelle brasseries della Galerie Vivienne e al Cabinet Fantastique del Museo Grévin. Due luoghi perfetti per rivivere atmosfere alla Méliès. La Galerie Vivienne, del 1823, è uno dei più bei «passage» parigini, a due passi da Palais Royal. E il Museo Grévin, al n. 10 di boulevard Montmartre – ma si entra anche dal vicino fascinoso Passage Jouffroy del 1836 – sembra arrivare dritto dalla Parigi di Méliès. Non esiste più purtroppo, demolito nel 1924, il Teatro Robert-Houdin, al n. 8 del boulevard des Italiens, che Méliès acquista nel 1888 (compresi una dozzina di automi creati da Houdin) e dove allestisce leggendari spettacoli di magia. E solo una targa sulla facciata del lussuoso Hotel Scribe ricorda il Salon Indien du Grand Café al 14 di bd des Capucines dove il 28 dicembre 1895 si tenne la prima proiezione pubblica del cinematografo dei Lumière: Méliès rimase folgorato tanto da mettere «il cinematografo nel cappello per farci uscire il cinema» come scrive Morin.
Poi si prende il métro 9, fermata Croix de Chavaux, e ci si ritrova a Montreuil, periferia Est, dove Méliès aveva costruito i suoi due studi di registrazione, al n° 3 di rue François-Debergue. Qui girò la gran parte dei suoi film più visionari, compreso il Viaggio nella luna, il primo film a essere dichiarato Patrimonio dell’Unesco. Immagini d’epoca mostrano gli studi come gigantesche serre di vetro, inondate di luce: oggi rimane giusto un grande platano nel cortile. Gli studi vennero distrutti nel 1947, ma Mèliès aveva dovuto abbandonarli molto prima: alla vigilia della prima guerra mondiale era ormai rovinato e, disperato, distrusse gran parte del suo lavoro, bruciando le pellicole (molte trasformate in celluloide per farci i tacchi delle scarpe, in una sorta di nemesi familiare). Ciò che è stato recuperato, insieme a vari documenti, dalla nipote Madeleine, che ha fondato l’Association des Amis de Georges Méliès, si trova oggi alla Cinemathèque di rue Bercy, altra meta obbligata.
La terza vita di Méliès è quella che Scorsese ha raccontato nel film Hugo Cabret. Nel 1925, vedovo, ritrova la sua attrice prediletta Jehanne d’Alcy, che gestisce una bottega di dolci e giocattoli nella Gare Montparnasse. È qui che nel 1929 lo incontra Léon Druhot, il direttore di Ciné-Journal. Così Mèliès riceve la Legion d’onore nel 1931 e passa gli ultimi anni al Castello di Orly: il castelluccio era all’epoca casa di riposo della Mutuelle du cinéma, poi ha ospitato la Scuola Georges Mélies per professionisti della settima arte, ora trasferita in una vicina struttura moderna. Mélies muore nell’ospedale Leopold Bellan, a Parigi, il 21 gennaio 1938, funerali nella chiesa di Notre Dame du Bon Travail e sepoltura al Père Lachaise. A ricordarlo un busto, e la semplice aggiunta di «creatore dello spettacolo cinematografico». Sulla tomba molti lasciano messaggi, spesso scritti su biglietti del cinema. Il busto in bronzo si è ossidato e ha prodotto una colatura verde che fa venire in mente le tonalità «fluo» della colorazione a mano dei suoi vecchi film. Quel mago di Mèliès crea effetti speciali anche dall’oltretomba.