La Stampa, 11 gennaio 2018
Donald Trump: «Salvo i dreamers, ma voglio il muro»
L’immigrazione è diventata il primo punto nell’agenda del presidente Trump per il nuovo anno. Da una parte, perché un giudice gli ha imposto di ristabilire il programma Daca per proteggere gli illegali portati negli Usa dai genitori quando erano bambini; dall’altra, perché con il vertice convocato martedì alla Casa Bianca spera di aver aperto la porta ad una riforma complessiva del problema, che eviti anche lo «shut down» del governo, nonostante le sue parole abbiano già provocato la reazione negativa dei sostenitori più conservatori.
Il presidente Obama nel 2012 aveva creato il Deferred Action for Childhood Arrivals (Daca), con lo scopo di evitare la deportazione di circa 800.000 illegali arrivati quando erano minorenni. L’anno scorso Trump aveva annunciato la fine di questo programma, dando però tempo al Congresso fino al 5 di marzo per trovare l’accordo su una legge che risolva il problema. Lo stesso presidente, infatti, ha detto che non avrebbe senso cacciare dei bravi cittadini, che in teoria avevano violato la legge attraversando il confine, ma non ne hanno chiaramente alcuna responsabilità.
Il capo della Casa Bianca punta a spingere i parlamentari di entrambi i partiti all’intesa complessiva, e spera di collegarla al provvedimento necessario a rifinanziare le attività dello Stato, che scade tra pochi giorni. Il compromesso proposto ai democratici è questo: io salvo gli 800.000 dreamers, ma voi in cambio stanziate i fondi per la costruzione del muro lungo il confine col Messico, fermate l’immigrazione familiare a catena che consente a chi riceve la carta verde di sponsorizzare altri parenti, e chiudete la lotteria che ogni anno assegna circa 50.000 carte verdi a caso, non basate sul merito. Nello stesso tempo rifinanziamo lo Stato, per evitare lo «shut down», cioè lo stop delle attività non essenziali. Nel pomeriggio il presidente ribadisce: «Ogni soluzione (sull’immigrazione) deve contemplare il muro. No, non firmerei un provvedimento senza il muro. Ci serve per la sicurezza».
Martedì Trump ha invitato alla Casa Bianca alcuni parlamentari di entrambi i partiti, e si è spinto anche oltre. Ha detto di essere favorevole a fare la riforma complessiva dell’immigrazione, inclusa la definizione di un percorso per portare alla cittadinanza gli 11 milioni di illegali che oggi vivono negli Usa. Quando il senatore Graham, repubblicano ma favorevole a questa soluzione, gli ha fatto notare che sarebbe stato attaccato dai suoi stessi sostenitori di destra per l’apertura fatta, il presidente ha risposto così: «Pazienza. Sopporterò il calore, sono nato per questo».
I problemi ora sono due. Il primo è che il giudice di San Francisco William Alsup ha decretato che il Daca deve restare in vigore, e questo toglie la pressione dalle spalle dei parlamentari, perché non hanno più l’obbligo di trovare una soluzione entro il 5 marzo, comunque decida di rispondere la Casa Bianca. Il secondo è che i suoi sostenitori si sono ribellati, perché vedono nell’«amnistia» per gli illegali il tradimento delle promesse elettorali di Trump. Ora si tratta di vedere se il presidente riuscirà a ricomporre la situazione, per ottenere un risultato di compromesso che sarebbe davvero storico.