La Stampa, 11 gennaio 2018
Europa e Cina alla guerra dei robot. L’Ue lancia il piano da un miliardo
Il 2019 non sarà quello descritto da Ridley Scott nel primo Blade Runner. Niente replicanti usati come forza lavoro, da eliminare in caso di ribellione. Ma il comparto industriale mondiale potrà contare su più di 2,6 milioni di robot: il doppio degli abitanti di Milano, un po’ meno di quelli di Roma.
Nel 2017 ha già superato quota 2 milioni, di cui oltre la metà in Asia. E l’anno che è appena iniziato segnerà un sorpasso storico: il numero di robot impiegati nell’industria cinese supererà quello dell’intera Europa a Ventotto.
Il pressing cinese si fa asfissiante, ma l’Europa resta leader per quanto riguarda la densità di robot nelle sue imprese. Ce ne sono quasi due (1,9) ogni mille lavoratori. In Germania più di tre. E sono destinati ad aumentare. Bisogna fare in modo di trovare un posto per tutti, salvaguardando occupazione, produttività e competitività. Bruxelles sta preparando le contromosse per non farsi scavalcare dall’avanzata asiatica: alla fine di aprile la Commissione Ue lancerà una «strategia per la robotica e l’intelligenza artificiale». «Dobbiamo fare in modo che i nostri cittadini e le nostre imprese sfruttino al meglio i benefici, ma al tempo stesso risolvere gli aspetti etici, legali e socio-economici» dice Andrus Ansip, ex premier estone, attuale vicepresidente della Commissione Ue che si occupa di dare forma al mercato unico digitale Ue. Proprio oggi, invece, la commissaria Mariya Gabriel (Economia digitale) svelerà il progetto per la realizzazione di un’infrastruttura europea per i Supercomputer: un investimento da un miliardo di euro (metà dalla Commissione, metà dagli Stati) che promette benefici in campo industriale, scientifico, sanitario, ambientale ma anche per la sicurezza e la difesa, soprattutto dai cyberattacchi.
Le barriere da abbattere
L’Ue non vuole perdere i suoi primati, visto che resta numero uno anche per quanto riguarda la produzione di robot: su 700 aziende attive sul mercato globale, 243 si trovano all’interno dell’Ue. Ci sono però diversi ostacoli da superare per non rimanere indietro. Il principale ha a che fare con la frammentazione. Troppe barriere nazionali tra i Paesi Ue. «Industria 4.0 giocherà un ruolo sempre più importante nella manifattura globale» scrive il ricercatore Georgios Petropoulos in uno studio pubblicato dal think tank di Bruxelles «Bruegel». Per questo è necessaria una «rimozione degli ostacoli come la complessità dei sistemi o l’incompatibilità dei dati». Lo sviluppo del cloud nella robotica, per una libera circolazione dei dati, è uno dei punti-chiave delle proposte targate Ansip.
Automotive, ma non solo
La robotica continua a trovare il suo habitat naturale nel settore automobilistico, di gran lunga il più avanzato in questo senso con oltre 170 mila robot attivi soltanto in Europa. Ma le cose stanno cambiando. L’attività estrattiva e gli altri settori manifatturieri sono quelli che registrano il più forte tasso di robotizzazione e ormai l’impiego di questi «assistenti» non è più un’esclusiva delle grandi industrie. Il report presentato nei mesi scorsi dalla Federazione Internazionale della Robotica registra un trend che va nella direzione di un’espansione anche nelle piccole-medie imprese: l’acquisto in leasing dei macchinari e la loro semplificazione, che non richiede tecnici ad alta specializzazione, aprono le porte anche delle aziende minori.
Il nodo occupazione
Se Berlino è leader Ue e il quinto Paese sulla scena mondiale (dopo Cina, Corea del Sud, Giappone e Usa), l’Italia è certamente nel gruppo di testa insieme con la Svezia per quanto riguarda la densità di robot (1,9 ogni mille lavoratori nel nostro Paese). Il vero interrogativo riguarda i possibili effetti negativi sull’occupazione. Il 74% dei cittadini europei è convinto che i robot rubino il lavoro (Eurobarometro). Bill Gates ha proposto una tassa ad hoc. Uno studio presentato dal Club Ambrosetti a settembre stima in circa 3 milioni i posti a rischio nei prossimi 15 anni nel nostro Paese, con il manifatturiero e il commercio in testa alla lista dei settori più vulnerabili. Ma il report dice anche che, potenzialmente, lo sviluppo della robotica potrebbe crearne altrettanti. Un saldo zero che, comunque, vedrebbe un guadagno in termini di sicurezza, efficienza e produttività. «La sfida dell’Europa – sostiene Ansip – è di aiutare i lavoratori ad acquisire le competenze adeguate. Stiamo già lavorando con diversi schemi di formazione. Non vogliamo una situazione in cui ci siano i vincitori e gli sconfitti dell’economia digitale».