il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2018
Due generazioni per rimborsare: il debito di Roma lo pagano tutti
Chi è responsabile del gigantesco indebitamento che grava sul Comune di Roma e condiziona ogni decisione politica che riguarda la Capitale? E chi si è impegnato davvero per ridurlo? Il debito del Comune di Roma (oggi Roma Capitale) si compone di due parti: quello contratto prima del 28 aprile 2008 affidato a una gestione commissariale e quello accumulato dopo, che rientra nella gestione ordinaria.
La polvere sotto il tappeto del 2008
La gestione commissariale, che fu istituita dal governo Berlusconi quando era sindaco Gianni Alemanno, ha in dote 500 milioni di euro l’anno, di cui 300 trasferiti dallo Stato centrale e 200 versati da Roma Capitale che li ricava da una maggiorazione di 0,4% dell’addizionale comunale sull’Irpef e dai ricavi di una sovrattassa sui turisti in partenza dagli aeroporti di Fiumicino e Ciampino.
A distanza di quasi 10 anni, ancora non è possibile quantificare con esattezza a quanto ammontava il debito accumulato fino al 28 aprile 2008, principalmente per “gravi criticità riconducibili a una sostanziale commistione nella gestione contabile tra il conto ordinario di Roma Capitale e quello della gestione commissariale”.
Al 31 dicembre 2016 il debito finanziario della gestione commissariale era di 8.991 milioni di euro, di cui 5.017 di quota capitale e 3.974 di quota interessi (valore attuale dei flussi di cassa attesi). Il debito commerciale (presunto) era, invece, di 1.323 milioni, pari al saldo tra 3.152 milioni di debiti (massa passiva) e 1.829 milioni di crediti (massa attiva). In totale fanno 10,3 miliardi di euro residui di debiti antecedenti al 28 aprile 2008. A questi si aggiungono quelli generati da allora in poi, in gran parte accumulati dallo stesso Alemanno tra il 2008 e il 2013. Sempre al 31 dicembre 2016 il debito finanziario della gestione ordinaria è di 1.201 milioni euro (sola quota capitale), mentre il debito complessivo è di 5.066 milioni (aumentato di 702 milioni nel solo 2016).
Riassumendo, considerando il solo debito finanziario, Roma Capitale deve smaltire 6.218 milioni di capitale residuo su mutui e prestiti a carico della gestione commissariale e ordinaria. E con la riforma costituzionale del 2001, è stata introdotta la cosiddetta golden rule sugli investimenti, ovvero che gli enti territoriali sono tenuti al pareggio di bilancio per la parte corrente e possono ricorrere all’indebitamento solo per investimenti e a determinate condizioni.
Il debito storico in carico alla gestione commissariale si riferisce a 1.469 contratti di mutuo, di cui 1.339 accesi con Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e il resto con istituti di credito privati tra cui Banca Dexia Crediop, Intesa San Paolo, Unicredit. L’83 per cento del debito residuo è su mutui a tasso fisso e il 17% a tasso variabile, con un costo medio del debito pari al 4,2%. La parte del leone spetta ai Buoni obbligazionari comunali (Boc) emessi in tre tranche a partire dal 2003 dal sindaco Walter Veltroni (Pd) per 1,4 miliardi di euro, con scadenza 27 gennaio 2048, quando dovrà essere restituito l’intero capitale, per il quale non si stanno facendo accantonamenti. Hanno un tasso di interesse fisso al 5,345%, che a suo tempo era compatibile con i tassi di mercato, ma che oggi appare troppo oneroso, causando una spesa per interessi di circa 75 milioni di euro l’anno.
Il passato non basta: si ricomincia
Una volta spostato il debito pregresso alla gestione commissariale, l’amministrazione di Roma Capitale, con la gestione Alemanno, ha provveduto subito a crearne di nuovo. Tra mutui ordinari, prestiti e aperture di credito con le banche, alla fine del 2012 erano stati accumulati 1,22 miliardi di euro di nuovo debito. Dal 2013, con la gestione di Ignazio Marino, Pd, non si è fatto più ricorso a prestiti e i nuovi mutui sono di importo inferiore alla quota di capitale rimborsata, favorendo una progressiva leggera discesa del debito. Dal 2009 al 2016 sono stati già pagati 165 milioni di euro di interessi.
Il debito finanziario della gestione ordinaria di Roma Capitale è composto da 144 posizioni debitorie nei confronti di 7 istituti di credito. Le due controparti istituzionali detengono l’81 per cento del debito residuo. Più della metà dei mutui, sia in termini numerici che di importo, è stato acceso con Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), in prevalenza a tasso fisso. Per un altro 30% circa, Roma Capitale è esposta nei confronti della Banca Europea per gli Investimenti (Bei), con una quota maggiore di mutui a tasso variabile. Tutte le posizioni debitorie nei confronti delle banche commerciali sono state aperte da Alemanno. Al 31 dicembre 2016 restavano da restituire 691 milioni di euro di mutui e prestiti a tasso fisso (il 57,5% del totale) e 511 milioni a tasso variabile (42,5%)
I primi debiti saranno definitivamente smaltiti nel 2028, a testimonianza della lunga durata delle obbligazioni assunte dalle amministrazioni di Roma Capitale. Bisognerà attendere il 2044 per vedere l’estinzione di tutti gli attuali debiti finanziari, quando andranno in scadenza i 27 mutui concessi da Cassa Depositi e Prestiti, tutti a tasso fisso con un interesse medio del 4,46% annui. Il tasso di interesse pagato sui debiti finanziari al 31 dicembre 2016 è mediamente del 2,24%. Per i mutui e prestiti a tasso fisso la media è del 3,59%, variando tra un minimo di 1,82% per un mutuo di 28 milioni di euro concesso dalla Banca europea degli investimenti a un massimo di 4,49% annui per 12 mutui con Cassa Depositi e Prestiti per un ammontare di 280 milioni di euro di importo nominale, che scadranno alla fine del 2044. Cassa Depositi e Prestiti ottiene ottimi rendimenti sulle spalle dei cittadini romani. Per i mutui a tasso variabile, invece, l’interesse medio è dello 0,41%. Quello più alto, pari attualmente al 2,29%, è pagato per alcuni prestiti ventennali concessi tra il 2012 e il 2013 da Dexia Crediop e da Intesa San Paolo per un totale di 15 milioni di euro.
I 7 mutui accesi con la Bei, con scadenza compresa tra il 2030 e il 2036, sono finalizzati a investimenti sulla rete metropolitana: 238 per la metro B (88 per il prolungamento B1 e 150 per il materiale rotabile) e 198 milioni per la metro C. Altri 240 milioni (di cui 150 per la linea C e 64 per il prolungamento B1) sono stati oggetto di mutui richiesti a Cdp. Quasi 700 milioni di euro di debiti per la rete metropolitana.
Dal Giubileo all’Atac, i conti da pagare
Ai romani è toccato anche sostenere parte degli oneri del Giubileo, con 7 mutui ordinari di durata ventennale per complessivi 40 milioni di euro concessi da Cdp a tassi di interesse compresi tra il 2,27% e il 2,69%, di cui 7,7 milioni trasferiti in conto capitale ad Atac, 3,5 per bagni pubblici e aree verdi e i rimanenti 29 per opere viarie. Non si farà in tempo a ripagare il debito che ci sarà un nuovo Giubileo.
Sarebbe anche interessante conoscere l’esito di questi investimenti, come pure se sono iniziati gli interventi di adeguamento alla normativa di prevenzione antincendio degli edifici scolastici, per i quali sono stati contratti nel 2016 mutui per 44 milioni euro che si vanno ad aggiungere ai 64 milioni di interventi di vario tipo sul patrimonio edilizio scolastico dell’era Alemanno. Sempre nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012 si sono succeduti una serie di finanziamenti per un importo complessivo di 150 milioni di euro finalizzati alla manutenzione straordinaria o altri interventi su viabilità e illuminazione. Soldi spesi che saranno rimborsati negli anni a venire, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Tra gli impegni più rilevanti, oltre a quelli già citati e altri etichettati come investimenti vari, si evidenziano 2 mutui a tasso variabile con Cdp di 56,7 milioni per trasferimenti in conto capitale ad Acea; un mutuo trentennale di 20,7 milioni di euro del 2012 per la realizzazione di un edificio da destinare al museo nazionale dello Shoah (tasso fisso al 4,49%), collocato nella Casina dei Vallati in via Portico d’Ottavia e inaugurato il 16 ottobre 2015; un mutuo trentennale da 13,8 milioni con Cdp per la costruzione delle complanari dell’autostrada Roma-L’Aquila (tasso fisso al 4,3%) e uno ventennale di 12 milioni di euro, sempre con Cdp, per la realizzazione del sistema di trasporto pubblico a servizio dei corridoi Eur-Tor de’ Cenci ed Eur-Tor Pagnotta (tasso variabile al 2,07%).
Tra l’addizionale Irpef, la soprattassa aeroportuale e il finanziamento statale per ripianare il debito storico da un lato e gli 80 milioni di euro a bilancio per le rate del debito ordinario dall’altro, i romani non se la passano bene. Gli investimenti finanziati non hanno migliorato la qualità della loro vita. E andremo avanti così fino alla prossima generazione.