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 2018  gennaio 10 Mercoledì calendario

Alessia Iacopini: «Bellomo era Jekyll e Hyde. Gli ho bloccato il telefono»

“Era come dottor Jekyll e mister Hyde. Molto Hyde. Mi scriveva messaggi, tanti. Ho cercato di chiudere con le buone, ma alla fine ho dovuto bannarlo”. Così Alessia Iacopini riassume, con un sorriso, la sua vicenda con Francesco Bellomo. La giovane pm di Massa da settimane compare come una delle ex allieve di spicco della scuola del giudice del Consiglio di Stato travolto dallo scandalo. Iacopini ha preferito ignorarlo, poi gli amici le hanno segnalato gli articoli in cui veniva citata. Così ha deciso di parlare con le persone di cui si fida: “Perché non ho nulla da nascondere”, sorride con un collega. Non solo: Iacopini è uno dei pm che in quest’ultimo anno si sono esposti di più: sua, e del procuratore di Massa Aldo Giubilaro, è l’inchiesta sui pestaggi nella caserma dei carabinieri di Aulla (37 indagati). A Iacopini proprio non andava giù che più di un anno di indagini fosse messo in discussione accostando il suo nome a quello di Bellomo. Così ha deciso di raccontare ai colleghi che le chiedono notizie: “Mi sono laureata nel 2009 e ho frequentato il corso dal 2010 al 2012. Ma in quel periodo non ho avuto quasi contatti con Bellomo”.
Non si tira indietro questa giovane pm con una storia particolare. Lineamenti delicati, sì, bella, con un passato da modella che ricompare come un’accusa dopo l’inchiesta sui carabinieri. Ma anche tosta: “Ogni sera la sua luce è accesa fino a mezzanotte”, dicono i collaboratori. Lei non smentisce: “Sto in ufficio giorno e notte. Neanche il tempo di un gelato”. Mentre piombavano polemiche e interrogazioni parlamentari su Giubilaro e l’inchiesta. E ora la storia di Bellomo: “Io per anni quasi non l’ho visto. Andavo a Roma per il corso. Lui spesso non c’era, le lezioni erano in videoconferenza”. E quei comportamenti di cui le ragazze oggi parlano? “All’inizio non mi ero accorta di niente. Poi qualcosa è cambiato. Io avevo già fatto l’esame da magistrato, quindi non sarei comunque stata… ricattabile. Non avevo niente da chiedere. Ho cominciato a scrivere per il giornale della scuola. Articoli di diritto. E conoscevo Bellomo”. Iacopini non si tira indietro: “Lo frequentavo, sì. Niente da nascondere, niente di cui vergognarmi. Ma poi la situazione è cambiata quando ho deciso di tirarmi indietro. Non lo accettava. Sono cominciati i messaggi. Sempre più frequenti. Più insistenti. Ho cercato di chiuderla bene, in modo amichevole. Ma quando ho capito che sarebbe stato difficile l’ho bannato. Gli ho impedito di comunicare con me. Per me poteva fare quello che voleva… non ho niente da nascondere. Se mi avesse accusato di qualcosa, lo avrei querelato”. Ma allora cosa poteva temere? “C’era chi sosteneva che, se avessi sbattuto la porta, sarebbero potuti uscire articoli contro di me sul giornale della scuola. Mi sarebbe dispiaciuto per chi mi conosce, per la mia famiglia. Io sono tranquilla”.
Iacopini sorride, ma non deve essere stata un’esperienza facile. “Dottor Jekyll e mister Hyde”, ripete. E cerca di spiegare l’atmosfera che si respirava: “Bellomo è una testa notevole. Un insegnante molto bravo. Ma presto notavi che aveva anche un’altra personalità. C’era uno scatto… come quando qualcuno ‘osava’ non rispondergli al telefono. Andava su tutte le furie, anche con il suo amico Davide Nalin. ‘Tu non puoi permetterti di non rispondere’, urlava”. Iacopini cerca di spiegare il confine che Bellomo sapeva annullare tra studio e vita privata: “Lui aveva quest’idea della formazione a 360 gradi del futuro magistrato e della sua personalità. Voleva insegnare a scegliere. Diceva che le decisioni devono essere prese anche con un criterio gerarchico”. Prevale la gerarchia. E lui, Bellomo, era al vertice. Poteva decidere. Fino a influenzare l’esito degli esami di magistratura? “Mi sembra impossibile. Bellomo ci scherzava su, rideva quando qualcuno lo scriveva sul forum della scuola”. Sì, Bellomo leggeva i messaggi degli studenti. Voleva sapere, controllare. “A un certo punto ho capito che la situazione stava… sfuggendo al controllo. Ho dato un taglio netto. Io non avevo niente da chiedere, niente da temere”.