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 2018  gennaio 10 Mercoledì calendario

Grande alleanza di filiera: così è ripartita la moda

I francesi hanno molti grandi brand della moda, ma l’Italia, oltre ai marchi, possiede una filiera industriale di alta qualità, che va difesa e sviluppata. Con investimenti tecnologici, come quelli sostenuti dai finanziamenti pubblici di Industria 4.0; con la formazione, in modo da preparare i giovani a svolgere mestieri a tutti i livelli; con gli accordi internazionali, che valorizzino la sostenibilità e l’origine dei prodotti e contrastino la contraffazione; e con i contributi alle fiere leader, contenuti nel piano governativo per il made in Italy che, per il triennio 2018-2020, conferma 150 milioni all’anno.
All’inaugurazione del Pitti Uomo, il più importante salone al mondo della moda maschile che si è aperto ieri a Firenze (1.243 marchi, per il 45% stranieri, espongono fino a venerdì le collezioni per l’autunno-inverno 2018-2019), istituzioni e aziende delineano potenzialità e bisogni di un settore che «si è salvato dalla globalizzazione non governata che l’aveva investito in pieno», come ha detto il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Un settore che ha ritrovato negli ultimi anni una strategia di sistema, e nel 2017 è ripartito: +2,1% il fatturato dell’industria della moda maschile, arrivato a sfiorare 9,2 miliardi e trainato dal +3% dell’export che ormai pesa per il 65%, e che ha portato il saldo della bilancia commerciale al record di due miliardi di euro (stime Smi).
Un record che ha una spiegazione. «La moda italiana oggi è importante quanto quella francese, anche perché loro hanno grandi marchi, certo, ma solo qui, nel nostro Paese, si può costruire un capo dall’inizio alla fine», ha sottolineato Claudio Marenzi, presidente di Pitti Immagine (la società fiorentina che organizza la fiera) e a capo di Confindustria Moda, la super-federazione del settore nata ufficialmente il 1 gennaio 2018 dopo un anno di incubazione.
«L’Italia ha dato vita a una settimana della moda maschile – ha aggiunto Marenzi – formata dai quattro giorni del Pitti Uomo e dai quattro giorni delle sfilate milanesi, che si completano in maniera perfetta: su questa strada dobbiamo continuare a collaborare. I nostri nemici sono fuori dall’Italia».
La collaborazione Firenze-Milano è considerata strategica anche dal ministro Calenda: «Il meccanismo di governance che abbiamo messo in piedi non deve cadere con la fine del Governo – ha sottolineato Calenda – ma deve andare avanti. Non ci dobbiamo fermare, anche se il modello che abbiamo messo in piedi potrà aver bisogno di ulteriori aggiustamenti, visto che il settore è investito da grandi cambiamenti che avanzano a una velocità inimmaginabile». La rivoluzione è nei canali di vendita, nella distribuzione, e a monte nella produzione e aggiunge rischi a quelli generati dai competitor degli altri Paesi.
Per questo gli operatori sono consapevoli di dover lavorare per rafforzare il settore. Andrea Cavicchi, presidente del Centro di Firenze per la moda italiana azionista di Pitti Immagine, insiste sulla formazione, comparto che ha coordinato al Tavolo nazionale della moda, istituito proprio da Calenda: «Al settore mancano giovani preparati, dobbiamo accelerare su questo terreno». Leonardo Bassilichi, presidente di Firenze Fiera e della Camera di commercio di Firenze, che ha ospitato, nella sede ristrutturata in riva all’Arno, l’inaugurazione di questa 93esima edizione del Pitti Uomo, rilancia il restyling della sede espositiva della Fortezza da Basso, in attesa da decenni: «Abbiamo quasi 80 milioni da investire, di cui 50 della Camera di commercio, 20 del Governo e 10 di Firenze Fiera, per sviluppare il sistema fieristico e i saloni del Pitti», ha detto Bassilichi. E il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha annunciato che già entro l’anno partiranno i primi lavori (da due milioni di euro) per il restauro dei bastioni della Fortezza.
Ma la moda reclama anche regole. Quelle sull’origine dei prodotti e contro la contraffazione, invocate dall’assessore toscano alle Attività produttive, Stefano Ciuoffo. E quelle sulla sostenibilità, inseguite da Calenda: «Entro gennaio farà un accordo in Europa per far entrare in modo più forte la sostenibilità negli accordi internazionali di libero scambio: sarà questa la seconda fase della globalizzazione». Oggi in Europa entrano prodotti-moda senza controlli, a differenza di quanto fanno Paesi come la Cina, che hanno messo forti barriere all’import.