Libero, 9 gennaio 2018
Pound giornalista nella repubblica del Duce
«Chi si firma è perduto».
Era questa la battuta più gettonata nelle redazioni dei giornali della Repubblica sociale italiana. Una battuta che serviva a esorcizzare un pericolo reale, visto che scrivere su fogli ritenuti fascisti, ai tempi della guerra civile, poteva essere molto rischioso. Eppure, durante i seicento giorni della Rsi, quotidiani, settimanali e mensili sono stati numerosi. Così come numerosi sono stati quelli che hanno avuto il coraggio di “metterci la firma”, in alcuni casi poi pagando con la vita.
Tra i giornalisti “repubblichini” ce n’era anche uno particolarmente prestigioso. A volte i suoi pezzi erano semplicemente siglati «E.P.», ma molto spesso compariva il nome per esteso. Un nome di quelli che non passano inosservati: Ezra Pound. Tra il 1943 e il 1945 l’autore dei Cantos ha collaborato con diversi periodici di Salò. E adesso questa parte del suo lavoro arriva in libreria grazie a un volume di Fabrizio Vincenti, dal titolo Qui Ezra Pound, pagine poundiane nella Rsi, (Eclettica edizioni, pp.203, 18 euro).
L’elenco dei giornali che hanno pubblicato gli articoli di Pound è piuttosto lungo. Si va da L’idea sociale a La provincia lavoratrice, da Fiamma repubblicana a Il Lavoro, dal Secolo XIX a Marina Repubblicana, dove, tra l’altro, è comparso in anteprima un estratto del “Canto 73” dedicato al fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti. Ma è con un foglio nato in provincia, Il Popolo di Alessandria, che la collaborazione è stata più attiva. Duro e irriverente, Il Popolo di Alessandria venne catalogato dal ministero della Cultura popolare tra i giornali «rivoluzionari». E i pezzi di Pound, non retribuiti, erano il fiore all’occhiello della testata.
In totale lo scrittore ha firmato una sessantina di articoli. Affrontando i temi a lui più cari e congeniali, in particolare quelli economici. Così, portando avanti la sua battaglia contro l’usura, il poeta americano ha proposto in più occasioni, rifacendosi alle teorie dell’economista Silvio Gesell, l’utilizzo di una moneta deperibile, cioè che perda valore nel tempo e quindi scoraggi l’accumulo di “tesori” inattivi: «Quel che l’uomo ha creato, egli stesso può disfare. Basta creare una moneta che non goda la potenzialità di aspettare nel forziere fino al momento in cui favorisca il detentore della moneta stessa, e le possibilità di strozzare il popolo per mezzo della moneta, coniata o stampata, spariranno quasi da sé». Su questo argomento ha pure risposto per due volte, con garbo, a un lettore che lo criticava parlando di «fantasie».
Anche il suo ultimo articolo, pubblicato il 19 aprile 1945, era dedicato alla moneta. Con toni particolarmente battaglieri: «Una Nazione senza frontiere non ha moneta. La potenza di acquisto dell’unità monetaria dipende inesorabilmente dalla disponibilità delle merci necessarie al nutrimento del popolo; e che queste derrate siano al riparo della forza nemica; quindi il baluardo della lira si difende a mano armata, o non verrà difeso».
Ma non c’è soltanto l’economia. Nei suoi pezzi Pound si è occupato anche di storia, di istruzione e di temi più leggeri. Il primo maggio 1944, ad esempio, ha suggerito di far fronte alla scarsità di latte sviluppando l’utilizzo del burro di arachidi: «Non è un surrogato. Ha un sapore che molti preferiscono a quello del burro di latte. Si conserva per sei mesi in scatola aperta, senza ghiaccio. L’arachide è di coltivazione facile in terra adatta, cioè leggera o sabbiosa, non priva di umidità».
Sono però i commenti sugli Usa e sul conflitto quelli che gli hanno causato i maggiori guai. «Questa guerra», ha scritto il 13 febbraio 1944, «non s’iniziò nel 1939. Fa parte di una guerra millenaria fra l’usuraio e chiunque fa una giornata di lavoro onesto con le braccia o con l’intelletto». Il 7 settembre, poi, ha sferrato un duro attacco agli americani, considerati peggiori anche dei russi: «Credono, distruggendo con le bombe le Chiese, di soffocare nel cuore dei cattolici la fede religiosa, abbattendo case e uccidendo mamme e bambini credono di demolire la famiglia, che è il primo nucleo sociale di un popolo. Massacrano e calpestano le nostre terre convinti di estinguere nel nostro cuore di italiani l’amore per l’Italia».
Un amore che alla fine Pound ha pagato caro. Arrestato dai partigiani il 3 maggio 1945, è stato accusato di collaborazionismo e tradimento, finendo nel campo di prigionia di Metato. In tempo di guerra è così: chi si firma è perduto...