la Repubblica, 10 gennaio 2018
Gli amori spezzati che hanno rubato Azarenka al tennis
ROMA È un passato così torbido quello che contamina questa torbida storia di animi esacerbati, questo malaffare di sentimenti profanati, illusioni d’amore, ricchezza malgestita, affidamenti, avvocati vampiri e violenze verbali, che la notizia dell’ennesima rinuncia al tennis di Viktoria Azarenka suona come l’unica nota dignitosa in un concerto di colpi bassi: «Non posso lasciare la California perché a gennaio sarò in tribunale per l’affidamento di mio figlio Leo». Quindi niente Auckland, niente Australian Open ( «ringrazio per la wild card»). E niente “grunting”. Semplicemente Vika non c’è più. Nel breve comunicato si legge la disperazione della madre e l’imbarazzo dell’atleta. Dietro le scarne parole si intravede la pozzanghera di emozioni in cui la campionessa bielorussa sta affogando da almeno quattro anni, durante i quali ha disperso un raro patrimonio di personalità, fiaccata dagli errori e da tutti quei «rap della felicità» che le hanno imbrogliato le carte a cominciare dal tormentato amore con il figlio di Bubka fino ad arrivare agli occhialoni del rapper Redfoo (che scriveva canzoni per lei giurando amore eterno) e alle speranze, come lei stessa raccontava, «di una vita meravigliosa». La relazione con Billy The Kid ha chiuso i giochi. Leo è figlio di Vika e di Billy McKeague, bellone che giocava a hockey e che Vika conobbe alle Hawaii quando il ragazzo faceva l’intrattenitore in un resort di lusso, «dove tutto è illusione». Un rapporto breve e distruttivo che ebbe inizio quando Vika scoprì, all’ingannevole luce delle vacanze, che esisteva qualcuno con gli occhi più belli e intensi dei suoi. Per rassicurarla il padrone di quegli occhi le disse: «Per te faccio anche il mammo». Hanno litigato subito. Pochi mesi dopo la nascita di Leo (il 19 dicembre del 2016) già non si guardavano più in faccia. A luglio Vika si portò dietro il bambino per giocare a Wimbledon, nella sua fugace apparizione agonistica fra cento sberle private e mille sogni infranti (fu eliminata agli ottavi dalla Halep). Lo teneva fuori dal campo mentre si allenava, steso su un asciugamano con una penna in mano: «È il mio sparring partner ideale». Pareva l’inizio di una nuova esistenza ma era soltanto la fine della vecchia. Ad agosto si sono separati e Billy ha chiesto l’affidamento del bambino. Un tribunale di Los Angeles glielo ha riconosciuto. Vika è impazzita. Un amico del padre di Leo, Chris Wideman, padrino del piccolo, ha scritto: «La madre di Leo è una criminale, ha cercato di rapire il bambino». Possibile? Quanto può la vita privata incidere sull’attività agonistica? Non c’è limite. Una si mangia l’altra e poco importa se sei una top player. Anzi peggio. Perché hai molto più da perdere e tutti se ne accorgono. Vika ha fatto di tutto per complicarsi l’esistenza. Ha dato retta alle chimere e alla fine si è indurita. E dire che sua madre Alla l’aveva messa in guardia: «Fatti gli affari tuoi, sei troppo impulsiva, attenta a chi ti gira intorno!». Aveva vinto per due volte consecutive a Melbourne, Vika, era diventata numero uno del mondo, pareva l’unica in grado di opporsi a Serena Williams prima dell’avvento di Kerber, Halep, Muguruza e Pliskova. Tre passioni patologiche concluse allo stesso modo, con uno dei due che all’improvviso si spaventa perché «stiamo solo recitando una parte», l’hanno demolita. «Adesso è spiritata», ha detto la madre, «deve reagire». Ma quando gli venne riscontrato un tumore fu lei a consolare la figlia. Dimagrita otto chili, le poche volte che Vika è scesa in campo era evidente che non aveva più la forza per spingere. Strillava e basta. E non erano più i “grunting” dello sforzo agonistico, bensì i lamenti dell’essere umano nascosti in un tie- break. Viktoria Azarenka, 28 anni, aveva cominciato a giocare a tennis mentre sua madre lavorava come centralinista al National Tennis Center di Minsk. «Vedi quel muro? Prendi questa racchetta e vai a divertirti, ma per favore togliti dai piedi!». Non abbiamo ancora capito se ha smesso. Forse non l’ha capito nemmeno lei.