Il Sole 24 Ore, 9 gennaio 2018
Leva fiscale mirata sulle scelte di chi investe
Per valutare la filosofia di fondo della tassazione dei redditi di natura finanziaria non si può fare a meno di collegarla con quella dei redditi d’impresa. In questo modo ci si rende conto del fatto che il legislatore, anche se attraverso norme introdotte in epoche diverse e non sempre coordinate, persegue obiettivi ben definiti: incentivare la patrimonializzazione delle imprese anche attraverso la penalizzazione delle distribuzioni di dividendi e degli eccessi di indebitamento; incentivare gli investimenti soprattutto nell’innovazione.
Le imposte gravanti su una società di capitali non finanziaria poco indebitata (Ires al 24%, Irap al 3,9% e deducibilità del 10% dell’Irap da Ires) sono all’incirca pari al 28% del reddito lordo. Questa percentuale aumenta se aumenta l’indebitamento per l’indeducibilità degli interessi passivi dall’Irap e la parziale indeducibilità dall’Ires (entro il 30% del reddito operativo lordo). Se l’utile viene distribuito a una persona fisica residente, le imposte complessivamente pagate su quel reddito lordo da società e socio ammontano a circa il 47%. Considerato che un lavoratore dipendente, per quanto possa essere alto il sui reddito, non subisce mai una tassazione superiore al 45,5% (tenendo conto delle addizionali), è evidente lo sfavore nei confronti dei soci delle società poco patrimonializzate. Questa politica fiscale è rafforzata da un incentivo (l’Ace) che, per quanto depotenziato, ha effetti benefici per le società capitalizzate. Una serie di incentivi mira a canalizzare il patrimonio verso gli investimenti “produttivi” (si pensi ai superammortamenti) e innovativi (crediti d’imposta ricerca e sviluppo, patent box, benefici per le start up e le Pmi innovative).
L’indebitamento “sano” non viene eccessivamente penalizzato. Gran parte degli interessi attivi, per le persone fisiche, sono tassati al 26%, come accade per le obbligazioni e i finanziamenti “peer to peer” canalizzati attraverso gli intermediari finanziari. Per evitare gli effetti della doppia imposizione giuridica che si verificherebbero nei confronti dei finanziatori non residenti gli interessi sui finanziamenti a medio lungo termine erogati da banche europee o da investitori istituzionali esteri white list soggetti a vigilanza sono esenti da ritenuta, come pure lo sono quelli delle obbligazioni detenute da soggetti residenti in Paesi White list (anche se a bassa fiscalità) o da investitori istituzionali esteri privi di soggettività tributaria residenti in tali Paesi. Questa strategia consente alle imprese italiane di contenere il costo dell’indebitamente dato che i finanziatori confrontano i rendimenti di investimenti alternativi sempre al netto delle imposte. Il varo dei Pir completa il quadro: il progetto è stato fortemente voluto da Mef, Consob e Banca d’Italia per canalizzare capitali (in forma di capitale proprio o di debito) verso le iniziative produttive attuate in Italia.
I più tartassati sono gli imprenditori individuali e i soci di società di persone. Per redditi individuali superiori a circa 260mila euro, pagano di più dei soci di società di capitali. Sotto questo aspetto è un peccato che l’entrata in vigore dell’Iri (imposta sul reddito imprenditoriale) sia stata prorogata al 2019. Questo provvedimento, infatti, chiude il cerchio estendendo a questi imprenditori la stessa politica fiscale già in atto per le società di capitali.