Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 09 Martedì calendario

Il tesoro di Malpensa

Se un aereo potesse essere tagliato a metà, per la lunghezza, e osservato in sezione come una casa di bambole, si farebbero delle scoperte sbalorditive. Qualche settimana fa, per esempio, si sarebbe visto che a Malpensa un normalissimo aereo della Brussels Airlines diretto a Bruxelles ospitava nella parte superiore della fusoliera i passeggeri, intenti a scegliersi un film o ad addentare un tramezzino, e sotto, nella stiva, rinchiuso nella sua gabbia, uno splendido esemplare di giaguaro, giovane, elegante, possente. Un felino vivo, sedato ma un po’ nervoso. Proveniva dal giardino zoologico di Pistoia ed era diretto, via Bruxelles appunto, alle Canarie, aeroporto di Tenerife, per essere poi trasportato alla sua destinazione finale, il Loro Parque, uno dei più grandi zoo europei. Chissà quanto sarebbero rimasti impressionati gli ignari passeggeri se avessero saputo di quel feroce compagno di viaggio proprio lì, sotto il sedile.
Nulla di straordinario, comunque. In aereo viaggia di tutto, merci, animali, prodotti industriali, sacchi postali, automobili, elicotteri, opere d’arte. Una giornata nella Cargo City aeroportuale più grande d’Italia è un tuffo nell’economia globalizzata, nel vai e vieni di merci di ogni tipo, un oceano di pacchi, di casse, di imballaggi grandi e piccoli. Roba che parte e altra che arriva, un crocevia immenso, montagne di scatoloni, cilindri di cavi, ruote d’aereo, ricambi per navi. Tutto tracciato, con codici ed etichette a barre su ogni singolo collo: sembra impossibile ma non va perso nulla, o quasi. I due handler merci Bcube air cargo e Alha group – lavorano quasi 600mila tonnellate all’anno, metà in arrivo e metà in partenza, per un valore stimato all’incirca in 100 dollari al chilo, caricate negli aerei «all cargo» o nelle stive di quelli passeggeri. In cielo, e non per mare, viaggiano le merci di maggior valore, quelle da consegnare urgentemente, oppure destinate a una località troppo lontana dalle rotte delle navi. La catena è un po’ questa: una fabbrica che deve spedire, poniamo, una macchina industriale, si affida a uno spedizioniere che sceglie la compagnia, compra lo spazio nell’aereo, prenota il volo, ritira il prodotto da spedire, lo trasferisce in aeroporto, qui lo consegna all’operatore che lo riceve, verifica che rispetti le regole del trasporto e lo imbarca sull’aereo.
OCCHIO AI PROFUMI
Ogni collo passa ai raggi X per i controlli di sicurezza, su un rullo simile a quello per i bagagli a mano dei passeggeri, ma più grande, e al monitor appaiono le sagome degli oggetti colorate secondo i materiali. Se la cassa è troppo grande viene fatto un foro e si inseriscono delle sonde per leggere il contenuto, alla ricerca di merci pericolose o vietate. «Di qui passano molte armi, provenienti soprattutto dal Bresciano e dirette in tutto il mondo; arrivano con i certificati delle questure di transito e vengono scortate fino all’aereo dalla Guardia di finanza. Viaggiano senza cartucce perché tutto ciò che è esplosivo non può essere caricato in aereo: troppo rischioso» spiega Giuseppe Albani, security manager di Bcube. Le merci pericolose hanno regole ferree, no alle vernici e alle bombolette spray, sì agli airbag delle auto. No alle batterie al litio, che furono causa di un disastro nel 2010, quando provocarono un incendio a bordo di un Jumbo dell’Ups che per questo si schiantò a Dubai. I profumi, che sono infiammabili, rispettano protocolli particolari e la loro posizione nell’aereo viene notificata al comandante perché in caso di necessità vi si possa accedere immediatamente.
L’aneddotica dei controlli è ricca. Si racconta ancora che anni fa sul rullo fu appoggiata una piccola scatola proveniente dalla Puglia e diretta nel Nord Europa. Sul monitor apparvero una struttura meccanica, una sagoma in materiale plastico, l’innesco di un contatto elettrico: poteva essere una bomba... La scatola fu aperta con prudenza e il contenuto apparve in tutta la sua grottesca realtà da sexy shop: una vulva vibrante. Tra i magazzini ci sono locali meno in vista. Un caveau sotterraneo è dedicato alle opere d’arte. Ne passano di continuo, destinate a mostre, aste, collezioni, sempre in casse anonime, e di esse si occupano spedizionieri specializzati. «Qui, all’epoca della mostra a Palazzo Reale, in gran segreto, sono transitati anche dei quadri di Leonardo racconta Paola Marina, capo degli affari legali di Bcube -. I locali sono a temperatura e umidità controllate, e, unici in Europa, sono dotati di sismografo per rilevare eventuali microesplosioni sottoterra, casomai a qualcuno venisse in mente di scavarsi un tunnel». Per le opere importanti c’è sempre un accompagnatore, che spesso è lo stesso direttore del museo di appartenenza; se necessario dorme in un locale attiguo al caveau e in ogni caso scorta la propria cassa fino alla stiva dell’aereo e aspetta la chiusura dei portelloni. Se le dimensioni dell’opera o del reperto lo consentono, la cassa viaggia su una poltrona di classe business, a fianco del suo custode.
GIOIE E BANCONOTE
I caveau, robusti quanto quelli di una banca, contengono anche casseforti per i gioielli. «Ne transitano 3-4mila chili alla settimana, tutti diretti in Medio Oriente e Asia» rivela Alessandro Cappella, general manager di Alha e ogni singolo centimetro è tenuto sott’occhio dalle telecamere. Di prezioso c’è anche altro: «A fine novembre racconta Paola Marina – un charter ha accolto carta filigranata per banconote del valore di 54 milioni di euro, il carico di due autotreni provenienti da Fabriano e scortati fin sotto l’aereo: la destinazione era Madrid. Una volta è arrivato un bancale di lingotti d’oro ad uso industriale, ma è stato rifiutato perché l’imballaggio non era appropriato».
Da Malpensa partono ogni anno, protette nei loro teli eleganti, almeno 2.500-3mila Ferrari, Maserati, Lamborghini: raggiungono nuovi proprietari lontani, tornano in fabbrica per una revisione, o partecipano a qualche competizione. «Poche settimane fa un charter full cargo è partito per Tokio con 28 Maserati, che all’aeroporto Narita, prima di essere consegnate agli acquirenti, sono state esposte al pubblico in un hangar», racconta un manager Sea. I giri delle merci possono essere anche tortuosi, visto che non hanno l’impazienza dei passeggeri; il percorso dipende soprattutto dall’urgenza e dalle tariffe. Per esempio, un’auto di lusso destinata a Hong Kong può partire con Silkway air, la compagnia cargo dell’Azerbaijan, facendo scalo a Baku. Per dare l’idea, un volo di lungo raggio per un’auto può costare 8-10mila euro. Le più belle arrivano dagli Stati Uniti per partecipare alla Mille Miglia storica e sono veri pezzi da museo (o da film). Delusione per le auto di Formula uno: viaggiano a pezzi, in scatoloni insignificanti.
Magazzini speciali sono destinati ai farmaci, o meglio, ai bidoni di principi attivi e di materie prime che volano da un fabbrica all’altra. I locali sono divisi secondo le temperature richieste dal prodotto, da meno 20 a più 25, con tracciatura elettronica su chiavetta Usb, così il destinatario riceve il report delle temperature minuto per minuto. Tutto protetto e allertato, perché i farmaci, nel mondo, sono uno dei bersagli più redditizi per i criminali. Locali speciali, a tenuta assoluta, dotati di camere di decontaminazione sono poi riservati alle merci radioattive quali agenti per radiografie e prodotti chemio.
A parte il giaguaro pistoiese, animali ne passano tanti: dai cani che seguono il padrone-passeggero, a cavie da laboratorio, pappagalli, falchi, tartarughe, persino un delfino e una iena. Due anni fa sono partiti alcuni cuccioli di tigre nati in cattività in Italia e destinati al ripopolamento di una riserva indiana: un paradosso! Qui ha fatto scalo anche un rinoceronte. Molti i cavalli da corsa. A loro, nel Terminal 2 di Malpensa, è riservata una vera scuderia con dieci stalli, rimessa a nuovo da poco, presidiata da un veterinario. Molti provengono dal Medio o dall’Estremo Oriente perché in Italia ci sono i migliori addestratori del mondo: i quadrupedi arrivano, vanno a scuola, poi tornano a casa. Centinaia e centinaia i sacchi postali: ma non contengono più lettere e cartoline, solo prodotti di e-commerce, al massimo c’è una scatola di raccomandate e documenti. A Cargo City si vedono (e si capiscono) le eccellenze dell’industria italiana, bilance, macchine per gelati, impianti automatici. «Qui si ha la percezione del mercato e si vede in anticipo l’andamento dell’economia dice Cappella e la ripresa oggi si sente». Arriva di tutto: budelle di capra dal Pakistan per insaccare i salumi, milza essiccata per cosmetici, sperma di toro in azoto liquido dagli Stati Uniti, scopo riproduzione, pelli di coccodrillo dall’Egitto. Tutto sottoposto a controlli veterinari. 
IL CARO ESTINTO
Anche le piume d’oca o le lane asiatiche. Montagne di scatoloni di fiori, di frutta: rose dall’Ecuador, fragole da Jeddah, fagiolini freschi dall’Egitto, coltivati lì da imprenditori italiani. Pesce spada pescato alle Maldive e, via Dubai, sui banchi Esselunga solo 24 ore dopo. Branzini dal Golfo di Guinea, astici da quello di Boston. Il tonno va e viene: quello pregiato del Mediterraneo va in Giappone, quello standard giapponese arriva da noi. Giorni fa sono stati caricati due elicotteri Agusta diretti in Pakistan, sorvegliati dalle forze armate pakistane. Anni fa dal muso di un jumbo, che si solleva, è stata infilato l’albero lungo 36 metri della Luna Rossa, una delle più celebri barche da competizione. E infine ci sono i defunti, che vengono accolti in un apposito locale esterno ai magazzini. Bare in arrivo e bare in partenza, italiani morti all’estero e stranieri morti in Italia. Tutto a norma, spazi con standard cimiteriali e cofani in alluminio infilati in un pietoso sacco di stoffa nera. Passano di qui 200-300 «colli funebri» all’anno, per i quali il dolore s’intreccia con la fredda burocrazia del rimpatrio. Solo una volta una famiglia giapponese ha stupito tutti con la richiesta, accolta, di una piccola cerimonia d’addio sotto l’aereo. Ma nella storia ventennale di Cargo City assicurano qui con qualche sorrisetto pieno di sottintesi non è mai, proprio mai, transitata la salma di un cinese. Che ci sia da credere alle leggende metropolitane?
Paolo Stefanato