Libero, 8 gennaio 2018
Tagliano le pensioni poi dicono che sono basse
Ieri mi è arrivata sul telefonino una notizia della Agenzia Italia di questo tenore: “Previdenza, Ocse avverte l’Italia: conti a posto, ma in prospettiva le pensioni saranno troppo basse, situazione preoccupante per i giovani di oggi”. E ho fatto un salto sulla sedia. L’Ocse infatti è una di quelle organizzazioni internazionali che, come il Fondo monetario e la Commissione europea, sono solite di tanto in tanto tirare due schiaffoni all’Italia (li chiamano “moniti”) perché non riga diritto come loro vorrebbero.
Intendiamoci, un po’ di ragione ce l’hanno perché qualche soldo pubblico l’abbiamo davvero buttato via nei decenni, vivendo al di sopra di quello che potevamo e non mettendo mai da parte come in una normale famiglia si fa per i propri figli. Anche sulle pensioni l’Italia è stata a lungo di manica larga, e c’è stata un’epoca in cui si poteva incrociare le braccia e farsi mantenere dallo Stato anche a quarant’anni di età se non meno. Da tempo però tutto questo non accade più, e dalla metà degli anni Novanta in poi tutti questi organismi internazionali a forza di farci due moniti così hanno costretto l’Italia a una serie infinita di riforme delle pensioni e del mercato del lavoro. Prima la riforma Dini che ha spaccato l’Italia in due, poi i vari aggiustamenti, gli scaloni e gli scalini che arrivavano e se ne andavano, i blocchi nelle uscite, i prelievi di solidarietà, le sentenze della Corte costituzionale, fino alla riforma di Elsa Fornero durante il governo di Mario Monti. Lì si è raggiunto il culmine, visto che per mettere a posto le pensioni in un momento di particolare emergenza nei conti pubblici si è voluto chiamare uno dei massimi tecnici che avevamo a disposizione, che era appunto la professoressa Fornero, abituata anche lei ai moniti verso questo o quell’esecutivo con articolesse forbite in cui si davano lezioni a tutti i governanti. Abbiamo chiamato finalmente il tecnico, e quella è scivolata sul più clamoroso errore tecnico che sia mai stato fatto, lasciandoci in eredità il pasticciaccio brutto degli esodati.
La storia della Fornero di governo, così clamorosamente diversa dalla Fornero di monito, avrebbe dovuto darci la sveglia e far capire a tutti ogni volta che si alzava nel mondo un grillo parlante per dirci come dovevamo comportarci nei suoi confronti. Senza voler essere scurrili, sarebbe bastata una alzata di spalle facendo finta di nulla e tirando avanti per la propria strada. Invece la classe dirigente italiana soffre di tale masochismo che, se a prenderla a sberle è il prof di turno o ancora meglio un solone che viene dall’estero, gode e dice «ancora, ancora!».
DATI PREOCCUPANTI
Ora a svegliarsi è un alto dirigente dell’Ocse, che per altro è pure italiano, come Stefano Scarpetta, che dirige il dipartimento occupazione, lavori e affari sociali dell’organizzazione internazionale. Riconosce che sberla dopo sberla masochisticamente l’Italia si è messa in riga come si voleva dall’estero. Però «il vero problema non è solo quello della sostenibilità finanziaria, ma quello dell’adeguatezza del montante pensionistico. In molti si ritroveranno ad avere un montante pensionistico e quindi una pensione decisamente bassa. I dati che abbiamo a disposizione ci danno un’immagine abbastanza preoccupante, perché anche le generazioni più recenti hanno perso diversi anni contributivi e il sistema previdenziale italiano, una volta a regime, per ogni anno perso, comporterà un livello più basso di pensioni». Tradotto in pratica, questo alto dirigente dell’Ocse ci dice che sì abbiamo riformato le pensioni da bravi scolaretti, sì abbiamo reso il mercato del lavoro flessibile e un bel po’ precario come ci dicevano, però facendo tutto questo non abbiamo pensato che una marea di italiani quando andrà in pensione non riuscirà a sopravvivere, perché l’assegno che percepiranno alla fine del mese sarà così ridicolo da non consentire nemmeno si sfamarsi. Insomma, prima ci fanno una testa così per dire che l’emergenza è tenere i conti della previdenza sotto controllo, e ora che in Italia obbedendo a quei diktat si va in pensione più che tardi che nel resto di Europa, ci sfottono dicendo: «Ma che miseria di pensioni darete?».
SLOGAN SENZA SENSO
Tutto questo nasce per altro da una gran confusione sul welfare italiano. L’Ocse stesso continua a dire nei suoi rapporti una cosa non vera: che l’Italia spende per le pensioni erogate il doppio degli altri Paesi del mondo rispetto al Pil, fra il 26 e il 30% secondo le varie stime. Il dato non è corretto per due motivi. Il primo è che si continua a faticare a distinguere fra previdenza e assistenza, inserendo nel primo capitolo prestazioni sociali che sono assai diverse dalla corresponsione di una pensione. Il secondo motivo è che nel gran calderone della spesa per pensioni si calcola un lordo che comprende l’assegno pensionistico veramente percepito e la tassazione che è più alta qui che in qualsiasi altro Paese (voce che andrebbe separata nei conti). Per altro che il sistema previdenziale italiano non sia così squilibrato si capisce dai conti delle stesse gestioni pensionistiche sotto l’ombrello dell’Inps e delle gestioni private. La maggior parte di loro è in attivo, gran parte dello squilibrio è derivato dalla gestione dei dipendenti pubblici per cui la tassazione è una banale partita di giro per lo Stato.
Da trent’anni economisti, organizzazioni internazionali, anche asfittici vertici della nostra Confindustria ripetono come delle macchinette gli stessi identici slogan che in un occasione sono ragionevoli, ma in un’altra privi di senso. Un po’ come chi in questi anni di caduta dei consumi e del reddito a disposizione delle famiglie, continuava a sostenere che il problema principale in Italia fosse quello della produttività: già oggi non vendi quello che produci, e vuoi produrre di più per riempire piazzali e magazzini dell’industria?
Visto che fra poco si eleggerà una nuova classe politica che dovrà dare un nuovo governo all’Italia, l’occasione è golosa: lasciate a casa questi grandi esperti che pullulano in Italia e nel mondo, che tanto a sbagliare si è bravissimi da soli, e almeno si risparmia un poco...