Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 09 Martedì calendario

L’Amaca

Le elezioni saranno “molto importanti. Saranno gli elettori a decidere chi governerà questo paese”.
Nella loro impeccabile banalità queste parole, dette l’altra sera da Fazio da Paolo Gentiloni, suonavano insolite e quasi anticonformiste.
L’attenzione di tutti, politica e giornali, viene spesa in un continuo “tra le righe”, smascherando patti e decifrando alleanze, strologando sulle mosse del Quirinale e le contromosse dei partiti, come se il risultato del voto fosse in secondo piano, materia inerte della quale sarà poi il potere a disporre. Certo, il cigolante meccanismo del Rosatellum rende molto improbabile un governo direttamente espresso dalle urne. E certo, negli ultimi anni ci siamo abituati a una specie di commissariamento (legittimo; ma molto spiacevole) della vita politica italiana, incagliata in parlamenti autobloccanti e rimorchiata fuori dalle secche da vigorosi interventi istituzionali (vedi alla voce: Napolitano).
Oggi è proprio Gentiloni – l’uomo maggiormente indiziato di doversi accollare la transizione in caso di paralisi post-voto – a ricordarci che invece no, niente è più importante del voto, sono gli elettori a comandare. Decida ognuno se questo pensiero scaturisce da una proba ingenuità oppure da una furbizia raffinata, e mimetica. Dico solo che, ascoltando Gentiloni, mi è tornata in mente la celebre frase “bisogna vivere come se Dio esistesse”. Così adattata: bisogna vivere come se la democrazia esistesse. Di più: come se esistesse, e contasse qualcosa, la politica.