la Repubblica, 9 gennaio 2018
D’Alema, il Pd e il fantasma di Riccardo III. A sinistra si pensa al dopo voto
ROMA Nei suoi colloqui privati Massimo D’Alema non rinuncia ad ostentare la rivalità con Matteo Renzi. Ma è più concentrato sulla campagna elettorale, sui candidati di Liberi e uguali e sul dopo voto. Immagina sempre nuove metafore sull’avversario.
Dice che il segretario del Pd «non vincerà queste elezioni nemmeno se piange in turco». Che alla fine, se Renzi spera di allearsi con Forza Italia senza altri incomodi, si sbaglia di grosso, perché «non avranno i numeri». Poi, come un grande attore, tira fuori il colpo di scena: «Finirà solo, come Riccardo III», ghigna riferendosi al Re gobbo narrato da Shakespeare che conquista la Corona uccidendo i legittimi eredi ma alla fine cade solo sul campo di battaglia. «È la sua parabola. Me lo vedo che gira disperato per Firenze e urla “un cavallo, il mio regno per un cavallo”». In realtà, adesso il focus del presidente di Italianieuropei è il risultato delle elezioni: fare in modo che la sinistra abbia voce in capitolo in Parlamento. Anche se adesso D’Alema spiega a tutti che il numero uno è Grasso sa bene che nel gioco delle alleanze chi cercherà i voti di Leu si rivolgerà a lui, il grande manovratore, niente a che vedere con il presidente del Senato e con Pier Luigi Bersani.
Alessandra Ghisleri ha fatto le carte alla sinistra degli ex Pd: bacino potenziale 13 per cento, massimo risultato possibile tra il 9 e l’11. Perché questo scarto?
«Effetto del voto utile, scarsa conoscenza del simbolo, Grasso leader poco visibile, campagna elettorale troppo breve», ha sintetizzato la sondaggista amata da Berlusconi. Meglio allora ragionare su un risultato sotto la doppia cifra. L’8 per cento garantirebbe a Liberi e uguali circa 60 parlamentari distribuiti tra Camera e Senato. D’Alema, se vincerà, sarà a Palazzo Madama.
Corre nel collegio del Salento, ma in una zona 4 volte più grande del suo vecchio collegio maggioritario. Naturalmente, mostra in pubblico una certa sicurezza sull’esito della competizione. «Gallipoli, nel mondo, sono io», dice con una punta di autoironia. Fa capire di aver già stretto accordi a tutto campo: «I sindaci di destra della zona porteranno i voti a me». E pazienza se Bersani in queste ore illustra la strategia del partito: «Siamo pronti a stringere intese con tutti, tranne che con la destra». D’Alema continua a ripetere che la prossima legislatura «avrà un carattere costituente» e «sarà tutt’altro che di passaggio». Giura di non mettere bocca sulle candidature, ma non lesina consigli al presidente del Senato. «Persino se dura pochi mesi, il futuro Parlamento avrà un ruolo fondamentale. Ci vogliono persone serie, responsabili e capaci». Seppure fosse breve, la legislatura avrà il compito di mettere mano alla legge elettorale perché il Rosatellum, il 4 marzo, «dimostrerà drammaticamente la sua fragilità». Quindi, per un compito alto ci vuole gente all’altezza. È il suo modo di dire: non esageriamo con le bandierine della società civile. Se bisogna correre in fretta ai ripari, servono persone già pronte. Come lui, ma non è che può fare tutto da solo.