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 2018  gennaio 09 Martedì calendario

La California legalizza la marijuana i narcos invadono gli Usa con l’eroina

Cosa pensano i cartelli messicani della legalizzazione della marijuana in California? Più in generale, possiamo prevedere il futuro di questo mercato alla luce dell’esperienza accumulata sino ad oggi in altri stati Usa, dove la cannabis è legale dal 2012?
I cartelli sono stati colpiti nel portafoglio dalla legalizzazione. L’esportazione verso gli Usa della marijuana messicana – la quale è di qualità inferiore – si è ridotta di almeno il 40 per cento, secondo fonti americane. Un trafficante di primo piano che ha accettato di farsi intervistare da Rio Doce, il quotidiano locale dello Stato di Sinaloa in Messico, concorda.
«Continuiamo a mandare chiva (eroina), perico (cocaina) e cristal (metanfetamine). L’unica merce che è calata è la mota (marijuana)» ha detto durante un’intervista in un ranch, circondato da una ventina di uomini armati.
Un chilo di marijuana in Messico vale oggi un quarto di quanto valeva sette anni fa. I dati della Drugs Enforcement Agency (Dea) confermano che le confische di marijuana al confine tra i due Paesi sono crollate dal 2014.
I nuovi equilibri
Il cartello più potente, quello di Sinaloa, si è riorganizzato dopo l’arresto e l’estradizione di Joaquín “El Chapo” Guzmán. Oggi il nuovo boss, Ismael “El Mayo” Zambada, ha il rispetto degli affiliati ed è riuscito a siglare una tregua armata col rivale cartello di Jalisco. Soprattutto, la nuova leadership ha deciso di diversificare gli investimenti e puntare sull’esportazione dell’eroina per recuperare i profitti della cannabis. Un «cuoco» che lavora per Sinaloa ha detto al Rio Doce: «Qualche tempo fa cucinavo 40 chili l’anno (di eroina), oggi ne faccio 30 al mese». Un rapporto ufficiale della Dea ha concluso che vi è più eroina in ogni regione degli Usa oggi rispetto al 2008, soprattutto nel Sud Ovest del Paese. Tragicamente, le morti per overdose sono triplicate nel 2014 rispetto al 2010 (per un totale di 10.574). La popolarità del fentanil, una sostanza più letale dell’eroina prodotta nella regione di Sinaloa e meno costosa di altri oppiacei chimici, è considerata responsabile di questa tragedia.
Sarebbe stato naïve credere che i trafficanti messicani non avrebbero cambiato la loro strategia di marketing dopo la legalizzazione. Per certi versi questo dimostra l’efficacia della politica, ma anche l’illusione di credere che legalizzare un solo prodotto avrebbe impensierito il crimine organizzato. Sulla base dei dati accumulati dal 2014 ad oggi, è prevedibile che il prezzo della cannabis continuerà a scendere, di fatto eliminando il mercato nero, un obiettivo di chi è favorevole alla fine del proibizionismo.
Le grandi aziende
Vi sono però alcuni sviluppi che preoccupano studiosi e attivisti: il modello industriale adottato negli Usa porta all’emergere di pochi produttori, in grado di investire grosse somme di denaro nei derivati della cannabis, invece di promuovere piccoli coltivatori. Queste dinamiche possono essere estrapolate dai dati sulle transazioni legali dal 2014 al 2017 messi a disposizione dallo stato di Washington sul sito Topshelfdata.com, che contiene 45 gigabyte di informazioni.
Il crollo del mercato
Il primo elemento che salta agli occhi è il crollo dei prezzi. Nel 2014 non vi erano buoni motivi per comprare marijuana legale: un grammo al dettaglio costava 32,48 dollari nel luglio del 2014 e 35,67 dollari il mese successivo, mentre al mercato nero (nello stesso Stato) si poteva acquistare per 4 dollari. Un anno dopo il prezzo legale era già sceso a 12,32 dollari, grazie anche alla riduzione delle tasse. Nel settembre 2017 un grammo di ottima qualità si comprava per 7,45 dollari. Il prezzo all’ingrosso è oggi di 2,53 dollari (nel 2014 era di 9 dollari). L’industria si sta consolidando attorno ad aziende di medie e grandi dimensioni, che possono investire in infrastrutture e tecniche avanzate di produzione. I dati di Topshelfdata.com confermano che i 500 più piccoli produttori coprono appena il 13% del mercato. Secondo una stima, basterebbero dieci fattorie per coprire l’intero fabbisogno di cannabis del Paese.
Prodotti collaterali
Chi entrasse oggi in un rivenditore autorizzato si renderebbe conto che sono in vendita una miriade di prodotti, come cibi, bibite, alcolici e dolci. Esiste anche un’acqua minerale a base di cannabis, la Pearl 2O2. I prodotti lavorati assicurano maggiori profitti per le aziende. Infatti, mentre 2014 le vendite del prodotto base costituivano quasi la totalità del mercato, nel 2017 il 50% circa delle vendite è di derivati, come gli infusi e i commestibili.
Gli Usa hanno adottato un modello for profit della produzione della cannabis che favorisce la formazione di grandi aziende, come nel caso del tabacco, e la diversificazione del prodotto. Il trafficante messicano di Sinaloa intervistato da Rio Doce rifletteva: «Gli americani comprano, noi vendiamo». Molti, al di là del confine, la pensano allo stesso modo.