Il Sole 24 Ore, 7 gennaio 2018
Artisti, papi e scrittori: tutti fan di Dante
In margine all’articolo di Carlo Ossola, sull’interesse per la «Divina Commedia» nella cultura francese contemporanea, si potrebbero aggiungere altre storie che testimoniano la fortuna oltralpe del poeta fiorentino. Basterà ricordare un episodio del 1836: Liszt improvvisò delle note all’organo nel duomo di Friburgo per George Sand e la scrittrice annotò le sensazioni evocate dal musicista sotto le volte: «L’inspiration du musicien faisait planer tout l’enfer et tout le purgatoire de Dante sous les voûtes étroites». Andando avanti nel tempo o ritornando sino all’epoca di Dante stesso, si trovano conferme di stima. Una storia che corre dalla corte papale di Avignone, dove un esemplare della «Commedia» con traduzione latina e commento del Boccaccio era presente, alla fine del Trecento, nella biblioteca di papa Benedetto XIII, via via sino a Victor Hugo che negli anni dell’esilio avvertì la sensazione di rivivere le vicende di Dante. E oltre: ecco eccellenti voci, come quella di Verlaine che nel 1881 in «Sagesse» utilizza i paragoni del poeta fiorentino; senza contare le arti figurative: basterà citare i quadri di Delacroix o le illustrazioni di Doré. Balzac amava Dante e con lui Nerval e un altro fitto elenco che si può accennare sommariamente con i nomi di Taine, France, Rolland, Maurras, Péguy, Gide. Facendo un salto indietro, nel Settecento, non si può certo aggiungere Voltaire, che ironizzò sulla «Commedia» (del resto riuscì a detestare anche Shakespeare), ma forse bastano due versi di Théophile Gautier, che fece rivivere nella poesia francese la terza rima, poi ripresa dai parnassiani, per dimenticare sarcasmi e capricci del celebre illuminista. Il letterato a cui Baudelaire dedicò «I Fiori del Male» scrive nel sonetto Ambition (1844): «Être Napoléon, être plus grand encore! /Que sais-je? être Shakespeare, étre Dante, être Dieu!». È una storia infinita. Con buona pace di Amiel che in «Fragments d’un journal intime» (Ginevra, 1885), alla data 23 aprile 1862, riteneva la poesia di Dante estranea allo spirito francese.