Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 08 Lunedì calendario

Torna il rito dei vertici a Villa San Martino. Dalle minestrine di Bossi ai selfie di Luxuria

Il parco curato con le proprie mani, l’eliporto, i carabinieri all’ingresso e lo stemma sul grande cancello aperto a distanza, la cucina e i collaboratori di una vita, a partire da cuochi e maggiordomi, la dependance con lo staff di segreteria, lo studio d’avvocato di Niccolò Ghedini, l’anticamera, il salone con la grande vetrata occupata nelle Feste da un immenso albero bianco, la sala da pranzo imbandita per la famiglia e gli amici più stretti Villa San Martino ad Arcore, residenza di Silvio Berlusconi, è più di un Giardino d’Inverno, della Dacia di Putin o del Ranch dei Bush a Crawford, Texas. Arcore segna la storia d’Italia coi suoi vertici del lunedì tra Berlusconi e Bossi. 
CANOTTA E DOPPIO PETTO
Con la canottiera il fondatore della Lega si presentò a Villa Certosa in Sardegna, impeccabile e assiduo a Arcore. «Andavamo avanti per ore io, lui e Tremonti a parlare solo di politica, davanti alla solita minestrina, che quella si mangiava lì». La minestrina. Poi il menu tricolore. Dall’antipasto di pomodoro, mozzarella e basilico al gelato bianco-rosso-verde. L’ultimo, il pistacchio, superlativo. I vertici di Arcore hanno fatto la storia politica e imprenditoriale del Paese, dai summit con i figli e i manager di Mediaset, il lunedì a pranzo, nel salone o nella veranda sul parco fino alla War Room sul caso Vivendi. La sera e nella settimana coi politici. Ad Arcore, come al Congresso in America, arrivò perfino una busta con una polverina che si pensò fosse antrace. 
Ad Arcore son passate le corti di collaboratori in sella o in disgrazia. Definiti per il peso, dalla vicinanza al Cavaliere proprio a Villa San Martino. Dalla mitica segretaria Marinella all’intramontabile Ghedini, dagli amici e consiglieri di sempre, Gianni Letta e Confalonieri, ai dioscuri della politica estera e interna, Valentino Valentini e Sestino Giacomoni, fino alla discreta e onnipresente Licia Ronzulli. Ad Arcore si sigilla nel 2010 l’amicizia e la stima tra Berlusconi e Renzi, con l’allora sindaco di Firenze che infila il cancello mandando fuori dai gangheri il gotha del Pd di Bersani e non contento dichiara, dopo, di esser pure grato a Berlusconi premier per l’intesa sui beni culturali fiorentini. «Se questi sono i risultati, chiederò di essere ricevuto una volta al mese ad Arcore». Nella residenza di famiglia si stringe attorno a Silvio l’abbraccio dei figli e amici dopo la condanna. «È un’operazione politica che si ritorcerà contro chi l’ha messa in atto», disse la primogenita Marina. 
Villa San Martino nell’immaginario popolare è anche la reggia del bunga bunga. Ma a Maurizio Costanzo nel 2011 tutte quelle accuse non facevano venire in mente altro che noia. Anche lui era stato a Arcore. «Mi è rimasto impresso un grande quadro che ritraeva una bella donna con sguardo distante. Era la moglie del precedente proprietario. Ricordo un cameriere che quando passava davanti al quadro della Signora, abbassava la testa per deferenza». E in effetti, chi visita la Villa è colpito da una cert’aria di castello di campagna, con i tappeti usati dal tempo, le argenterie nelle teche, i quadri antichi e le targhe brunate che richiamano Scuole di pittura. La cucina e la sala da pranzo, invece, sempre animate. Un via vai continuo. Ad Arcore si è consumata la chiusura di un cerchio, la re-investitura di fatto di Berlusconi vero leader del centrodestra con la visita a fine settembre del presidente del Partito popolare europeo, Joseph Daul, che lo ha definito «il nostro argine italiano ai populisti e alle forze anti-sistema». 
A Arcore si sono fatti e disfatti partiti. Si è stabilito che Alfano non sarebbe tornato a casa. Che Mastella avrebbe rifondato forse l’Udeur. Che al referendum di Renzi bisognava dire No. Che un appoggio moderato alla consultazione lombardo-veneta sull’autonomia alla fine sarebbe arrivato. Ad Arcore Vladimir Luxuria nell’ottobre 2014: una rifondarola comunista leader del movimento gay, che su quella visita ebbe soltanto parole positive. Ad Arcore le cene con le categorie per le elezioni 2018. Ad Arcore, solo Matteo Salvini aveva detto che non sarebbe mai andato. E invece.