il Giornale, 6 gennaio 2018
Prossima missione Alpha Centauri. Un volo lungo 40 anni verso la nuova Terra
Nientemeno che di un «viaggio» verso Alpha Centauri: un sistema costituito da tre stelle, situato alla bellezza di 4,3 anni luce dalla Terra. Progetto pianificato con determinazione e puntiglio, del quale hanno parlato alcuni scienziati della Jet Propulsion Laboratory della NASA, nel corso della Geophysical Union Conference. Un programma ambizioso che già suscita perplessità, e il cui principale ostacolo sarebbe sviluppare un sistema di propulsione «puntuale»: uno che spinga la navicella, cioè, in modo da farle raggiungere la destinazione nel 2069. Missione che sembra incrociare l’astrofisica e i sentieri della fantascienza: esperimento che sfiora le macchine del tempo di chi ricorda quella prima orma d’uomo sulla Luna, chi se l’è solo sentita raccontare, e chi già si figura che faccia faranno i suoi figli e nipoti quando (chissà con quali mezzi mediatici) assisteranno allo sfrecciare della navicella Nasa tra stelle così lontane: il primo target extrasolare mai puntato in una missione.
In effetti, se in questi anni si riuscisse a congegnare un propulsore capace di spingere una navicella a un decimo della velocità della luce, il viaggio verso Alpha Centauri potrebbe esaurirsi in 44 anni. Troppo poco per centrare la ricorrenza. E risulta che la Nasa stia lavorando a una tecnologia che le consentirà di perseguire, perciò, un obiettivo fatto più di centralità dei tempi che della destinazione. La navicella vorrebbe essere precisa come un orologio svizzero, in quel lembo dell’universo che dista dal punto di partenza oltre quattro anni luce: avventura doppiamente ardita e stimolante. Ma perché proprio Alpha Centauri? Intanto, in questa costellazione è stato scoperto un pianeta delle stesse dimensioni della Terra. Anthony Freeman, della Jet Propulsion Laboratory della Nasa, nonché tra i fautori del progetto, spiega che «l’idea è attualmente a uno stadio precoce, quanto a concetto di missione», eppure «sono trent’anni che la Nasa ha cominciato a pensare a missioni interstellari». E confessa: «Dovremmo pensare alle missioni di questo tipo con animo meno conservatore. Sì, ci tocca, a questo punto, diventare un po’ più folli».
La proposta di Freeman è proprio quella di congegnare una sonda capace di aggiornarsi, riprogrammarsi e trasformarsi senza che le informazioni le siano inviate dalla Terra. Le stampanti 3D potrebbero essere la chiave di volta di questo piano il cui concetto di fondo sembra quindi «l’autonomia». E l’obiettivo sarebbe quello di captare immagini sfruttando le lenti gravitazionali, a loro volta basate sull’utilizzo della gravità dei corpi celesti (come il Sole), per ingrandire l’oggetto dell’osservazione: nient’altro che l’astro che si sta esplorando. Ambizione, quella di Freeman, che potrebbe avvalersi di passi graduali, di tappe più vicine alla Terra, prima di lanciarsi alla volta di Alpha Centauri.
«Stravagante e teorica», secondo Mar Vaquero (ingegnere dello stesso laboratorio) la proposta dei suoi colleghi. Ma non impossibile da realizzare: un sogno spedito tra le stelle, e che vorrebbe durare cinquant’anni.