la Repubblica, 8 gennaio 2018
«Combatterò la povertà in Liberia. Mi gioco la partita più importante». Intervista a Weah
«Sono un figlio della bidonville di Monrovia che nulla predestinava a diventare presidente, devo perciò abituarmi all’idea del mio nuovo ruolo e devo farlo in fretta perché non c’è tempo da perdere». Parla con voce sommessa, George Weah, 51 anni, ex attaccante del Paris Saint-Germain, del Milan e del Chelsea, eletto il 26 dicembre scorso presidente della Liberia con il 61,5 delle preferenze. Il primo giocatore non europeo a vincere il Pallone d’Oro, nel 1995, eredita dal capo di Stato uscente, la Premio Nobel per la pace Ellen Johnson Sirleaf, un Paese allo stremo. Infatti, funestata da una guerra civile che dal 1989 al 2003 ha provocato 250mila morti e più recentemente dall’epidemia di Ebola che per tre anni l’ha isolata dal mondo, la Liberia è oggi una delle nazioni più povere del pianeta.
Presidente Weah, come prevede di risollevarne le sorti?
«Comincerò aiutando i poveri e i disoccupati, poi attuando il mio programma che consiste anzitutto nella lotta alla corruzione, flagello dell’economia del Paese, nello sviluppo d’infrastrutture scolastiche e sanitarie, così come nella costruzione di un’indispensabile rete stradale.
Tutto ciò servirà anche ad attirare investimenti stranieri».
Diventando presidente ha vinto la sua partita piùimportante?
«No, la partita più importante la giocherò negli anni a venire, cercando di aiutare il mio popolo. In Liberia ci sono terre fertilissime che vanno sfruttate e che ci permetteranno di bastare a noi stessi, smettendo di importare ciò di cui abbiamo bisogno. Sarà mio compito di incoraggiare lo sviluppo di progetti agricoli, perché vorrei che cominciassimo anche noi, come fanno i nostri vicini, a esportare manioca e olio di palma».
All’annuncio della sua vittoria, le tv del mondo intero l’hanno ripresa in lacrime.
«Sì, per la troppa emozione, perché con la mia elezione ho realizzato un lungo sogno. Ma le lacrime che ho versato erano soprattutto per le vittime della guerra civile e per quelle che con la loro passione e il loro impegno hanno consentito che si tenessero le prime elezioni democratiche degli ultimi settant’anni».
“Con l’arrivo di King George il potere è finalmente nelle mani del popolo”, urlavano i suoi sostenitori per le strade di Monrovia pochi giorni fa. Ma che cosa cambierà per loro con la presidenza Weah?
«La mia presidenza sarà la continuazione e il completamento di quello che ha già intrapreso la presidente uscente, Ellen Johnson Sirleaf. Ma voglio anche che la nuova Liberia riparta come un Paese unito, dove si possa rimuovere una volta per sempre i drammatici ricordi della guerra civile».
Perché ha scelto come vice-presidente la senatrice Jewel Howard-Taylor, ex moglie di Charles Taylor, l’ex presidente condannato a 50 anni di prigione dal tribunale internazionale dell’Aia per crimini di guerra e crimini contro l’umanità?
«L’ho scelta per le sue straordinarie qualità. La senatrice Jewel Howard-Taylor ha rotto da molto tempo ogni rapporto con il suo ex marito. Fu lei stessa a chiederne il divorzio nel 2006».
Il calcio le ha cambiato la vita già una volta facendola uscire dalla miseria e offrendole gloria e ricchezza. Si sente pronto per questa nuova sfida?
«Quand’ero ancora calciatore e il mio Paese era devastato dalla guerra civile avevo già cominciato a occuparmi di problematiche umanitarie. Per esempio, chiesi alle Nazioni Unite di intervenire per riportare la pace in Liberia. Per rappresaglia, i ribelli bruciarono la mia casa di Monrovia e rapirono due miei cugini. Nel 2005 mi proposero di presentarmi alle presidenziali, perché ero uno dei pochi a non essere stato coinvolto nel conflitto e persi. Mi ripresentai sei anni dopo, e fui di nuovo sconfitto, ma allora mi elessero senatore».
La presidente uscente è riuscita a mantenere la pace ma il 64% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà, il 31% di essa soffre di malnutrizione e il 62% dei giovani non ha un diploma scolastico. Quale ricetta per curare questi mali?
«La ricetta ce la proporrà un gruppo di economisti che ho chiamato al capezzale del Paese. Sono loro che dopo aver visto cosa è rimasto nelle nostre casse ci indicheranno la strada da seguire».