la Repubblica, 8 gennaio 2018
E gli Ayatollah proibiscono l’inglese alle elementari. «No all’invasione culturale»
L’Iran ha proibito l’insegnamento dell’inglese nelle scuole elementari, ha detto un alto funzionario del Consiglio Superiore dell’Educazione, dopo che i grandi ayatollah di Qom avevano ricordato che apprendere una lingua come l’inglese nell’infanzia apre la strada all’«invasione culturale» dell’Occidente. «L’insegnamento dell’inglese nel curriculum ufficiale delle scuole elementari statali e private è contrario alla leggi e al regolamenti» ha detto Medhi Navid Adham e le agenzie internazionali hanno lanciato la notizia come una novità – vedendovi un ovvio collegamento, per quanto sottaciuto, con la settimana di furiose proteste contro il sistema islamico. Proteste che il regime ha denunciato come fomentate «da nemici esterni». Che ovviamente parlano inglese.
In realtà l’insegnamento dell’inglese nelle scuole elementari è proibito da tempo. Già in un discorso nel 2016 la Guida Suprema Khamenei ricordò i pericoli di un’«invasione culturale» e denunciò che l’insegnamento dell’inglese stava ormai diffondendosi perfino, orrore, nelle scuole materne. (Erano i giorni in cui sembrava che l’accordo nucleare fosse irraggiungibile). Questa settimana, parlando a una riunione di insegnanti, la Guida Suprema ha ribadito: «I colonialisti occidentali ripetono da tempo che invece dell’espansionismo coloniale è molto più efficace inculcare il pensiero e la cultura occidentale nelle giovani generazioni». Contro l’«intossicazione da Occidente» (il termine fu coniato dal filosofo ispiratore della rivoluzione del ‘79, Ali Shariati) erano insorti i rivoluzionari del ’79 e rimase da allora uno dei pilastri della rivoluzione islamica. Insieme all’insegnamento dell’inglese fu bandita la musica e tutto quello che veniva considerato “occidentale”. Gradualmente però tutte queste proibizioni sono state via via disattese. Rompere silenziosamente le regole è un’arte squisitamente iraniana, un fenomeno di massa, frutto si direbbe di un accordo silenzioso tra governanti e governati. Come se il regime dicesse: non dateci troppo fastidio e noi non vi renderemo la vita così difficile come potremmo. Oggi c’è un’orchestra sinfonica iraniana, che ha suonato di recente perfino a Roma all’Ara Coeli, ci sono milioni di parabole con cui gli iraniani ascoltano le tv straniere, ci sono giovani coppie che vivono senza essere sposate, e nelle scuole medie a partire dai 12 anni i ragazzi studiano l’inglese (soprattutto in quelle private ma anche in quelle statali, “anche se non si dovrebbe” come mi disse una volta sorridendo un’insegnante appunto d’inglese). È questo accordo il segreto della stabilità della Repubblica islamica. Ma quando imrpovvisamente, come con le proteste di questi giorni, il regime non vuole apparire debole, allora reagisce applicando tutte le regole che sembravano dimenticate. Come «l’Inglese filtrato», secondo quanto ha scritto qualcuno su Telegram ricordando che in Iran internet è quasi tutta “filtrata” e tuttavia accessibile a tutti con dei vpn che ognuno scarica sul proprio pc.