la Repubblica, 6 gennaio 2018
Le spese folli della Lega con i soldi dei contribuenti. «Bossi sapeva e autorizzava»
Milano Umberto Bossi sapeva, autorizzava, dava indicazioni. È stato il fondatore della Lega, fra il 2009 e il 2011, a «istigare le condotte di appropriazione di denaro» del partito «per coprire spese di esclusivo interesse personale e della sua famiglia».
Lo scrive il giudice Maria Luisa Balzarotti, giudice dell’Ottava sezione penale del tribunale di Milano, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 10 luglio ha condannato Bossi a 2 anni e 3 mesi di reclusione per il reato di appropriazione indebita.
Con la stessa accusa, ha deciso per il figlio Renzo una pena di 1 anni e 6 mesi, e per l’ex tesoriere Francesco Belsito 2 anni e sei mesi.
Le motivazioni della condanna – che difficilmente arriverà in Cassazione prima che i reati siano prescritti – vengono depositate proprio mentre nella Lega (non più Nord) si affaccia la possibilità di un ritorno del fondatore in lista. Solo sei mesi fa, appreso l’esito della sentenza, il segretario Matteo Salvini parlò della vicenda “the Family” ( così si chiamava l’inchiesta della procura di Milano) come di «un’altra era politica».
L’immagine del Senatur non esce bene dalle carte del tribunale. Il giudice sottolinea come i milioni di euro usati dai Bossi e da Belsito fossero «provenienti dai rimborsi elettorali». Quindi, pubblici. Sottolinea come «un disvalore» il fatto che la famiglia del fondatore del Carroccio spendesse soldi dei contribuenti mentre la stessa Lega si poneva come «soggetto politico in forte opposizione al malcostume dei partiti tradizionali».
Il solo Belsito avrebbe intascato, o speso per proprio vantaggio, 2,4 milioni. Umberto Bossi 208mila euro. Renzo, ribattezzato “trota” dal padre, 145mila. Una buona metà sono andati per l’acquisto di una laurea a Tirana.
Nel processo, Bossi Jr si è difeso sostenendo di non essere stato a conoscenza del titolo acquistato in Albania. Una versione che la giudice boccia come «inverosimile», domandandosi se sia realistico che Renzo fosse «dottore a sua insaputa». L’elenco delle spese sostenute dai tre imputati ( a cui si aggiunge Riccardo Bossi, già condannato con rito abbreviato) riempie venti pagine. Umberto Bossi spese decine di migliaia di euro per ristrutturazioni nella villa di Gemonio, registrate da Belsito come «Casa Capo lavori».
Lo stesso Belsito ha acquistato gioielli, “composizioni floreali”, casse di vino, capi in pelle Louis Vuitton, “armi e munizioni”, quadri, cene al ristorante e pasti pronti in rosticceria. Renzo Bossi ha caricato sui conti della Lega (che non ha fatto richiesta di costituzione di parte civile) decine di migliaia di euro in multe e spese legate ad auto di lusso. Tanto che, intercettate, le segretarie di Bossi scherzavano al telefono: «Abbiamo un parco macchine che è una roba strepitosa». I pubblici ministeri Paolo Filippini e Roberto Pellicano (poi trasferito) non hanno contestato a Bossi spese relative all’assistenza nel periodo della propria malattia, e nemmeno i finanziamenti alla scuola Bosina e al Sindacato padano.