Corriere della Sera, 6 gennaio 2018
La vita vuota di Rami Elyakim
Era lì con sua moglie, alla fine del 2016, quando il terrorista islamico Anis Amri (ucciso alcuni giorni dopo a Sesto San Giovanni) piombò sulla folla nel mercatino natalizio berlinese di Breitscheidplatz. Dodici morti, tra cui la giovane italiana Fabrizia Di Lorenzo. Rami Elyakim, gravemente ferito, fu sottoposto a varie operazioni chirurgiche. Appena si svegliò dal coma chiese ai figli: «Dov’è Dalia?». Non la rivide mai più, nemmeno sul lettino dell’obitorio, dopo quaranta anni in cui erano stati praticamente sempre insieme.
Due turisti israeliani come tanti. Quella sera, ha scritto Der Spiegel, volevano un po’ di Glühwein, il vino caldo speziato che si vende nelle bancarelle vicine alla Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche. Un luogo pieno di storia ma senza bellezza, come quella bevanda dal colore cupo. Nel bicchiere di carta in cui è stata versata Rami e Dalia hanno trovato, insieme ai chiodi di garofano, una dose incredibile di follia e odio: un odio moltiplicato dalla propaganda del fanatismo religioso.
Elyakim, 61 anni, è uno dei tanti familiari delle vittime di quella strage che hanno duramente criticato il comportamento delle autorità tedesche: condoglianze mai fatte, ritardi nell’assistenza, richieste burocratiche come la fattura di 51 euro dell’Istituto di medicina legale per coprire le spese dell’autopsia. Un altro capitolo riguarda l’incapacità di prevenire quanto è avvenuto: segnalato per la sua pericolosità, Amri viveva in Germania nonostante le richieste di asilo, respinte, che furono presentate esibendo varie identità diverse.
E adesso? L’indignazione non aumenta il dolore, che in questi casi è già infinito. Tornato in patria, Elyakim vive a Herzliya e il mare che bagna questa città – immaginiamo – è per lui silenzioso anche quando i surfisti ne cavalcano le onde. «Ho lavorato sempre, adesso passo tutto il mio tempo seduto sul divano», ha detto alla Bild. Il suo romanzo non è stato scritto da Abraham Yehoshua, che ha perso anch’egli da poco la sua amata Rivka e aveva raccontato mirabilmente, in Cinque stagioni, l’itinerario complicato di un uomo a cui viene a mancare la donna con la quale ha trascorso l’esistenza. È un testo breve, di dieci parole: «Ho avuto una buona vita, ma ora non ho niente».