Corriere della Sera, 6 gennaio 2018
«Premi di pochi euro, pasti al buffet». La vita (grama) di uno scacchista
Il Grande maestro Igor Naumkin non gioca un torneo in Italia dal 25 novembre. E, se i giudici d’appello della Federazione scacchistica italiana non gli crederanno, non potrà farlo fino al 25 maggio. Sei mesi di sospensione, una delle sanzioni più alte, uno dei pochi condannati al termine del primo grado del grande processo che avrebbe dovuto svelare il marcio che si anniderebbe nel nobile gioco di re e regine nel nostro Paese. Naumkin è stato riconosciuto colpevole di un episodio minore, avrebbe offerto (senza riuscirci) la propria sconfitta per 200 euro, il pareggio per appena 50. «Non è vero», si difende lui. «L’unico teste che sarebbe stato presente afferma che pensava fosse una battuta – insiste il suo legale, Pier Francesco Sica —. Non solo, aggiunge che Naumkin “sembrava aver mangiato e bevuto oltre misura. Era rosso in viso e aveva un bicchiere in meno”. Lo sanno tutti che spesso abusa di alcolici. E qualcuno se ne approfitta». Il Grande maestro ammette di concedersi «mezzo litro di vino prima di un incontro». Poi sorride sornione: «Quando provano a farmi bere di più, è peggio per loro. Gioco anche meglio». Al di là dell’esito giudiziario (appello fissato per il 13 gennaio), accetta di raccontare al Corriere come vive un giocatore professionista come lui, mostrando l’altra faccia, quella che non ti aspetti, di campioni che sembrano tenere in scacco tutto e tutti, avversari e destino.
«Non è una vita semplice. Sei sempre sotto stress, continuamente in movimento, ogni settimana un torneo, si saltano pranzi, non hai giornate regolari». In Italia, la sua seconda patria, Naumkin non ha una casa. È nato a Mosca 52 anni fa, ha iniziato a giocare a 5. «Mio padre mi ha insegnato le prime mosse, non era un campione ma un marittimo. Allora in Unione sovietica non si potevano avere maestri, ho letto libri e imparato da solo».
A 17 anni capisce che può diventare qualcuno. «Campionati di Mosca, torneo chiuso con 9 Grandi maestri. Ne ho battuti 4». Studia termodinamica all’Università, ma il futuro è tra aperture e varianti. Per quattro anni gioca per l’Armata russa, colleziona vittorie e sale nel ranking. Nel ‘90 diventa Grande maestro internazionale, massimo riconoscimento. «In carriera ho battuto due miti come Bronstein e Tal. E ho fatto patta con Carlsen, attuale campione del mondo».
Un passato di tutto rispetto, un presente faticoso per sbarcare il lunario. «Non ci sono più gli ingaggi di una volta. E se vinci un torneo guadagni non più di 4-500 euro. Nel ‘98 a Belgrado vinsi 8.800 dollari, altri tempi». Per fortuna che gli organizzatori con l’invito offrono albergo e colazione. «Ma viaggio e pranzi sono a carico tuo». Così anche il buffet per i partecipanti può essere un discreto obiettivo. «A Montebelluna sono arrivato tardi. C’era tanto prosecco ma poco da mangiare», ricorda Naumkin del torneo dello scorso gennaio che gli ha procurato tutti i suoi guai. Al rinfresco successivo, prima della gara, mangiando e bevendo «oltre misura» avrebbe compiuto il misfatto. «Ho paura di questo sistema. Chiunque ti può accusare per farti fuori. E noi stranieri non siamo sempre graditi, perché togliamo spazio e premi agli italiani. E veniamo pagati di meno».
La sospensione, a parte i mancati introiti, gli è costata anche la revoca di un paio di inviti dall’estero. Lui nega ovviamente di aver cercato di vendere partite e, se gli si chiede se ha conoscenza di casi del genere, diventa ancora meno loquace del solito. Se la cava con una battuta: «È da 500 anni che girano queste voci».
Naumkin non ama studiare prima gli avversari. «Non preparo le partite, sennò arrivo già stanco». Nella valigia tiene più formulari dei vecchi incontri che vestiti. Non ha smartphone, né computer. E nemmeno una famiglia. «Avevo una fidanzata a Mosca, sei anni assieme. Poi una volta sono tornato e mi ha detto che aveva trovato marito», racconta con la leggerezza di chi ha perso solo un pezzo, non ancora la partita. Nella sua vita, che ha sempre attraversato a due colori, adesso è il momento del nero. «Dimostrerò che non ho commesso niente di illecito», assicura. Ma l’ultima mossa non spetta a lui.