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 2018  gennaio 07 Domenica calendario

Andrea Delogu: Il mio ego batte l’analista, sono un disastro se devo parlare del più e del meno

Nei Paesi nordici spesso i palazzi storici sono dotati di ampie finestre, senza tende a coprire: è più importante catturare i pochi raggi di sole, piuttosto che celare (presunte) vergogne o segreti familiari. Andrea Delogu è come quelle finestre.
Risponde, risponde e ancora risponde senza falsi pudori, parla di gelosia, imprevedibili corna, depressione, dislessia, dell’infanzia dentro la comunità di San Patrignano (“I miei genitori prima di mettersi insieme hanno chiesto il permesso a Muccioli”); di battaglie vinte, di altre da affrontare, del rapporto con suo marito, Francesco Montanari, per molti “il libanese” di Romanzo criminale; tutto con il giusto sorriso.
Lei, in questo momento, è considerata la miglior scoperta della televisione italiana, protagonista sulla Rai con Stracult e le due puntate celebrative di Indietro tutta, e dal 17 gennaio condurrà su FoxLife (il 19 in onda anche su TV8) la seconda edizione di Dance Dance Dance.
Per lei molta tv, ma suo marito ha raccontato al Fatto: “Purtroppo non vuole fare l’attrice…”.
Non mi piace. Anzi mi offendo con chi viene da me e dice: “Sei brava, il prossimo passo è partecipare a un bel film”.
Per carità…
Ogni volta vorrei replicare: “Perché, il mio lavoro è di serie B?”. Amo la tv, voglio parlare, condurre e non è un mezzo per arrivare al cinema.
È solo una bella spiegazione-giustificazione o rispecchia in toto la realtà?
(Resta in silenzio) Mi fa paura: per recitare devi diventare qualcun altro, toccare i tuoi mostri e io ne ho tantissimi; lo so e ci lavoro da molto tempo. Da quattro anni vado anche in analisi.
Teme per il suo equilibrio.
Esatto, e l’ho trovato dopo anni di ricerca, quindi non voglio scuoterlo; e poi per recitare mi farei coinvolgere sotto ogni profilo: non sono in grado di impegnarmi a metà, quindi se dovessi lavorare su un personaggio, seguirei l’esempio di Francesco.
Sarebbe?
Lui studia moltissimo, approfondisce, si logora. Spesso neanche scinde il ruolo da se stesso, e lo vedo quando rientra in casa e porta con sé pure il personaggio del momento, con le nevrosi, le problematicità, i picchi del caso.
Non si scherma?
Se interpreta un depresso, anche lui ne risente; se è un iroso stessa situazione, e via così. Oramai lo so, lo vedo, in alcune occasioni lo anticipo: “Oh, questa volta con chi mi tocca convivere?”.
Una fatica.
Recitare è una violenza: è uno staccarsi da sé per concedere a qualcuno di entrare.
Non è pronta…
Non ho voglia di intraprendere un percorso del genere, magari un giorno, non adesso; oggi preferisco la radio e la tv, dove sono io, dove ogni giorno imparo qualcosa di me; da attrice potrei scoprire dei lati della mia vita che è meglio restino silenti.
Sempre suo marito: “A causa di un ruolo, per mesi non ho avuto il desiderio di fare l’amore con mia moglie”.
Capito? Devo avere pazienza, però quando vedo i risultati di tanta fatica, sono orgogliosa.
Il libanese…
Non ho mai visto tutto Romanzo criminale, solo le prime sei puntate.
Non le piace?
È bellissimo, ma non voglio assistere alla scena della morte di Francesco. Comunque in quel ruolo è un’altra persona e alla fine delle riprese ha accusato dei problemi alla mascella: per sette mesi l’ha tenuta spostata per ottenere quel ghigno da malavitoso.
Le paure come si affrontano?
Con l’analisi.
L’analisi è un momento.
Infatti sulle paure rifletto in continuazione: penso all’ansia da prestazione, al terrore di venir giudicata.
È insicura?
Molto. E non mi godo mai il momento, nonostante i successi: temo di perdermi nella felicità dell’attimo.
Il suo obiettivo?
Riuscire a conquistare una sorta di felicità senza dipendere dal giudizio altrui, ma con il mio lavoro è quasi impossibile.
La soluzione?
Trovare un centro, e dire: “Sono riuscita a raggiungere il mio meglio, se è piaciuto, bene; altrimenti amen, non posso essere apprezzata da tutti”. La mia è carenza di affetto…
Un classico.
Chi si impegna in una professione, diciamo “pubblica”, secondo me spesso ha problemi di considerazione mancata, è una sorta di: guardatemi, ascoltatemi. Esisto.
Quando ha deciso la sua professione?
A 13 anni: nella piazza del mio paese all’ultimo è mancato il conduttore; mi hanno chiesto di presentare Cristina D’Avena. Da incosciente ho preso il microfono, ho parlato e catalizzare l’attenzione di tutti mi ha inebriata.
Poi ne ha parlato con i suoi.
No, quel brivido l’ho celato.
I suoi l’abbracciavano?
Non sono mai stati coccoloni: con mio padre giocavo, mentre mamma ha impostato il suo ruolo in maniera rigida. Anzi, lei è rigida in generale e forse grazie a questo atteggiamento ho un’impostazione seria sul lavoro.
Lei abbraccia?
No, vado in analisi anche per questo: voglio essere coccolona.
Dorme avvinghiata?
Per niente. Sono un po’ algida, lo so, per compensare compro tantissimi regali e poi ogni tanto mi scuso: “Amore mi dispiace se questo periodo sono stata assente”.
Suo marito crede a questi espedienti?
Per fortuna sì. Quando smetterà, sarò ufficialmente fottuta. Però sono migliorata.
Per due dello spettacolo, dove apparenza e relazioni contano, quanto è complicato costruire uno spazio proprio e incontaminato?
Non usciamo molto, siamo una coppia noiosa, e in vacanza andiamo nel paesino dei miei nonni, con poche anime presenti, isolati, film e libri, nessuna ansia, nessuno che ci riconosce. Anzi, mi correggo: nessuno che lo riconosce…
Più celebre lui?
Lo fermano piangendo e con attacchi di panico, desiderano toccarlo; mentre con me le situazioni sono più leggere, complimenti semplici: oh, ti ho visto, sei brava.
Lei è gelosa?
Lo braccano più gli uomini, impazziscono per lui.
Al Fatto Ilary Blasi ha detto la stessa cosa di Totti…
E la capisco: potrei uscire con la minigonna inguinale, si butterebbero comunque addosso a Francesco.
Insomma, siete una coppia noiosa…
Noiosissima. E non so stare in mezzo alle persone…
Cosa le accade?
Non so cosa dire di leggero, non so planare sui discorsi, non so utilizzare le frasi di circostanza, detesto la retorica; ed è un grosso problema, anche perché a un certo punto le persone si rompono di conversare con me.
A volte le tocca.
Spesso quando esco resto zitta. E poi non bevo.
Pure…
La mia prima e unica sbronza è arrivata a giugno dell’anno scorso: mi hanno ricoverata dopo cinque bicchieri di vino bianco, scolati a stomaco vuoto. Quanto ho vomitato…
Come mai questa mossa?
Ero a una festa, dovevo parlare del più e del meno, come dicevo non sono capace, così ho tentato la strada dell’alcol per sciogliere i miei discorsi: una tragedia.
C’era suo marito?
E certo! Mentre rimettevo mi ha pure portato un panino per assorbire gli acidi dello stomaco. È pazzo.
Lei fuma?
No.
Una canna?
Ci ho provato una volta, non mi piace aspirare il tabacco. E attenzione: vengo da una comunità, dove ti insegnano, da subito, che tutto ciò che non è naturale fa male.
Quando andava alle superiori si è mai sentita diversa rispetto agli altri ragazzi?
Mai posta tale problema, nella mia testa mi dicevo: “Sei speciale”. Poi da grande ho pagato il conto, per salvarmi mi sono iscritta a una scuola di teatro perché non avevo i soldi per andare in analisi.
Cosa l’ha salvata?
Il mio ego.
Spiccato?
Enorme. Quando mi sono seduta la prima volta davanti al mio analista, gli ho detto: “Il problema è che penso di sapere tutto, quindi la mia arroganza mi farà ritenere che potrà dire cose non giuste”.
Ha mai cambiato analista?
Tre volte.
“Non bastano due gambe per fare tv”. Parole sue.
Davvero l’ho detto? Chissà cosa avevo in testa…
Quindi?
Bisogna studiare, la televisione non è fortuna. È possibilità. Poi devi avere dentro di te il tempo scenico, è importante saper ballare e ascoltare.
In primis “studiare”.
Sempre. Grazie al corso di dizione ho scoperto la dislessia; svelato un arcano che mi porto dietro da quando sono piccola, e mi definivano stupida perché non riuscivo a scrivere correttamente: sparavo terribili errori di grammatica.
E oggi?
So parlare in modo corretto, coniugo i verbi, ma solo perché vado a orecchio, non per una conoscenza reale delle regole. Gran parte della mia capacità espressiva si è sviluppata grazie alla televisione guardata da bambina prima, da adolescente poi.
Era “stupida”.
Me lo dicevano in continuazione.
E quando ha scoperto la dislessia…
È finita la mia ansia, ho iniziato a leggere, improvvisamente ho capito e non mi sono più sentita inferiore.
E quando ha svelato a se stessa la sua bellezza?
Il giorno in cui mamma mi ha iscritta al programma Veline. In quell’occasione colpii la Gialappa’s che mi volle per Velone.
In cosa li ha stupiti?
Sorridevo, non ammiccavo. Anche oggi, non ammicco, non sono capace, e perché sono cresciuta convinta di non essere bella: puntavo sulla simpatia.
Era l’amica ironica?
Alla quale spezzavano il cuore: un ragazzo in particolare mi fece stare malissimo, poi un giorno è tornato…
E gli ha sbattuto la porta in faccia.
Ci sono stata. Poi l’ho lasciato.
Lei e le amiche.
Sono legatissima e da anni a Ema Stokholma, una sorella (la vincitrice del programma Pechino express), poi un’altra è un’assistente sociale e altre due: con loro mi inerpico nei miei discorsi pallosissimi.
La sua gavetta?
In giro per le piazze italiane, dove impari a capire quali sono i tempi giusti: la gente non veniva per me, ma per quelli dopo; piano piano scoprii come ritagliarmi lo spazio corretto. Poi ero la vocalist in discoteca con Ema: cinque, sei anni per l’italia, ed è stato super stancante perché amo andare a dormire presto.
Insomma, dietro la collina c’è il sole…
Però mi manca un pezzo della mia infanzia… Tutti noi abbiamo un posto nel quale tornare: una città, un paese. Io non posso, per ovvie ragioni.
Quali sono?
In primis il libro che ho scritto su San Patrignano (La collina, edizioni Fandango): mi ha creato dei problemi, sono cambiati dei rapporti, e quello è un posto chiuso con una sbarra, non un luogo qualunque. Una situazione del genere l’ho dovuta introiettare.
La frattura.
No, la certezza di non poter più tornare a casa.
San Patrignano è casa.
Sì. E mia madre soffrirà nel leggere queste parole.
Le leggerà?
Mi segue da sempre, tiene tutti gli articoli, le locandine, qualunque spunto.
Orgogliosa.
Tantissimo.
Lo esprime?
Ha imparato a dirmi “brava”. Prima no, non sapeva che ne avevo bisogno.
Suo marito è spaventato da lei.
Sì. Mi dice: “Non è facile essere come te”.
Teme mai di bluffare con se stessa?
Eccome. Mi chiedo sempre: “Lo vuoi realmente? Ti piace sul serio” L’altro giorno sono uscita dal lavoro e sono andata a casa a piedi: sei chilometri per stare da sola.
Come presentatrice, cosa ha più degli altri?
Mi piace stare in studio, mi sento protetta, ho la sensazione che non mi possa accadere nulla, il mondo si ferma.
L’adrenalina.
È una droga, ti ammazza.
La gestisce?
Quando finisci un lavoro importante, vai in down, e in un caso sono caduta in una depressione forte: è durata sei mesi, mi sono spaventata; si è risolta quando le ho dato un nome e ho capito come uscirne.
Si è sposata in Chiesa.
Sconsacrata, senza prete. Però un mese prima abbiamo celebrato le nozze in Comune, con sei persone, e quello lo considero il mio matrimonio: vestita con gli anfibi, gonnellona anni Ottanta e il chiodo (giubbotto di pelle).
Mentre suo marito…
È tradizionalista, voleva una vera cerimonia: uno stress.
Non l’è piaciuto…
No, bello. Ma per anni ho lavorato in discoteca e partecipato a feste, poi il mio lavoro è stare al centro dell’attenzione, quindi non ho avvertito alcuna differenza rispetto alla quotidianità. L’unico aspetto piacevole è stato l’incontro tra i nostri parenti, ma non posso definirlo il giorno più bello della mia vita…
E qual è, “il giorno”?
Quando Francesco è tornato da me dopo avermi lasciata.
Starete insieme per sempre?
Voglio lavorare per. È un impegno sul quale è necessario investire, e sotto ogni profilo, anche sessuale.
Per i prossimi 20 anni è certa che non vi tradirete?
A Francesco non ho mai detto “non mettermi le corna”, gli ho solo specificato: “Mi incazzo se non sei bravo a nascondermelo, se mi ferisci, se mi umili”.
Un calendario sexy?
Oramai è tardi, ma lo avrei fatto, non ho problemi a girare nuda, anzi mi piace.
Riprovo: il suo sogno professionale?
Non c’è. Ed è questo il mio segreto.
Recita Costantino Kavafis: “(La vita) non la svilire a furia di recarla così sovente in giro, e con l’esporla alla dissennatezza quotidiana di commerci e rapporti, sin che divenga una straniera uggiosa”. Andrea Delogu sembra saperlo.