il Fatto Quotidiano, 7 gennaio 2018
Debiti dello Stato, siamo ancora gli ultimi in Europa
Imprese costrette a diminuire il personale e gli investimenti, a iper indebitarsi, a ritardare a loro volta il pagamento dei fornitori o anche a chiudere. Lo scorso 7 dicembre la Commissione europea ha deciso di portare l’Italia davanti alla Corte di giustizia europea per i “ritardi sistematici” dei pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione.
Quello dei pagamenti dello Stato a chi gli fornisce beni o servizi è un campo in cui l’Italia ha un primato. Siamo i peggiori in Europa. “Il primo impegno è lo sblocco totale dei debiti della Pubblica amministrazione, aveva proclamato il neo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il 24 febbraio 2014. Le cose non sono andate esattamente così. Nonostante una procedura d’infrazione aperta nel 2014 e tre anni di attesa da parte di Bruxelles a seguito delle rassicurazioni del governo, le pubbliche amministrazioni italiane continuano infatti a sfondare alla grande i termini di pagamento di 30 giorni (con deroga a 60 per la sanità) fissati da una direttiva europea del 2013. Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che avviò la procedura d’infrazione quando era commissario, considera il deferimento alla Corte di giustizia una conclusione “inevitabile”: quanto accaduto, secondo Tajani, “dimostra che la flessibilità è stata più che altro un pretesto per non rispettare le regole. L’Italia è tra i peggiori pagatori d’Europa. Ed è intollerabile che uno Stato sia inflessibile, aggressivo e arrogante nei confronti dei cittadini quando si tratta di pagare le tasse e poi, quando è lui che deve pagare, non fa il suo dovere. Questo è il modo migliore per legittimare l’evasione, colpire l’occupazione e uccidere tante Piccole e medie imprese”.
Per Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari europei, il deferimento di fronte alla Corte di Giustizia “Non è edificante, ma la questione esiste, inutile negarlo – ha detto alla stampa nei giorni scorsi – dobbiamo garantire l’effettivo pagamento delle fatture secondo i tempi dettati dalla direttiva”. Secondo Gozi rispetto alla situazione degli anni passati però “le cose sono notevolmente migliorate: eravamo attestati a 180 giorni, ora siamo attorno a 90”. La cifra è superiore a quella indicata nel sito del ministro dell’Economia, dove si afferma di aver dimezzato, grazie alla fatturazione elettronica introdotta dal marzo 2015 i tempi medi di pagamento: il sito stima, per l’anno 2016, un tempo medio di 64 giorni. Una cifra che a sua volta cozza con quelle divulgate da Bruxelles, secondo cui, invece, la media è di 100 giorni dal ricevimento delle fatture.
“Quella mostrata sul sito del Mef è una rilevazione parziale”, spiegano a Confindustria, “i dati sui pagamenti dovrebbero essere caricati dalle varie amministrazioni pubbliche sulla piattaforma informatica, ma non tutti lo fanno, e in genere le amministrazioni inadempienti sono proprio quelle che pagano con maggiore ritardo”. L’andazzo secondo l’Associazione nazionale dei costruttori edili, è particolarmente disastroso nel comparto delle costruzioni: il 70% delle imprese che realizzano lavori pubblici sarebbero pagate dopo 156 giorni, cioè 5 mesi dall’emissione delle fatture o dello Stato avanzamento lavori (il documento che serve alle imprese per avere pagamenti in corso d’opera). Un’attesa in grado di mettere in ginocchio anche le aziende più strutturate.
In realtà cifre certe sui tempi di pagamento non ce ne sono, perché sebbene nelle promesse del ministero dell’Economia la fatturazione elettronica avrebbe fornito alla Pubblica amministrazione dati precisi, lo Stato a oggi non sa neppure a quanto ammonti il totale delle fatture scadute. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, l’estate scorsa i ritardi ammontavano a 34 miliardi.
Secondo Confindustria, con la fatturazione elettronica dei passi avanti sono stati fatti, e miglioramenti riguardo alla trasparenza dovrebbero venire dal nuovo sistema informativo su incassi e pagamenti, il cosiddetto Siope plus, di cui il ministero ha avviato una sperimentazione. “Un’ impresa potrà sapere, per esempio, se l’Asl che gli ha chiesto una fornitura paga in tempi regolari o 150 giorni, cosa che fa una certa differenza”, spiegano ancora a viale dell’Astronomia.
In ogni caso, l’iniziativa più significativa presa finora per rimediare al problema ritardi risale al cosiddetto decreto “sblocca debiti”, varato dal governo di Mario Monti nell’aprile 2013: uno stanziamento da 54 miliardi (finora ne sono stati erogati 47) per arginare la marea di debiti scaduti, che allora aveva raggiunto, si stima, la cifra record di 90 miliardi.