La Stampa, 6 gennaio 2018
Intervista a Lindsey Vonn: «Lo sci non mi basta più. Oltre all’oro sogno di migliorare il mondo»
Non ha ancora smaltito il jet-lag. «Il ritorno in Europa è sempre complicato», dice Lindsey Vonn, 33 anni, con un sorriso stanco dopo l’allenamento sulle nevi del Passo San Pellegrino. La stella mediatica del circo bianco è a Pozza di Fassa, sosta tecnica prima del ritorno in gara in Austria in discesa e in superG il 13 e 14 gennaio a Bad Kleinkirchheim. È in tuta, i capelli raccolti nell’inseparabile treccia e il ghiaccio sul ginocchio, coccolata dallo sponsor Briko. Si annoia in fretta, la cagnolina Lucy scorrazza nella hall dell’albergo e lei la segue con lo sguardo, formulando risposte di rito alle «solite» domande sullo sci. Lindsey però si accende se le parli dei suoi progetti e dei temi che più le stanno a cuore, quelli in difesa delle donne. Lei, la sciatrice glamour, regina delle nevi con un palmares senza pari, quando si toglie la maschera rivela un’anima profonda. Ha superato le tempeste degli infortuni in serie, del gossip, degli amori tormentati (il primo marito), di quelli glamour (Tiger Woods) e delle crociate mediatiche. E oggi abbina ai trionfi sportivi la forza di schierarsi, fino a diventare portabandiera dei diritti femminili e perfino di chi vede la sua America minacciata dalla leadership di Donald Trump.
Lindsey, si sente davvero un’icona globale?
«Come atleta affermata ho il privilegio di far sentire la mia voce, mi vengono poste domande di ogni tipo alle quali non risponderei se fossi una persona normale e per questo mi sforzo di essere sempre onesta. È una buona opportunità poter essere una portavoce per il mio Paese, voglio trasmettere ideali positivi ed è importante che io sostenga le mie opinioni. L’America è una grande nazione, ognuno ha la libertà di dire ciò che pensa, quindi non voglio e non posso essere attaccata più di altri».
Sugli Usa di oggi lei è critica. A cosa deve questo suo dissenso?
«Al fatto di viaggiare molto, di girare il mondo. Come ho spiegato sui social, vedo e sento che molti hanno una brutta opinione di noi ed è davvero molto triste. Per questo voglio essere un’ambasciatrice positiva».
Parliamo delle donne, tema sul quale lei è molto sensibile. Esistono le molestie sessuali nello sport?
«Sì, sfortunatamente. Ci sono in tutti gli ambienti della vita e neppure lo sport ne è esente. Guardi le ginnaste, tre delle “fab five”, le magnifiche cinque, sono state molestate ed è tristissimo vedere che tutto questo è andato avanti per molti anni. Erano atlete giovanissime e in una posizione vulnerabile, senza i genitori accanto. Penso sia importante per le famiglie parlare con i figli e spiegare cosa è giusto e cosa non lo è. Forse così si potrebbero cambiare certe situazioni e trasmettere a chi ha subìto molestie o violenze la forza di denunciare».
Ci sono casi simili nello sci?
«Sì, quattro anni fa venne arrestato un allenatore canadese che si era comportato in modo censurabile con atlete minorenni. A me non è mai successo. Molto dipende da quanto potere ha l’allenatore e dall’ambiente che c’è attorno all’atleta: è fondamentale che le donne sappiano di avere la forza di denunciare».
Lei è molto impegnata sul fronte sociale con la «Lindsey Vonn Foundation», che destina parte dei profitti al sostegno scolastico delle giovani. La sua missione è sempre più quella di diventare paladina dei diritti rosa?
«Ho sempre voluto superare “the glass ceiling” (il soffitto di cristallo, ndr), la barriera fisiologica che separa ancora le donne dai maschi in carriera. Per questo voglio gareggiare contro gli uomini, non penso che nello sci ci sia una grande discrepanza tra maschi e femmine, come invece nel football o nel tennis fino a poco tempo fa. Noi sciatori siamo già pagati allo stesso modo. Ma io cerco di rafforzare le donne e per questo ho creato la mia Fondazione, per dare alle giovani la possibilità di aver successo nella vita».
Le due Coree stanno facendo prove di pace. Saranno i Giochi della distensione?
«Lo spero. Le Olimpiadi da sempre regalano grandi benefici, è l’occasione per mettere da parte la politica e stare insieme in modo pacifico».
Qual è il suo sogno?
«Voglio essere felice, non mi basta fare l’atleta. Il mio desiderio più grande è aiutare gli altri. Come? Non so ancora. L’intervista alla Cnn e il caso Trump mi hanno aperto gli occhi e spalancato strade nuove. Ho capito che posso diventare l’avvocato dell’uguaglianza e della pace nel mondo, però non so cosa mi riserverà il futuro».
Tornando allo sci, come sta?
«La schiena va meglio ma il ginocchio destro mi dà qualche problema. Essere la più forte non è un lavoro facile».
Se dovesse scegliere tra Coppa del Mondo e Olimpiadi?
«L’oro ai Giochi. In America è un appuntamento molto sentito e seguito, invece gli americani non capiscono il vero valore dei record di Coppa del Mondo. Vorrei chiudere la carriera con un grande risultato».
Quindi si ritirerà dopo la Corea?
«No, non lo so. Dovrò vedere come risponderà il mio fisico e soprattutto il mio ginocchio. Divento vecchia e c’è tanto lavoro da fare per restare la più forte. Ma oltre ai Giochi ho sempre in mente la caccia al record assoluto di vittorie di Stenmark».
Come affronta la concorrenza della sua compagna Mikaela Shiffrin e delle altre giovani?
«Per me l’età non conta, fa la differenza il fatto di poter dare il massimo o no. Questa è la mia sfida, l’obiettivo principale: so di non poter più sciare come prima ma vado ancora veloce e non mi risparmio, l’importante è dare sempre il massimo. È una questione mentale».
Con Sofia Goggia ha un ottimo rapporto. Si diverte con lei?
«Sì, tanto. È un bene che ci sia un’atleta così, è forte e intelligente, ha sofferto molto e capisce cosa significa lottare. Anche per questo c’è grande stima tra di noi».
Lo sa che Sofia ha scritto un racconto sugli infortuni subiti?
«No, davvero? È una bella idea, anche a me piace scrivere ma solo quando sono in aereo. Chissà, in futuro ci penserò».