Il Sole 24 Ore, 7 gennaio 2018
Tutte le droghe al fronte
La storia dei conflitti armati è intrinsecamente legata alle sostanze psicotrope. Ad esempio testimonianze sul fungo Amanita muscaria ne fanno risalire l’uso addirittura al paleolitico sahariano, ma pare fosse largamente usato da molte tribù siberiane e dai famigerati berserker vichinghi in cui avrebbe indotto uno stato di frenesia tale da renderli feroci e imbattibili sul campo di battaglia.
Droghe tradizionali come le foglie di coca hanno segnato la storia degli eserciti di Perù e Bolivia perché ne aumentavano la resistenza alla fatica durante le spossanti marce in alta quota: pare che nel 1873 un soldato sia riuscito a percorrere addirittura 2.200 chilometri in soli 20 giorni. Ma per un uso di massa di oppio e morfina bisogna attendere la rivoluzione americana del 1775 e la successiva guerra civile del 1861.
Lo sviluppo di armi moderne, con i nuovi proiettili per i fucili ad avancarica, e una chirurgia di guerra che non era ancora in grado di debellare le infezioni obbligavano a continue amputazioni: oppio e morfina erano gli unici rimedi per attenuare il dolore, anche se ovviamente producevano dipendenza. Nel 1865 quasi 400mila reduci erano schiavi della morfina, a dimostrazione del fatto che un conflitto aveva prodotto un’epidemia di massa di tossicodipendenza.
La cosiddetta «malattia del soldato» diventa psicosi durante la Prima guerra Mondiale, visto che la presenza della cocaina in Gran Bretagna fu ampiamente esagerata e sovrastimata. È pur vero che veniva distribuita nel rum per stimolare le truppe al fronte sottoposte alla durissima vita di trincea, ma a ingigantirne il pericolo era stata soprattutto l’idea di un complotto internazionale, cavalcato dai media, che aveva spinto il governo a emanare severe norme di controllo.
Nella Seconda guerra mondiale, dove fa irruzione la temutissima strategia nazista del Blitzkrieg, o guerra lampo, le esigenze sono altre: serve una “pillola d’assalto” che aumenti l’efficienza delle truppe corazzate e soprattutto la velocità in battaglia. La risposta è il Pervitin, un’anfetamina talmente diffusa che nel solo 1939 ne vengono inviate al fronte 29 milioni di compresse. La benzedrina secondo molti storici militari è la chiave di successo della battaglia di el Alamein, con la distribuzione di 72 milioni di pillole, quando le divisioni di Rommel vengono sconfitte nel deserto e si cambiano le sorti del conflitto anche in Europa.
La distribuzione di anfetamine raggiunge dimensioni record nel teatro del Pacifico quando gli Usa hanno a che fare con la caparbietà delle forze giapponesi che sembrano votate al sacrificio pur di non essere sconfitte. Non ci sono solo i piloti kamikaze, molti dei quali peraltro non erano neanche volontari, ma la resistenza di truppe educate da secoli di Bushido, dove perdere in battaglia conservando la vita era considerata una forma di disonore. Questo incontro con la cultura asiatica assume aspetti paradossali in Vietnam, con quella che verrà chiamata la guerra psichedelica.
In patria la contestazione giovanile spingerà gli hippy a godersi la vita, il sesso, le droghe e il rock’n’roll. In Indocina gli americani mandati al fronte hanno un’età media di 19 anni e combattono in un paese dove un sacchetto di marijuana, un grammo di eroina o di morfina costano meno di una birra. La concentrazione di Thc nell’erba locale è cinque volte superiore a quella disponibile in patria. L’elevata asimmetria del conflitto e le terribili condizioni che si trovano nella jungla trasformano il fronte in un incubo con cui è difficile avere a che fare. Malaria, zecche, sanguisughe, serpenti. La noia impera sovrana, spesso per giorni, prima di incappare improvvisamente in un’imboscata o in una trappola vietcong irta di pali scavata sul terreno. Nel 1973, anno del ritiro, il 70% dei coscritti assumeva abitualmente stupefacenti. Con il rientro in patria scoppia il problema dei reduci: da 400mila a 1,5 milioni di giovani veterani soffrono del disturbo da stress post-traumatico. Storicamente è la fine di un’era da cui gli Usa faticheranno ad uscirne.
Lukasz Kamienski, Shooting Up, storia dell’uso militare delle droghe,Utet, Milano, pagg. 556, € 20,40