Il Sole 24 Ore, 7 gennaio 2018
La corsa senza fine del debito globale. Raggiunta la soglia di 233mila miliardi di dollari
Una montagna di debiti. Mai come oggi l’economia mondiale si regge sul “domani”, ovvero sulla promessa di sostenere in futuro la mole di prestiti a cui i vari attori economici (Stati, famiglie, banche e società finanziarie) hanno fatto ricorso negli ultimi anni.
Il debito globale ammonta – secondo gli ultimi dati rilasciati dall’Istitute of international finance e aggiornati al terzo trimestre del 2017 – alla cifra monstre di 233mila miliardi di dollari. Rispetto a fine 2016 la massa è lievitata di 16mila e 500 miliardi. Se si amplia l’orizzonte si scopre che in 10 anni il debito è cresciuto di 71mila miliardi.
I dati parlano chiaro: il mondo può dire di aver messo alle spalle l’ultima grande crisi finanziaria (bolla dei derivati subprime del 2007) ma al prezzo di aver ingrassato il debito globale (sia pubblico che privato) di circa un terzo del totale in un appena due lustri. In 20 anni il debito è cresciuto di 163mila miliardi. Come dire che il 70% dell’attuale mole di prestiti è “nato” dal 1997. Si tratta di una cifra enorme. Per intenderci, come metro di paragone basta ricordare che la capitalizzazione globale delle Borse ammonta a 80mila miliardi di dollari. Oppure che ogni anno il mondo genera un Pil di 77mila miliardi.
Ogni Paese, poi, nasconde una storia diversa. Lo studio di Iif evidenzia che dal 2015 il debito delle imprese è esploso ad Honk Kong (+30%) e in Francia (+10%) mentre in Cina è lievitato quelle delle famiglie (si veda articolo in fondo). Quanto all’Italia si registra invece un calo in rapporto al Pil del debito di famiglie e imprese per circa il 5%. Il debito aggregato in Italia è al 350% del Pil, più basso di quello francese che supera il 400%.
Dietro l’impennata del debito globale c’è però una notizia positiva. Nel 2017 il rapporto debito/Pil è diminuito passando dal 321% al 318%. Questo non perché gli attori economici abbiano fatto meno ricorso al debito ma perché nel frattempo il denominatore di questo rapporto (il Pil) è aumentato in modo più che proporzionale. L’economia mondiale nel suo insieme ha in quindi beneficiato di un effetto “moltiplicatore” dato che il debito creato negli ultimi mesi ha generato crescita (Pil) in misura più che proporzionale.
Non sarebbe stato cosi, però, se di mezzo non ci fosse stato il clamoroso “aiutino” delle banche centrali, reduci da nove anni consecutivi di politiche espansive attraverso le quali hanno immesso nel sistema oltre 15mila miliardi e ridotto il costo del denaro ai minimi termini. Questo aiutino ha stimolato proprio l’indebitamento, in ragione di interessi da pagare mai così bassi e in alcuni casi addirittura negativi.
La montagna di debito su cui poggia l’attuale ciclo di espansione economica – che gli esperti definiscono Goldilocks economy, un ciclo in cui c’è crescita moderata ma costante a fronte di un’inflazione molto bassa – rende il sistema meno efficiente perché mantiene in vita tutti i debitori fragili i quali, non avendo di che preoccuparsi per il rimborso dei loro debiti, possono permettersi di mantenere la loro struttura inefficiente. E vulnerabile. Il Global debt monitor di Iif punta il dito, in particolare, su due fattori di criticità. L’indebitamento in valuta straniera (soprattutto in dollari) dei Paesi emergenti non è mai stato così alto: solo nell’ultimo anno sono stati emessi bond per 600 miliardi di dollari e nel 2018 andranno in scadenza titoli per 1.500 miliardi. Se gli Usa dovessero alzare i tassi più velocemente del previsto per molti Paesi, così come per molte aziende, ripagare il debito in biglietti verdi più cari diventerà più complicato.
In questo senso la politica fiscale molto aggressiva adottata dal presidente degli Usa Donald Trump – che è riuscito a far passare un taglio della tassazione per le imprese che reimpatriano capitali negli Usa – potrebbe scatenare un “effetto farfalla”. Perché se tutto andrà come previsto si tradurrà in un forte aumento di flussi verso gli Usa. Questo potrebbe spingere la Fed ad aumentare il ritmo delle strette monetarie, “costringendo” altri Paesi a fare altrettanto. Con il rischio di un’ulteriore impennata del debito (per via degli interessi). Inoltre, con questa leva monstre è evidente che il mondo adesso ha meno munizioni per reggere l’onda d’urto di un eventuale grave shock finanziario. Insomma, il debito – che in ogni caso corrisponde al credito se lo si osserva dalla prospettiva opposta – negli ultimi 10 anni ci ha salvato (non possiamo sapere cosa sarebbe accaduto se non fosse cresciuto) ma ha reso il castello su cui poggia il sistema molto più fragile.