il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2018
I gemelli diversi
La sindaca di Roma Virginia Raggi è imputata di falso; il sindaco di Milano Giuseppe Sala è imputato di falso. Il 3 gennaio la Raggi, alla vigilia dell’udienza preliminare, ha chiesto il giudizio immediato, saltando il passaggio davanti al gup che avrebbe potuto rinviarla a giudizio, ma anche proscioglierla; il 5 dicembre Sala, alla vigilia dell’udienza preliminare, ha chiesto il giudizio immediato, saltando il passaggio davanti al gup che avrebbe potuto rinviarlo a giudizio, ma anche proscioglierlo. La Raggi ha spiegato su Facebook che desidera “che sia accertata quanto prima la verità giuridica dei fatti” perché “sono certa della mia innocenza, non voglio sottrarmi ad alcun giudizio e ho piena fiducia nella giustizia e nella trasparenza”; Sala ha spiegato su Facebook che vuole “accelerare quanto più possibile i tempi del processo” perché “sono certo che verrà riconosciuta la mia innocenza” (manca solo la fiducia nella giustizia: Sala infatti strilla contro l’“attività persecutoria” dei magistrati che indagano su di lui). Due casi uguali per importanza (i processi ai sindaci di due grandi metropoli) e per fase giudiziaria (post-richiesta di rinvio a giudizio e pre-udienza preliminare), sovrapponibili almeno in parte per le accuse (per la Raggi falso ideologico, per Sala falso ideologico e materiale più abuso d’ufficio) e identici per scelta processuale (il rito abbreviato con cui l’imputato, di fatto, si rinvia a giudizio da solo). Con tre sole differenze.
1) Le accuse mosse a Sala sono molto più gravi di quelle mosse alla Raggi. Sala è imputato di falso per aver retrodato di 13 giorni le carte del più grande appalto di Expo – quello da 272 milioni per la “piastra” dei padiglioni – per poter sostituire in corsa due commissari incompatibili; e di abuso per aver affidato senza gara l’appalto sulla fornitura degli alberi alla solita impresa pigliatutto Mantovani, che acquistò le piante per 1,6 milioni, ma Sala – cioè il contribuente – gliele pagò 4,3 milioni: infatti il Pg parla di “danno di particolare gravità” per la collettività e “ingiusto vantaggio patrimoniale alla Mantovani”. La Raggi è accusata di aver mentito all’Anticorruzione del Campidoglio, dichiarando che la nomina del dirigente dei Vigili Renato Marra a capo del dipartimento Turismo del Comune la decisero lei e l’assessore Adriano Meloni, senza sapere nulla di interferenze del capo del Personale Raffaele Marra, fratello del nominato (versione confermata da Meloni e dagli altri responsabili dell’interpello per la rotazione dei 190 dirigenti comunali): una dichiarazione che, vera o falsa che sia, non ha arrecato alcun danno ai contribuenti.
2)Se la Raggi fosse condannata, non sarebbe sospesa dal prefetto in base alla legge Severino (anche se dovrebbe dimettersi per il codice etico M5S), mentre Sala sì: l’abuso d’ufficio è compreso fra i reati che comportano la sospensione degli amministratori locali condannati in primo grado, mentre il falso no.
3) La Raggi che chiede il rito immediato fa scandalo, infatti occupa da due giorni ettari di carta stampata, grandi spazi nei siti e mega-servizi nei tg, mobilitando editorialisti, commentatori e giuristi. Giovedì Repubblica ci apre la prima pagina: “‘Processo subito’. La mossa di Raggi per aiutare Di Maio”. Editoriale di Carlo Bonini: “L’ultima favola di Virginia”, la “bugiarda a sua insaputa” che vuole “cojonare i romani” con l’ennesima “manomissione della realtà che fa dire ai fatti qualcosa di diverso o di opposto a ciò che significano” e fuggire dal processo per congelarne l’“effetto politico fino a dopo le elezioni del 4 marzo”, insomma pretende “una giustizia prêt-à-porter, cucita sul calendario elettorale”, mentre Bonini ha già deciso che è colpevole, con un giudizio ancor più immediato dell’immediato: “Renato Marra fu promosso dalla sindaca in accordo col fratello Raffaele” che la “portava per mano come una scolaretta”. Punto: inutile fare il processo. Pagina 2: “Raggi, mossa sul processo per andare oltre le elezioni” (con commento di Renzi che invita i 5Stelle a “chiedere scusa”). Altre tre pagine in cronaca di Roma: “Raggi gioca sull’effetto tempo e rinvia guai giudiziari e rimpasto”, “Dal processo al rimpasto, Raggi gioca con il tempo”, “La maledizione del raggio magico”. Corriere, prima pagina: “Raggi chiede di essere giudicata dopo il voto” (falso: non ha indicato date, né avrebbe potuto). Pagina 2: “Raggi prova a rinviare l’udienza”. La Stampa, pagina 7: “Giudizio immediato: così Raggi eviterà di finire alla sbarra prima delle elezioni”.
Il Messaggero, prima pagina: “Raggi a processo dopo il voto”, editoriale dell’ex pm Carlo Nordio: “La svolta cinquestelle. La conversione in extremis alle garanzie dell’imputato” (che col rito immediato c’entrano come i cavoli a merenda). Pagina 2: “La mossa di Raggi: giudizio immediato per superare le urne”. Pagina 3: “In caso di condanna ora deciderà Di Maio”, “Cosa cambia con il rito immediato?”. Cronaca di Roma, altre tre pagine: “Caso Raggi, rimpasto congelato”, “Caso Raggi, M5S congela il rimpasto nella giunta”, “E il Campidoglio prende tempo: ‘Parte civile solo in caso di danno’”. Il Giornale: “La furbata della sindaca Raggi: giudizio immediato e niente udienza”. Il Dubbio: “Raggi anticipa il processo per evitare il processo…”. Ieri si ricomincia. Il Messaggero: “Raggi, il gip pronto a fissare il processo a inizio estate”; intervista all’ex assessore Andrea Mazzillo: “È vero, l’effetto Roma peserà in campagna elettorale”; intervista a Niccolò Ghedini (avete capito bene: Ghedini): “Se ha rinunciato all’udienza non dev’essere messa bene” (non ha neppure chiesto una dozzina di leggi ad personam per abolirsi i reati e il processo, per dire com’è messa); “Il Campidoglio rinuncia a costituirsi parte civile”; “Il caso Raggi scuote il M5S: lite su processo e rimpasto”. Corriere: “In Campidoglio malumori su Raggi: doveva dirci del giudizio immediato”.
Invece Sala che chiede il rito immediato non fa notizia né scandalo, infatti non ne parla nessuno. Silenzio assoluto dei tg. Zero tituli su giornaloni e giornalini, tranne Repubblica e Corriere che il 6 dicembre pubblicano due trafiletti molto british e soprattutto molto invisibili, entrambi su una colonna a pagina 13. Nessun accenno alla concomitanza fra l’udienza preliminare (fissata per il 14 dicembre e saltata da Sala) e la campagna elettorale: basta e avanza la versione dell’imputato, sulla sua legittima e nobile scelta processuale. Repubblica: “Sala e l’accusa di falso per Expo: ‘Rito immediato, voglio la sentenza al più presto’”: l’imputato modello vuole “evitare la prescrizione” con un “processo veloce”, “per uscirne, secondo la sua linea di difesa, da assolto. Non da prescritto”. Corriere: “‘Io innocente’. Sala chiede il rito immediato”. Che pezzo d’uomo, che preclara figura. Certo, non ne sarebbe uscito benissimo se Repubblica avesse titolato “La mossa di Sala per aiutare Renzi”. Se Bonini avesse tuonato contro “L’ultima favola di Giuseppe”, il “bugiardo a sua insaputa” che vuole “cojonare i milanesi” con l’ennesima “manomissione della realtà” e congelare l’“effetto politico del processo fino a dopo le elezioni”, insomma pretende “una giustizia prêt-à-porter”, anche perché al processo sarà condanna sicura. Se il Corriere l’avesse sbattuto in prima pagina con uno stentoreo “Sala chiede di essere giudicato dopo il voto”. Se La Stampa l’avesse accusato di tramare per non “finire alla sbarra prima delle elezioni”. Se Il Messaggero gli avesse montato titoloni cubitali tipo “Sala a processo dopo il voto”, “In caso di condanna sarà sospeso dal prefetto”, o gli avesse appioppato l’oracolo di Ghedini “Se rinuncia all’udienza non dev’essere messo bene”. Se il Giornale avesse denunciato la sua “furbata”. Se Il Dubbio, per quanto clandestino, gli avesse appiccicato il sapido calembour “Sala anticipa il processo per evitare il processo…”.
Sai le risate, povero Beppe. Invece niente. Due trafiletti visibili solo al microscopio elettronico, e via. Perché? Perché Virginia è donna, direbbe certamente la Boschi. O magari – Dio non voglia – perché la Raggi è dei 5Stelle e Sala è del Pd? Noi ci rifiutiamo anche soltanto di pensarlo. E voi?