Corriere della Sera, 5 gennaio 2018
Amadeus si racconta: «Nel 2006 la popolarità è sparita. O mi disperavo o ripartivo da zero»
«All’esame di Maturità mi sono seduto davanti alla commissione e ho detto: vi prometto che non farò mai il geometra in vita mia, io voglio fare il presentatore. Mi serve il diploma perché l’ho promesso ai miei genitori». Il suo nome era ancora Amedeo Sebastiani, ma il suo obiettivo lo aveva già chiaro: voleva diventare Amadeus. «Come studente non ero granché, o meglio ero uno da estremi: prendevo 8 e 9 in italiano e inglese e 3 in matematica. Se la materia mi piaceva la studiavo con passione, se no lasciavo perdere. Anche nel lavoro sono così: riesco a fare solo quello che mi piace e di cui sono convinto».
Determinato e testardo: «Già a 14 anni sapevo che avrei fatto il presentatore, sono cresciuto con Canzonissima di Corrado e Raffaella Carrà, vedevo Rischiatutto di Mike Bongiorno, Portobello di Tortora, seguivo Pippo Baudo. Non avevo amicizie che mi potessero aiutare, raccomandazioni, parenti introdotti nel mondo dello spettacolo, politici che mi appoggiassero. Ho iniziato dalle piccole radio, poi le tv locali. Intanto portavo i miei provini in Rai e a Canale 5, mi spacciavo per giornalista e dicevo che dovevo fare un’intervista al tal dirigente tv e poi gli davo i miei provini. Mi ero messo in testa di fare il conduttore, era l’unico mestiere che volevo fare, non ce ne erano altri. Fosse andata male, non avevo un piano B».
Gli ha detto bene e ha presentato il Festivalbar e Buona domenica, Domenica in e Quiz show, L’eredità e Reazione a catena. Adesso tutte le sere su Rai1 dopo il tg dà la caccia ai Soliti ignoti dove bisogna abbinare 8 identità a 8 personaggi che si presentano uno alla volta di fronte al concorrente. «La fascia dell’access (tra le 20.30 e le 21.10) è strategica nell’economia aziendale della Rai, io la considero come una prima serata, facciamo più di 5 milioni di spettatori: sono ascolti che a volte non si fanno in una normale prima serata. Mi sto giocando la cosa più importante di quelle fatte finora: è come quando ti chiamano a giocare in Nazionale, la partita non la puoi sbagliare». La partita è contro Striscia la notizia, la Nazionale di Canale 5: «Non mi interessa guardare i risultati Auditel ogni giorno, mi interessa che il nostro sia un programma di successo. Posso vincere io, possono vincere loro, a volte pareggiamo: l’importante è che non finisca 3 a 0 per loro».
La seconda gavetta Amadeus non gioca solo su Rai1, ma anche su Rai2: da martedì 9 gennaio condurrà Stasera tutto è possibile, le prime due edizioni sono andate oltre il 9% di share, per la seconda rete un piccolo tesoro di ascolti: «È un programma geniale e folle, senza un vincitore, senza una giuria, senza un premio, dove gli ospiti non fanno solo gli ospiti televisivi, ma si comportano come un gruppo di amici che cazzeggia. Come i Soliti ignoti è un programma trasversale, che piace indipendentemente da età o ceto sociale». Eppure c’è stata una fase della sua vita in cui il successo e la popolarità erano spariti. Successe nel 2006. Amadeus era in Rai, conduceva l’ Eredità quando arrivò la proposta indecente di Mediaset: «Fui lusingato: andavo a guadagnare di più, mi offrivano tre anni di contratto, potevo tornare a Milano dove stava mia figlia. Tutto perfetto. Invece i 3 anni di preserale si fermarono a pochi mesi. Sono rimasto fermo per due anni e ho rischiato che la mia carriera fosse al capolinea. Nessuno mi dava da lavorare, nessuno mi chiamava, non avevo più offerte, ero passato dall’essere uno che faceva picchi di ascolto a uno a cui non squillava il telefono. Sbagliai io ad accettare quella proposta, ma a quel punto avevo due strade: o mi disperavo o ripartivo da zero».
Riprese a fare radio, poi Guardì lo chiamò a Mezzogiorno in famiglia : «Accettai in 10 secondi». Ci è rimasto per sette anni, una seconda gavetta. «La seconda è stata più affascinate della prima che era capitata in età logica: a 45 anni hai una consapevolezza diversa, non sei neanche sicuro che le cose vadano bene, ma sono sempre stato tranquillo e fiducioso».
Un carattere doppio Mamma casalinga, papà istruttore di equitazione, che insegnamento le hanno dato? «Non mi hanno mai ostacolato, sembra una banalità ma non sono tanti i genitori che lo fanno. Mio papà mi ha sempre detto: la vita è la tua, scegli la tua strada». A sentire la sua biografia si coglie un carattere determinato – aspettò il patron del Festivalbar Salvetti per sei ore nella hall di un albergo e così cominciò la sua carriera a Deejay —, qual è il suo lato debole? «Ho un carattere doppio: nel lavoro so che devo trasmettere allegria e positività, mi viene naturale appena si accende la luce della telecamera o il microfono della radio. Così vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Invece nella vita privata sono pessimista, è mia moglie l’ottimista. In tv non ho paura di nulla, sono estremamente spavaldo e ho la faccia di tolla, nel privato sono timoroso e timidissimo».
Salute e fortuna È anche ipocondriaco: «Ho paura delle malattie, chiamo subito il medico al primo sintomo, faccio esami di continuo; se mio figlio ha un occhio arrossato mando la foto all’oculista... Io auguro sempre due cose: la salute e la fortuna. Penso che ognuno di noi abbia un destino e sia nato con una dose di fortuna: c’è chi ne ha 80, chi 100, chi 20 o solo 10 purtroppo. Se hai la fortuna vicina la puoi alimentare con le tue capacità. Senza la fortuna invece anche se sei il più grande chitarrista del mondo rischi di suonare in casa per amici e parenti». È lei che dose di fortuna ha? «Non do per scontato quello che ho, quello che ho lo considero un privilegio. Come dice Jovanotti sono un ragazzo fortunato».