Corriere della Sera, 5 gennaio 2018
E se porto da casa i sacchetti bio?
1 Perché il governo ha stabilito l’obbligo di pagamento dei sacchetti contenitori per la frutta e verdura?
La decisione ha una finalità pedagogica e nasce dalla necessità di recepire una direttiva Ue del 2015 che ha l’obiettivo di ridurre considerevolmente l’uso degli shopper di plastica, molto inquinanti per l’ambiente. Il ministero competente, guidato da Gian Luca Galletti, ha deciso che il costo del loro utilizzo dovesse essere esplicitato nello scontrino per sensibilizzare tutti nella necessità di doverli ridurre al minimo indispensabile.
2 L’Ue prescriveva l’obbligo di scaricare sul consumatore finale il costo?
No. L’Unione europea ha semplicemente emanato una direttiva, che ha carattere vincolante per gli Stati membri, in cui ha chiesto di ridurre l’uso dei sacchetti di plastica. Di stimolare concretamente l’utilizzo di quelli biodegradabili e biocompostabili, utili nella raccolta differenziata come contenitori per l’umido, perché possono essere riutilizzati nell’agricoltura come concime. Ha dato facoltà ai Paesi di decidere come. L’Italia è finora l’unico ad aver intrapreso questa strada. Altri hanno posticipato la decisione al 2020, come la Spagna. Altri, come la Francia, pur avendo investito sui sacchetti biodegradabili, non hanno imposto il pagamento esplicito al cliente finale.
3 I sacchetti per la frutta e verdura finora non si pagavano?
Il cliente già li pagava, ma si trattava di un costo occulto. Veniva sostenuto dalle insegne della grande distribuzione e scaricato a valle sul consumatore incorporandolo come prezzo negli alimenti. Il rischio rincaro per i consumatori resta perché è impossibile calcolare l’entità degli sconti che le insegne applicheranno sui prodotti.
4 Quanto costerà in media al consumatore?
Le stime variano in base all’uso di frutta e verdura, di pesce, anche di farmaci, di ciascuno. In media, secondo i primi calcoli, il conto alla cassa per ogni shopper è di 2 centesimi. Si calcola che possa gravare sulle tasche di ognuno per 10-15 euro all’anno.
5 Perché l’azienda Novamont è stata oggetto di polemiche?
Il gruppo, guidato da Catia Bastioli (che ricopre anche la carica di presidente della società pubblica Terna), è un fiore all’occhiello nella filiera della bioplastica perché ha brevettato una delle tecnologia per la produzione di materia prima, tramite mais e oli naturali, utile alla realizzazione di sacchetti biodegradabili. Novamont però non realizza sacchetti biodegradabili. Fornisce soltanto il materiale da cui le aziende di trasformazione, circa 150 in Italia, spesso piccole realtà familiari, realizzano i sacchetti venduti poi alla grande distribuzione.
6 È possibile portare il sacchetto da casa?
Sì, ha comunicato ieri il ministero della Salute. Che però ha espressamente vietato il riuso per rischi di contaminazione degli alimenti. Si possono usare solo quelli monouso. Si tratta però di un’indicazione teorica. Perché attualmente il mercato è orientato alle aziende. La vendita al dettaglio degli shopper biodegradabili è di nicchia.
7 Conviene?
No. Perché il costo per il consumatore finale è sicuramente più alto rispetto a quello che paga un’insegna della grande distribuzione che fa accordi commerciali basati su grandi volumi. In più sul mercato non tutti sono veramente biodegradabili, quindi il rischio è persino di inquinare maggiormente. E le bilance dei supermercati sono tarate su sacchetti bio leggerissimi. Il rischio di portarli da casa è che siano più pesanti. All’atto dell’acquisto il conto potrebbe lievitare.
8 L’etichetta con il prezzo è biocompostabile?
Raramente lo è. Al momento solo Esselunga utilizza un’etichetta di carta che può essere riciclata interamente con il sacchetto biodegradabile e l’umido opportunamente raccolto al suo interno. Quindi – nonostante i sacchetti biodegradabili, che per la gran parte nascono dalla materia prima fornita da Novamont, vengano realizzati per essere riciclati – è spesso necessario staccare l’etichetta prima di smaltire l’umido.
9 Il prezzo dei sacchetti prevede un limite?
No. In alcune farmacie il costo è già lievitato a 5-7 centesimi. Il governo non può imporre per legge un tetto. Può però fare dei controlli. Perché ha permesso agli esercenti di venderli sottocosto.