Corriere della Sera, 5 gennaio 2018
Il riciclo dei simboli dei partiti
Era l’unico, tra i piccoli, a dover raccogliere le firme: +Europa non aveva santi in Parlamento. Poi è arrivato Bruno Tabacci, che ha portato in dote il simbolo di Centro democratico, e così la lista di Emma Bonino sarà esonerata dalla raccolta firme per il voto del 4 marzo. Come le altre.
Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma nella chimica elettorale: nessuna delle nuove sigle nate a fianco dei partiti principali dovrà raccogliere le firme, perché si appoggiano tutte su un simbolo già rappresentato in Parlamento. La norma è chiara, una lista per correre il 4 marzo deve raccogliere circa 25 mila sottoscrizioni. L’ostacolo può essere aggirato, se un partito c’è già in Aula (da prima del 15 aprile) non deve raccoglierle. È la strada seguita da tutti. Anche se, nel passaggio dall’Aula alla scheda elettorale, i simboli appariranno diversi. Trasformati.
I passaggi Non solo Cd, prestato a +Europa (che potrebbe anche non cambiare logo: non è necessario un richiamo esplicito al logo «ceduto»). Avere in mano un simbolo vale. La quarta gamba del centrodestra, Noi con l’Italia (partito di Costa, Fitto, Lupi, Romano, Tosi e Zanetti), è esonerata dalle firme: Enrico Zanetti dispone del simbolo di Scelta civica, creatura che fu di Mario Monti, ora pass per le elezioni di un nuovo soggetto con ex Pdl ed ex leghisti. Nel centrosinistra, Insieme, creato da Psi, Verdi e ulivisti, poggia sul Psi; Civica popolare, fondata da Beatrice Lorenzin e Lorenzo Dellai, su Ap (intanto in Lombardia il consigliere Angelo Capelli ha fondato in Regione il gruppo Civica popolare, per correre anche alle Regionali senza firme). Liberi e Uguali su Mdp e Si.
Nessuno dei simboli usati come lasciapassare, tranne Centro democratico e Scelta civica con Monti, era presente sulla scheda elettorale del 2013: ma nel corso della legislatura record per cambi di casacca sono stati creati nuovi gruppi a ritimi elevati. Pure negli ultimi giorni sono spuntati nuovi nomi (Liberi e Uguali e Noi con l’Italia).
Scontro sui diritti Non è solo il «lasciapassare» a essere conteso, ma anche il richiamo a simboli «storici». A cominciare da margherita e ulivo. Che saranno presenti sulla scheda del 4 marzo, anche se in versione «bonsai»: gli emblemi che hanno in passato raggranellato tra il 15 e il 30% ritornano con due liste che puntano a superare lo sbarramento del 3%, Civica popolare e Insieme. Ci sarà anche lo scudo crociato. Lo storico simbolo Dc è dell’Udc di Lorenzo Cesa, insieme a Noi con l’Italia, nel centrodestra. Stesso schema: ricorso ai simboli storici tra richiamo ideale e marketing elettorale. In ogni caso, con qualche polemica.
Francesco Rutelli si è scagliato contro «il tentativo impossibile e sbagliato» di impadronirsi del logo della Margherita e i legali dell’ex partito hanno diffidato Civica e popolare dall’uso: «Se si ha un nuovo progetto politico ben venga. Ma con le proprie gambe e un proprio simbolo», ha avvisato Rutelli. Dellai ha risposto che quei petali erano già della sua Unione per il Trentino. «Furbizia di bassa lega», per Rutelli.
Vicenda simile per il logo di Insieme. Con l’Ulivo, quello prodiano, ben visibile nel giorno della presentazione ufficiale. Qualcuno ha storto il naso. E 15 giorni dopo la presentazione il logo è stato cambiato: via il ramo, dell’ulivo rimangono le foglie, più piccole e laterali. «Il ramoscello avrebbe potuto ingenerare confusione», hanno spiegato.
È stata un’associazione che riunisce ex tesserati Dc ad attaccare Cesa per l’uso dello scudo crociato. «È una costante», ha commentato Gianfranco Rotondi sul Tempo, precisando che l’utilizzo di Cesa è legittimo. Ma il fondatore di Rivoluzione cristiana è federato con FI: «D’altronde, come diceva Adolfo Sarti, per un vero Dc non c’è gusto a far politica in una realtà che abbia meno del 30%».