la Repubblica, 5 gennaio 2018
Telecom, i piccoli soci pagano la pace tra Bolloré e Mediaset
Roma Natale è passato, ma Vincent Bolloré deve ancora scartare il regalo più atteso: un accordo con Mediaset che consenta alla sua Vivendi di firmare la pace con Silvio Berlusconi. Fortunato lui, un po’ meno fortunati gli azionisti di Telecom Italia. Sono loro, infatti, anche quelli di minoranza, che si apprestano a pagare il prezioso “cadeau” al francese, socio forte – sempre attraverso Vivendi – della loro società.
Bolloré rischia però anche una brutta sorpresa: dopo che il collegio sindacale della Tim e la stessa Consob hanno bocciato la procedura con cui il cda di Tim ha approvato la joint venture Tim-Canal Plus, ossia la tv a pagamento di Vivendi, la società italiana sta valutando di riproporre l’operazione al voto del consiglio definendola “con parti correlate di maggiore rilevanza”. Una differenza non da poco che potrebbe mettere a rischio l’approvazione della joint venture nella forma fin qui conosciuta.
La vicenda è intricata e conviene ripercorrerla dall’inizio. Bolloré, che dal 2016 è arrivato al 23,9% di Telecom attraverso Vivendi, ha dieci consiglieri su quindici in cda ma sostiene di non esercitare il controllo sulla società telefonica, è in guerra con Mediaset. Nell’aprile 2016 Vivendi e Mediaset avevano infatti annunciato un accordo per scambiarsi il 3,5% del capitale. Come conguaglio la società di Berlusconi avrebbe dato a Vivendi Mediaset Premium, la claudicante società della tv a pagamento. In luglio i francesi stracciano però l’accordo e cominciano a scalare Mediaset: a dicembre 2016 Vivendi ha il 28,8% del Biscione, appena sotto la soglia dell’Opa obbligatoria. Intanto, già nell’estate 2016 Mediaset ha fatto causa a Vivendi, chiedendo i danni.
Si fa la guerra, ma si cerca la pace. All’ultima udienza in tribunale, lo scorso dicembre, entrambe le parti chiedono infatti al giudice di rinviarle a una prossima udienza, fissata al prossimo 27 febbraio, proprio perché un accordo pare vicino. Accordo che passa, appunto, anche per l’acquisto di contenuti di Mediaset da destinare alla futura joint venture Tim-Vivendi e spingere sempre più abbonati sulla banda larga di Tim. Solo che Vivendi, ossia la parte interessata a fare la pace con Berlusconi, ha deciso che a trattare l’intesa – e a pagare – sia la stessa Tim con tutti i suoi soci, compresi ovviamente quelli di minoranza.
Il prezzo che si va delineando per un’intesa di sei anni che comprenda la trasmissione di alcuni canali Mediaset “free to air”, ossia già in chiaro e già diffusi su altre piattaforme, e circa 6 mila titoli tra film e puntate di serie tv di Mediaset Premium, è di 460 milioni di euro. A questo si aggiungono circa 20 milioni che Tim dovrebbe pagare a Mediaset per i diritti del calcio da gennaio fino al prossimo maggio. Così Tim sborserebbe circa 480 milioni, attingendo alla sua cassa.
Un esborso che per l’azionista Vivendi ha significato non solo dal punto di vista delle strategie Tim, ma anche perché calma le acque con Mediaset. Ma per i soci di minoranza l’operazione industriale varrà il prezzo che si apprestano a pagare? Su ogni azione ordinaria l’esborso che agevola Vivendi peserà per poco più di 3 centesimi. Una miseria, è vero. Ma basta moltiplicarla per circa 11 miliardi di titoli in mano alle minoranze, o pensare che sulla quota di un piccolissimo socio con sole 1.000 azioni l’operazione Mediaset peserà oltre 30 euro, per cambiare prospettiva.
I contenuti Mediaset dovrebbero poi andare alla joint venture Tim- Canal Plus ( con la prima al 60% e la pay tv di Vivendi al 40). Ma qui rischiano di incepparsi i piani di Bolloré. La joint venture è passata il 5 dicembre in cda Tim dopo essere stata classificata come “con parti correlate di minore rilevanza” e dunque per approvarla è bastato il voto favorevole dei dieci consiglieri di estrazione Vivendi. Ma ora la società teme che, anche dopo le contestazioni della Consob, i sindaci impugnino la delibera davanti alla magistratura. Per evitare questa imbarazzante situazione, Tim – che non commenta l’indiscrezione – sta valutando di riproporre, forse già in gennaio, il tema al voto del consiglio, trasformando il rapporto con le parti correlate da “minore” a “maggiore rilevanza”, come chiesto dai sindaci. A questo punto, però, l’operazione dovrà avere prima di tutto la maggioranza del comitato consiglieri indipendenti, dove ci sono cinque membri targati Vivendi e cinque delle minoranze. E finora tutti i consiglieri di minoranza si sono astenuti o hanno votato contro le nozze tra Tim e Canal Plus.