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 2018  gennaio 05 Venerdì calendario

La signora con la mano bionica

L’intervento risale a un anno e mezzo fa, ma se ne dà notizia oggi: a una signora di Vicenza che si chiama Almerina Mascarello e ha 55 anni è stata impiantata, nel giugno del 2016, una mano bionica. A differenza di quello che è accaduto qualche volta in passato, la mano ha funzionato anche dal punto di vista della sensibilità e l’intervento chirurgico, reso possibile da numerosi contributi di tanti centri di ricerca, sta per essere raccontato nei dettagli sulle riviste scientifiche. Gli italiani hanno avuto - nella fase chirurgica e in quella precedente, di studio - un ruolo fondamentale. L’intervento è stato eseguito al policlinico Gemelli di Roma dall’équipe del professor Paolo Maria Rossini e la protesi della mano è stata sviluppata a Pisa, alla scuola superiore Sant’Anna. Ha contribuito alle ricerche il Politecnico di Losanna, gli elettrodi impiantati nei muscoli sono stati realizzati dall’università di Friburgo.  

Raccontiamo bene la cosa.
Le premetto che alla signora Mascarello la mano bionica è stata poi tolta. Cioè nell’ottobre 2016 l’hanno fatta girare per Roma con questo arto posticcio, le hanno fatto toccare delle cose, le hanno permesso di adoperarla per le funzioni che a noi sembrano più ovvie (e che sono difficilissime da riprodurre), l’hanno fotografata e poi le hanno confermato che la mano in questione era un passo intermedio: per funzionare la signora doveva portarsi dietro uno zainetto all’interno del quale «venivano registrati i movimenti dei muscoli e tradotti in segnali elettrici, da cui giungevano poi i comandi per la mano. Un altro sistema trasformava invece l’informazione registrata dai sensori della mano in segnali da inviare ai nervi e quindi in informazioni sensoriali». Così il professor Silvestro Micera, che guida l’équipe responsabile dell’operazione. Che spiega ancora: «Dopo sei mesi l’impianto è stato tolto. L’obiettivo ultimo è rendere questa tecnologia utilizzabile clinicamente. Lo zainetto è stato uno step intermedio e il prossimo passo è miniaturizzare l’elettronica».  

Cioè si tratta di riuscire a far funzionare la mano senza bisogno di portarsi dietro lo zainetto con i sensori e i comandi.
Sì. La mano della signora Mascarello è una versione migliorata della mano che fu impiantata su un danese di 36 anni nel 2014. La signora Mascarello ha perso la sua mano sinistra in un incidente, il danese per via dello scoppio di un petardo a Capodanno. Fu quello il primo caso di una persona amputata capace di percepire superfici lisce o rugose in tempo reale, con un dito artificiale connesso a elettrodi inseriti in maniera chirurgica nei nervi del braccio. Però quella mano era anche troppo grande e il paziente non potè neanche portarla fuori dall’ospedale: le sue dimensioni non erano compatibili con la vita di tutti i giorni.  

Che cosa dice la signora Mascarello?
A maggio le sarà probabilmente impiantato il modello definitivo. «Soltanto allora potrò dire che la mia vita è cambiata completamente», ha spiegato la paziente all’Ansa. Ma i progressi registrati negli ultimi tre anni, tanto nella messa a punto di dispositivi efficienti quanto nella loro ridotta dimensione, sono sotto gli occhi di tutti. Nei test la paziente - che era bendata - è stata in grado di dire se l’oggetto che stava raccogliendo fosse duro o morbido. «La sensazione è stata spontanea, come se avessi avuto la mia mano vera - ha raccontato la donna -. Mi sono riscoperta in grado di fare cose che prima erano difficili, come vestirsi e indossare le scarpe. Gesti che non cambiano la vita, ma che aiutano a sentirsi normali».  

Perché l’idea di uomo bionico, in cui arti naturali e arti artificiali convivano, mi fa paura?
Comprensibile, ma ingiustificato, alla fine. Proprio lo sport ci consegna uomini e donne in qualche modo bionici: Oscar Pistorius, Alex Zanardi, Bebe Vio. Alla scuola superiore Sant’Anna, ricavata negli stabilimenti della Piaggio di Pontedera, alla sua domanda rispondono semplicemente «Noi miglioriamo la vita delle persone». Ci lavorano in duecento: ingegneri, fisici, informatici, biologi, psicologi. Ai giornalisti fanno volentieri vedere un video in cui sei persone con braccia e gambe paralizzate riescono a mangiare e bere da sole grazie a un guanto hi-tech controllato da elettrodi inseriti all’interno di una cuffia. Impugnano una bottiglietta di plastica, versano l’acqua in un bicchiere, afferrano delle patatine, maneggiano una carta di credito. Nella scuola si studiano braccia artificiali, gambe biomeccatroniche, mani robotizzate, dita con sensori tattili, sistemi di controllo neurale dei movimenti, esoscheletri che aiutano a camminare. «I robot stanno entrando nei nostri corpi, viviamo una fase in cui le nuove tecnologie ci permettono di ottenere risultati straordinari», spiega Christian Cipriani, vicedirettore dell’Istituto. «Non c’è alcun valido motivo per spaventarsi. Noi non vogliamo potenziare l’uomo, ma restituirgli le funzionalità perdute o mai avute». Tra i 65 progetti in piedi, quello delle gambe bioniche (un insieme di moduli che possono essere utilizzati sia singolarmente sia in combinazione) e gli studi relativi alla restituzione del tatto mediante la costruzione di falangi motorizzate e controllate da interfacce indossabili. La mano bionica è però la sfida più grande: si tratta non solo di restituire le funzionalità più semplici (stringere il pugno e poi riaprirlo, ad esempio), ma anche quelle più complesse. Ha mai pensato alle informazioni che è capace di trasmettere una carezza?  

Fino a che punto potrà arrivare una ricerca come questa?
L’ambizione è quella di fabbricare una protesi più efficiente di una mano umana. Paolo Rossini, direttore della clinica neurologica al policlinico Gemelli di Roma: «Arrivati al controllo di una protesi robotica con il proprio cervello, si potrà pensare di crearne una che consenta movimenti più complessi di quelli che sa fare una mano con cinque dita».