il Fatto Quotidiano, 4 gennaio 2018
Dal campo di calcio alla vigna. Ora il campione si dà al vino
Le spalle aitanti, il sorriso di chi festeggia un anno di vittorie con un bicchiere di buon vino. Il suo. Il 2018 di Gianluigi Buffon è iniziato con questo brindisi beneaugurante. E pure quello di un altro juventino, Andrea Barzagli. E del suo ex compagno di squadra e di Nazionale Andrea Pirlo, o dei difensori Alessandro Gamberini e Daniele Bonera, di mister Luciano Spalletti e Alberto Malesani, persino di Damiano Tommasi in predicato di diventare il prossimo presidente della Figc: sempre più giocatori e allenatori si buttano sulla produzione del vino, come investimento o semplice passatempo. Il futuro dei campioni non è sui campi di calcio, ma in vigna.
Il binomio vino e pallone, del resto, non è certo una novità. In Inghilterra, consuetudine vuole che gli allenatori si scambino a fine partita una bottiglia pregiata. In Italia stanno provando a trasformare la tradizione in un business. C’è chi lo fa per gioco o per investire i risparmi di una vita, chi trascinato dalla moda e chi dalla passione. Per tutti, però, la motivazione di base è la stessa: mettere soldi nel vino, al giorno d’oggi, conviene. “Il mercato è in grandissima espansione, ci sono ottime agevolazioni fiscali perché l’enogastronomia è molto sostenuta da governo e Regioni, il vino fa tendenza”, spiega Anna Sala, per otto anni sommelier della famosa enoteca milanese Peck. “Insomma, se uno fa le cose come si deve, si fa ben consigliare e ha un po’ di soldi da investire, rimetterci è quasi impossibile. Ed è molto probabile guadagnarci”. E poi i calciatori hanno pure i social network su cui promuovere i propri vini tra i fan, con una commistione sottile tra calcio e vino, tifo e affari. Proprio come fa Buffon, quando pubblica sul suo profilo Twitter la foto degli auguri di Natale, aggiungendo in calce il link per l’acquisto. “Clicca qui per comprare i miei vini”.
Il portierone della Juventus è solo l’ultimo in ordine di tempo a essersi buttato nel settore. Per ora, lui ci ha messo soprattutto la faccia. Anzi, il nome, che ha prestato ai tre vini prodotti dal dirigente sportivo Fabio Cordella, che dopo una parentesi in Ungheria ha aperto una società, in cui tra i soci spunta pure un’altra vecchia conoscenza del pallone, Michele Dal Cin, ex ds del Nova Gorica, figlio di Franco che fu presidente di Reggiana e Venezia (prima del fallimento). Insieme l’anno scorso hanno lanciato una linea chiamata “La selezione dei campioni”, che vede in rosa anche Ronaldinho, Wesley Sneijder e Ivan Zamorano: di Buffon sono disponibili un Primitivo, un Negramaro rosato e uno Chardonnay. Non proprio a buon mercato: si va da 30 euro per il rosso, a 20 per il bianco. “Sono prodotti pretenziosi – commenta Sala –, per vendere un vino di quel tipo a queste cifre bisogna essere un genio”. Oppure semplicemente Buffon.
Poi ci sono gli altri. Quelli che già da anni dedicano soldi ed energie ai loro vigneti. Fra tutti, chi ha fatto più strada è il difensore della Juve, Andrea Barzagli: la sua “Casematte” (aperta con l’imprenditore Gianfranco Sabbatino, con una piccola partecipazione anche di un altro ex giocatore, Pietro Accardi) è l’azienda più quotata, recentemente premiata con i “tre bicchieri” del Gambero Rosso. “È molto ben recensita, pur non essendo nella zona più rinomata della Sicilia. Si tratta di un bell’investimento, in una regione destinata a crescere: sono curiosa di assaggiare il suo Faro”, il parere dell’esperta.
I vini più nobili li fa Alberto Malesani, ex allenatore del Parma (ma pure Verona e Siena), che da qualche anno si è dedicato praticamente a tempo pieno all’azienda di famiglia “La Giuva”: Recioto, Amarone, “trattamenti elaborati, lunghi o rischiosi, per cui vale la pena spendere qualche euro in più”. Gamberini, difensore del Chievo, produce Chianti nella zona del Chianti classico. La famiglia di Luciano Spalletti, allenatore dell’Inter, ha un agriturismo in Toscana, nella contrada di Montaione, dove nasce un rosso dal nome suggestivo: “Bordocampo”.
A ciascuno il suo vino. Ma ci sono anche punti in comune: “Tutti puntano sul territorio e sull’innovazione, e sembrano ben consigliati”, spiega Sala. “Sono attività giovani, vigne che adesso cominciano a dare i primi risultati. Il successo si potrà valutare solo nei prossimi anni”. Per il momento, ci si deve accontentare di guadagni modesti: le Cantine Cordella, ad esempio, nel 2015 hanno fatturato appena 9 mila euro (ma non era ancora partito il progetto dei campioni); Barzagli nel 2014 dai suoi vini siciliani ha ricavato quasi 80mila euro, chiudendo con un utile di 1.400 euro. Tutti, insomma, viaggiano nell’ordine di piccole cifre. Tranne una. La Petrum Coller srl, l’azienda di proprietà di Andrea Pirlo che produce vini bio nel Bresciano (zona d’origine del campione del mondo), negli ultimi due bilanci disponibili ha perso oltre 200 mila euro. E nell’esercizio 2016 conta un patrimonio netto di addirittura 8,6 milioni di euro, quasi tutti versati in conto capitale dall’ex calciatore. Perché il vino è un grande business. Specie per chi di soldi ne ha già tanti.