Il Giornale, 4 gennaio 2018
La banda degli onesti
«Io ho desiderato, come fanno tutti gli uomini, onore e utile: e n’ho conseguito molte volte sopra quello che ho desiderato sperato; e non dimeno v’ho poi mai trovato drento quella satisfazione che io mi ero immaginato; ragione, chi bene la considerassi, potentissima a tagliare assai delle vane cupidità degli uomini». Queste così oneste e disarmate parole di Francesco Guicciardini ci fanno riflettere sulla differenza fra vivere per sé, nella riflessione e nella lettura, lasciando testimonianza di quello che si è conosciuto nella scrittura, e decidere di assumere un ruolo pubblico nel tentativo di cambiare il mondo. Io, che ho vissuto e vivo questa contraddizione, ho provato più soddisfazione in quello che ho studiato che in quello che ho fatto. Ma la vera contraddizione non è tra vivere riservatamente e vivere pubblicamente, non è nella vanità e nell’ambizione rispetto a valori più alti e interiori, ma nella disperazione di vedere persone del tutto incompetenti che si occupano della cosa pubblica e, conseguentemente, nella tentazione di mettere a frutto le proprie conoscenze per il bene comune. Questo è il senso di una azione politica che restituisca al potere sapienza e cultura. Ciò che fa l’uomo è espressione della sua intelligenza e del suo spirito. E la politica non può esserne scevra. Così, di fronte ai vani richiami a una generica onestà, occorre risalire a Benedetto Croce: «Il vero politico onesto è il politico capace». E noi siamo stati per tanti anni in balia di incapaci disonesti. Una moltiplicazione del male.